Lo
studio della documentazione archeologica ricavata dai sepolcreti, considerata la scarsità delle fonti degli autori classici
e dei dati desunti dalle evidenze archeologiche pertinenti agli
abitati e ai luoghi di culto, ha un valore importante per conoscere gli aspetti della civiltà
picena. Tuttavia, "si deve sottolineare che
lo stato attuale delle nostre conoscenze è pesantemente
condizionato dalla carente base documentaria disponibile. Sul
molto scavato, e più o meno fortuitamente recuperato, è stato
scritto molto poco in quanto l'inedito è ancora piuttosto
considerevole" (1).
I
sepolcreti piceni si trovano di solito nei pressi degli abitati e
in alcuni casi (Novilara, Montedoro di Scapezzano di Senigallia,
Matelica, Ancona e Camerano) si sono sovrapposti a
necropoli e/o abitati di epoche precedenti. In molti sepolcreti
è possibile notare una certa
ripetitività di modelli che riguardano sia la struttura stessa dei
sepolcreti (disposti per file parallele e intercalati da spazi
vuoti; presenza di "limiti di demarcazione") sia la
disposizione stessa delle tombe all'interno di essi (2).
Abbastanza frequenti sono i casi di deposizioni bisome o plurime
(3) che in alcuni casi appaiono essere anche sincrone (4). Fin dalla
prima età del Ferro è attestata la pratica di segnalare la tomba
con elementi superficiali; come segnacoli venivano utilizzati dei
semplici ceppi di pietra, come si è constatato a Novilara,
Monteroberto e Ancona (5). Nella necropoli di Novilara, oltre ai
ceppi-segnacoli, si distinguono delle steli di pietra di forma trapezoidale,
alcune delle quali con iscrizioni e scene figurate (6).
Giacitura
degli inumati e struttura tombale. Ad
eccezione di alcune sepolture riferibili al IX sec. a.C. (Ancona,
Numana e
Matelica) in cui è documentata la pratica dell'incinerazione,
nelle sepolture di IX e VIII sec. a.C. gli inumati venivano
disposti, rannicchiati sul fianco destro, all'interno di fosse di
forma rettangolare con profondità, rispetto al piano di campagna,
anche molto superiori il metro (7). In alcuni casi sul fondo della
fossa veniva sistemato uno strato di breccia marina che a volte
poteva anche costituire l'intero riempimento della tomba
(sepolcreti dell'area del Conero, IX-VIII sec. a.C.). La
persistenza di tale pratica è attestata ancora nel IV sec. a.C.
in alcune sepolture di Ancona, Camerano, Numana e Sirolo.
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Tomba n. 18, loc. Brecce, Matelica,
fine IX sec. a.C. (immagine da M.
Silvestrini - T. Sabbatini (a cura di),
Potere e splendore. Gli antichi piceni a
Matelica, Catalogo della mostra, Torino
2008, p. 58 - google libri -) |
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Tomba n. 77, loc. Brecce, Matelica,
primo quarto VIII sec. a.C. (immagine
da M. Silvestrini - T. Sabbatini (a cura
di), Potere e splendore. Gli antichi
piceni a Matelica, Catalogo della
mostra, Torino 2008, p. 60 - google
libri -) |
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Scudo,
tomba
n. 77, loc. Brecce, Matelica, primo quarto VIII sec. a.C. (immagine da museibologna.it/archeologico/percorsi/48649/id/8994/oggetto/12137/ |
Nel
corso del VII sec. a.C. inizia a diffondersi l'inumazione distesa
che sarà prevalente dal V-IV sec. a.C. Per evitare il contatto
della terra con l'inumato è ipotizzabile l'esistenza di strutture
lignee o lapidee, come dimostrerebbe la presenza di riseghe, poste
a livello della deposizione, presenti in certe sepolture. A
partire dal VI sec. a.C., in alcune tombe si notano degli
ampliamenti al di sotto dei piedi (o accanto alla testa come nel
caso di Recanati) per creare spazi destinati ad oggetti del
corredo relativi in particolare alla suppellettile domestica e al
banchetto (8). Alcune fosse si caratterizzano per la presenza di
corredi tombali, anche piuttosto ricchi, ma per l'assenza di resti
scheletrici; non è azzardato, forse, interpretarle come dei
cenotafi, deposizioni cioè con un carattere prevalentemente
commemorativo (9).
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Tomba
con corredo, loc. Cavalieri, Matelica, VII sec.
a.C. (immagine da museibologna.it/archeologico/percorsi/48649/id/8994/oggetto/12138/) |
Il mancato ritrovamento dei resti scheletrici
in numerose sepolture orientalizzanti di VII sec. a.C. (Pitino di
San Severino, Fabriano, Tolentino, Matelica) può essere imputato a difficoltà di conservazione, dovute
innanzitutto alla disposizione dell'inumato ad un livello
superiore rispetto al corredo funebre. In questo caso l'erosione
naturale, il tipo di terreno e i lavori agricoli avrebbero causato
la dispersione e la distruzione dei resti scheletrici. Una
conferma di questa ipotesi verrebbe dagli scavi condotti alla fine
dell'800 da Aristide Gentiloni Silverj nella necropoli di
Tolentino; lo studioso appurò che la salma era sempre deposta a
circa 50 cm al di sopra del corredo (10).
Schinieri, tomba
172, loc. Crocefisso, Matelica, ultimo quarto VII
sec. a. C. (immagine da: museibologna.it/archeologico/percorsi/48649/id/8994/oggetto/12145/)
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Sepolture
monumentali. A
partire dall'VIII sec. a.C. iniziano a diffondersi delle sepolture
singole, o anche multiple, racchiuse da un fossato anulare (11)
originariamente coperte da un
tumulo di terra.
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Circoli anulari, loc. Cavalieri, Matelica (immagine
da museibologna.it/archeologico/percorsi/48649/id/8994/oggetto/12136/) |
Questo tipo di sepoltura, tipica ma non esclusiva
dell'Italia centrale (si conoscono esempi anche in Puglia e
Veneto), non è ben definita ma prevede differenziazioni che
riguardano sia la struttura del circolo, che può essere continuo
o interrotto, sia il numero delle deposizioni che racchiude,
singole o multiple. Allo stato attuale delle conoscenze, la più
alta cronologia (X-IX sec. a.C.) e la maggiore concentrazione
delle attestazioni nell'area appenninica (Terni, Tivoli, Borgorose,
Scurcola, Celano, Fossa, Castelvecchio Subequo, Caporciano,
Barisciano, Bazzano) lasciano supporre che questo tipo di
sepoltura sia propria delle genti italiche insediate nell'area
interna (12), da dove inizieranno a diffondersi nell'VIII-VII sec.
a.C. anche nei territori piceni, etruschi e laziali. A Matelica (necropoli del Crocifisso,
Incrocca,
Cavalieri, Brecce) si datano tra la fine dell'VIII e i primi anni
del VII sec. a.C. (13) mentre nell'area a sud del Conero (Numana e
Sirolo) trova maggiore sviluppo in un arco di tempo compreso fra
gli ultimi anni del VII e il V sec. a.C.
Nel territorio
maceratese (Pitino di S. Severino Marche, Moie di Pollenza, Tolentino) sono state rinvenute delle tombe, datate fra il VII e l'inizio del VI sec.
a.C, delimitate da circoli di pietre (14). I circoli, del
diametro compreso fra 5 e 9 metri, racchiudono al loro interno una
o al massimo tre sepolture che nella stragrande maggioranza dei
casi contengono deposizione di bambini. Alcune di queste sepolture
sono inoltre ricoperte da un piccolo tumulo di pietre.
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Illustrazione
della tomba 22 della necropoli di Settedoni presso
Tolentino. Disegno del conte Aristide Gentiloni
Silverj, 1879-1882 |
Il
tumulo di pietre di forma irregolarmente circolare, privo di una
crepidine di base, caratterizza anche numerose tombe
orientalizzanti di VII secolo (Fabriano, Pitino di San Severino,
Tolentino). L'assenza della crepidine impedisce ai tumuli di
superare determinate dimensioni "sottraendo quella caratteristica
di forte visibilità sul terreno, che pure è alla base della
concezione ideologica espressa dalle tombe a tumulo. Ne deriva
quindi una categoria a sé stante, comunque caratterizzata da
criteri simili a quelli espressi dalle sepolture aristocratiche
del versante tirrenico; non è infatti casuale che tutte le tombe
coperte da cumuli di ciottoli esibiscano corredi di grande
ricchezza contraddistinti da numerosi oggetti importati dall'Etruria"
(15).
Alla
fine del V sec. a.C. si datano le cosiddette "tombe a
gradoni" individuate nella necropoli Quagliotti-Davanzali di
Numana. Queste tombe sono caratterizzate da una grande camera di
forma quadrangolare con numerose riseghe su tre lati; nel fondo
della camera sono state ricavate due fosse, appaiate e separate,
contenenti una l'inumato e l'altra il suo corredo (16).
Revisione articolo 23 luglio 2021
(1) M.
Landolfi, I sepolcreti, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
Catalogo della mostra
(Francoforte - Ascoli Piceno - Chieti, 1999-2000), De Luca, Roma 1999, p. 73
(2)
Nella necropoli tardo orientalizzante di Monte Penna
di Pitino di S.Severino Marche quaranta tombe si distribuiscono a
ventaglio intorno ad un tumulo
(3)
A Fermo, in contrada Mossa, si segnala il rinvenimento di una
sepoltura con sei deposizioni: M. Landolfi, I sepolcreti, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., p. 73
(4)
Come nel caso della tomba 14 dell'area Fabiani di Numana-Sirolo
che ha restituito una sepoltura con tre guerrieri: M. Landolfi, I sepolcreti, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., p. 73
(5)
Nella tomba 139 i tre cippi erano così disposti: uno al centro
del lato corto verso nord e gli altri due presso gli angoli del
lato corto verso sud: M. Landolfi, I sepolcreti, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., p. 73
(6)
Soltanto una stele anepigrafe e non figurata è stata
rinvenuta in situ nel corso degli scavi del 1892 (tomba
Servici 42): M. Landolfi, I sepolcreti, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., p. 73
(7)
In un solo caso si è osservata una differente posizione
dell'inumato: in una tomba di Ancona, l'inumata è stata rinvenuta
nella posizione "a bocconi" con la faccia contro terra.
(8)
M. Landolfi, La struttura tombale, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., p. 74
(9)
M. Landolfi, La struttura tombale, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., p. 74 (10)
A. Naso, Piceni. Storia e archeologia delle Marche in epoca
preromana, Longanesi, Milano 2000, p. 166
(11)
Le tombe a circolo, non ancora oggetto di studi specifici, sono
diffuse su un vasto territorio dell'Italia centrale, in Romagna
(es. San Martino di Gattara), in Abruzzo (Campovalano, Teramo,
Fossa), nell'area interna umbro-laziale (Gubbio, Gualdo Tadino,
Spello, Monteleone di Spoleto, Terni, Borgorose, Tivoli) e in
Etruria (Massa Marittima, Marsiliana d'Albegna, Vetulonia,
Bisenzio), A. Naso, Piceni., cit., p. 138 (12)
A. Naso, Piceni., cit., p. 140 (13)
G. Baldelli - G. de Marinis - M. Silvestrini, La tomba di Villa
Clara e il nuovo orientalizzante di Matelica, in AA.VV.,
I Piceni e l'Italia medio-adriatica, Atti del XXII Convegno
di Studi Etruschi ed Italici. Ascoli Piceno · Teramo · Ancona,
9-13 aprile 2000, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali,
Pisa · Roma 2003, pp. 127, 131
(14)
Piuttosto significative risultano essere le tombe con circoli di
pietre della prima età del Ferro (X-VIII sec. a.C.) rinvenute
in area abruzzese. Nel
territorio di Fossa (L'Aquila) le sepolture sono costituite da grandi tumuli
delimitati da crepidini realizzati con grandi pietre disposte
orizzontalmente (i cosiddetti "circoli di pietre"), di
8-15 metri di diametro e con un'unica sepoltura centrale ricoperta
da un cumulo di pietre per un'altezza di 1-2 metri. I tumuli
sembrano disporsi per file parallele secondo un allineamento
nord-sud. Tranne in un solo caso, che vede l'inumato disposto
all'interno di una fossa scavata nel banco di argilla, tutte le
altre sepolture sono caratterizzate da una sorta di
"letto" di pietre; le sepolture sono orientate in senso
est-ovest e il cranio del defunto è rivolto verso oriente.
Piuttosto significativa risulta essere la disposizione di una
serie di pietre all'esterno dei tumuli con sepolture
esclusivamente maschili e di età adulta; nel settore occidentale
di ciascun tumulo sono state collocate in posizione verticale
delle file di pietre ad altezza decrescente, con la più alta in
prossimità della tomba. Il numero di queste pietre oscilla fra 6
e 9 e l'altezza di ogni singolo menhir è compresa fra 0,50 e 4
metri; inoltre, fra la tomba e la serie di menhir è posizionata
una lastra di pietra piatta, disposta obliquamente e poggiata al
di sopra della pietra della crepidine più vicina all'allineamento
dei menhir (8). Per questi allineamenti di pietre è ipotizzabile
una funzione astronomica-calendariale,
V. d'Ercole, La necropoli di Fossa, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., pp. 66-67; V. d'Ercole - R. Cairoli, Il popolamento del Fucino dalla
Preistoria alla formazione degli Ethne italici, in Archeologia
in Abruzzo, 1998, pp. 99-120 (15)
A. Naso, Piceni., cit., p. 166 (16)
M. Landolfi, Tombe a gradoni, in AA.VV., Piceni. Popolo d’Europa,
cit., p. 76 |