Demolita in Cingoli nello scorso
anno la porta , che dicevano montana, perché alla parte montuosa
conduce del territorio, e che
chiameranno in appresso Piana dal nome del glorioso
concittadino Pio VIII, rinvenuta venne fra quei sassi la seguente
pregievolissima iscrizione n. 1. scolpita in pietra indigena del
luogo, e mutilata tanto a capo quanto alla destra di chi legge.
Trasportata questa nell'atrio del palazzo comunale al lato
sinistro per cura di quel benemerito sig. gonf. cav. Antonio
Felici, può essere come appresso senza alcun dubbio supplita.
N. 1
Imp. Caesari
DIVI. F. AVG. Pont.
MAXIM. PATRI
PATRIAE. TRIB. POT. XX. . .
L. VOLVSIVS. Q. F. SATVRni
PATER. PONEnD. CVRAVit
|
Non starò qui a fare vana pompa
di erudizione intorno ad Augusto, ed alla famiglia Volusia della
quale, a tacere di altri, due lapidi riportò anche il Marini nei
suoi Arvali, poiché mi basterà asserire col dottissimo
Borghesi, che ad onta delle lettere logore quasi tutte, e da me
diligentemente osservate, dessa “appartiene certamente ad
Augusto a molito della tribunizia podestà XX…, imperciocchè
fino a Trajano " niun'altro principe arrivò a questo numero
di tribunati ad eccezione di Tiberio, il quale viceversa rimane
escluso perché egli non accettò, nè ebbe mai il titolo di Padre
della patria. Alla medesima età la richiama il dedicante L.
VOLVSIVS. Q. F. SATVRninus, ch'è il console suffetto dell'anno
varroniano 742, il quale si verifica, che fu realmente figlio di
un Quinto. Acconciamente poi dicesi
PATER, come in una iscrizioncella di un suo servo presso il
Muratori p. 951. 10. EVXINO. L. VOLVSI. SATVRNINI. Patris.
NEGOTIATORI: per distinguersi da suo figlio L. VOLVSIVS, che fu
console anch'egli surrogato sotto il medesimo Augusto nell'anno
756, al cui consolalo egli lungamente sopravisse, non essendo
morto se non che nel 773 per fede di Tacito An. I. 3. e. 30”.
Ne tacerò infine, siccome di
questa iscrizione deve tenersi conto ancora, a sentenza dello
stesso Borghesi, perché ci mostra che nelle lapidi marchigiane le
sigle P. C., che generalmente si spiegano Patrono Coloniae,
ponno talvolta, secondo i tempi, e le circostanze, interpretrarsi
egualmente Ponendum Curavit.
Allorché poi, sedendo pontefice
in Vaticano lo stesso Pio di chiara memoria, aprivasi nel sito
dell'antica Cingoli suddetta (chiamalo ai nostri giorni del Borgo)
la nuova strada provinciale per Jesi, dissotterrate vennero le
altre epigrafi N. 2. e 3, collocate già per ordine di lui
nell'atrio stesso di quel municipale palazzo a destra di chi
entra.
N.
2.
Publio.
LicI
nio.
CornE
LIO.
SALONI
NO.
NOBILI
SSIMO.
CAE
SARI
~ CIN
GVLANI
PVBLICE
D.
D. P. ~
|
|
N. 3
DiVO
Vale
riano
CAES
GING
VLANI
D. D. P. ~
|
Nè sono in queste difficili ad
essere reintegrate le lagune indotte dall'abrasioni nel modo, che
mi son fatto a notare, poichè tacendo essersi un tal supplemento
approvato anche dal nostro sommo Borghesi, dirò niun dubbio
esservi per le restate parole, che la seconda iscrizione riferisca
a Publio Licinio Cornelio Salonino (figlio dell'imperatore
Gallieno, e di Giulia Cornelia Salonina) creato Cesare, come ognun
sà, quando era di soli trè anni. In quanto poi alla terza
rinvenuta insieme all'altra, cogli identici caratteri, nella
stessa pietra indigena, e della medesima grandezza: tutti
conoscono, che Salonino, mandato dal padre nelle Gallie per esser
sotto la tutela di Albino suo zio educato nelle armi dal
valentissimo Postumo, duce colà supremo nell'esercito, venne da
questo tiranno nel 266 dell'era nostra, mentre non contava ancora
il duodecimo anno, e prometteva di sé le più belle speranze,
sacrificato all'ambizione di lui, che fattosi proclamare
imperatore violentò gli abitanti di Colonia a consegnarglielo. Fu
allora, che il padre dolentissimo gli ottenne dal senato l'onore
dell'apoteosi: in memoria di che vennero coniate ancora non poche
monete, in cui il solo nome appunto leggesi di DIVO. CAES.
VALERIANO. E poichè non può dubitarsi nella seconda linea della
V. iniziale di Valeriano, e nella prima della voce DIVO, cosi è
certo anche per questo titolo, che tale epigrafe spetta al giovine
Salonino, impossibile qui a confondersi coi due Valeriani seniore,
e juniore, i quali
non furono, come tutti sanno di quell'onore decorati.
Rifuggendo poi dalla pedanteria di
scrivere alcun che sulle sigle D. D. P., le quali leggonsi
chiaramente (Decreto Decurionum Publice), oda piuttosto con qual
dottrina il chiariss. Borghesi ci dichiara l'abrasione delle
lettere, che si veggono in
entrambi a bello studio cancellate: “Non so, se da altri,
gentilmente egli mi scriveva, si sia badato, che alcuni marmi di
Gallieno, e della sua famiglia, hanno, come questi due, il nome
abraso. Io avvertii, molti anni sono, questa circostanza in una
lapide del Museo vaticano, che la colonia Falisca per opera del
suo curatore Tirio Settimio Azizzo pose ad una principessa,
di cui è cancellato il nome, ma del quale ancor rimangono
leggibili le due prime lettere CO.., per cui la credei dedicata a
Cornelia Solonina. La stessa avvertenza ho poi ripetuta in
un'altra iscrizione, e ciò trova corispondenza nella storia.
Imperocché Trebellio Pollione nella sua vita c. 15. ci dice, che
i soldati del suo esercito, dopo che fu ucciso, Gallienum
Tyrannum militari iudicio in fastos publicos retulerunt, e
Vittore (De Caesaribus) ci fa sapere, che il senato procedè
a passi violenti contro i suoi parenti ed amici, cum irruens
vulgus pari clamore Terram Matrem, Deosque inferos precaretur
sedes impias uti Gallieno darent. Sta bene dunque, che sia per
odio del popolo, sia per decreto del senato in quel primo furore
si abrogasse in alcuni luoghi la memoria sua e dei suoi, benché
la cosa non piacesse poi al successore Claudio, che obbligò anzi
lo stesso senato a riporre Gallieno fra i Divi”.
E giacché di lapidi imperiali le
tengo qui proposito, non lascerò inediti altri frammenti, trovati
tra i ruderi d'Attidio il 4, di Tufico il 5.
N. 4.
Imp.Caes.Divi
TraiANI. PARTHICI. Fil
TrAIANUS.HADRIanus
Aug. P. M. TRIB. POT.....
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N. 5.
IMP. CAESARI
DIVI. ANTONINI
Fil.
DIVI HADRIA
Nep. Divi.
TRAIANI
Parthici.
PrONEP
Divi. Nervae.
aBNE…
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Niuna incertezza può cadere
intorno al supplemento della 4, che è in marmo bianco, già
collocata nell'atrio del palazzo comunale in Fabriano dal mio
genitore Cav. Gius. M., quando era gonfaloniere. In quanto alla 5.
esiste essa ora nell'atrio della chiesa parocchiale in Albacina,
castello poco lungi dal distrutto Tufico, per cura del’attuale
rettore mio amatissimo amico Sig. D. Raffaelle Ambrosini.
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