Pianvalle, un tempio proto-celtico 

di Adriano Gaspani

 l'Astronomia n. 210 (giugno 2000) pp. 36-45

 

Il sito di Pianvalle è posto a circa 430 m di quota sulle pendici orientali del Monte Caprino, una collina che sovrasta la città di Como. Il sito è posto all'interno della "Spina Verde", un'estesa area boschiva di grande interesse naturalistico e archeologico che si estende da Como fino a oltre il confine svizzero. L'insediamento protostorico di Pianvalle fu uno dei primi nuclei abitativi di Como, il cui sviluppo iniziò già dalla fine dell'Età del Bronzo, cioè grosso modo nel XI secolo a.C., e continuò per tutta l'Età del Ferro fino alle invasioni dei Galli transalpini, nel 388 a.C., che segnarono per la Lombardia centro-occidentale la fine della Cultura di Golasecca, alla quale apparteneva anche l'insediamento di Pianvalle. 

 

Settore superiore del sito protostorico con la grande roccia ricca di incisioni rupestri dell'età del Rame e del Bronzo

Il sito ebbe un certo sviluppo anche dopo l'invasione gallica, come luogo sacro in cui svolgere cerimonie di culto e deporre offerte votive, ritrovate dagli archeologi durante varie fasi di scavo. In epoca tardo-celtica il sito di Pianvalle fu definitivamente abbandonato: i Romani preferirono rifondare la città proprio in riva al lago, denominandola Novum Comum

Il sito si può considerare distinto in due settori. Il primo, lungo 51,5 m e largo 21,5 m, a 444 m di altitudine, comprende una grande parete di roccia su cui furono tracciati numerosi petroglifi, tra i quali alcuni a soggetto astronomico. In realtà,  le rocce presenti sono quattro, di cui una molto più grande e ricca di petroglifi. A valle della grande roccia sono stati ritrovati resti di costruzioni del periodo golasecchiano; e questo è il secondo settore. 

Le incisioni rupestri furono scoperte nel 1901, mentre le strutture abitative della Como preromana vennero alla luce solo nel 1968, quando un gruppo di appassionati d'archeologia decise di ripulire l'area dalla vegetazione che la ricopriva interamente. Un petroglifo di particolare interesse era quello che ritraeva un antropomorfo con le braccia elevate, ora non più visibile in quanto gravemente danneggiato da ignoti. 

La grande roccia presenta la parte sommitale piana quasi completamente ricoperta da petroglifi in cui sono ben riconoscibili almeno due ruote solari, accompagnate da insiemi di coppelle incise in maniera straordinariamente ordinata. Nella datazione delle incisioni rupestri rimane un certo grado di incertezza, ma poiché alcune di esse risultano coperte dalle strutture del successivo abitato golasecchiano, le si può considerare anteriori all'Età del Ferro. Altre coppelle molto antiche sono state rinvenute su una roccia a nord-est di quella grande, mentre alcune croci sulla roccia a sud-est sono da collocare con grande probabilità in epoca storica e potrebbero corrispondere al costume cristiano di esorcizzare un luogo sede di antichi culti pagani.

Ruota solare a sette raggi accompagnata da una grossa coppella e da 12 piccole coppelle disposte su due file di 5 e 7 elementi ciasuna

Nell’area della grande roccia si sviluppò un insediamento la cui fase di maggiore espansione si protrasse grosso modo dal VI secolo a.C. ai primi decenni del IV a.C., anche se sono stati rinvenuti materiali ancora più antichi, databili tra il IX e il VII secolo a.C. L'abitato comprendeva due vasti settori, il primo dei quali, direttamente a valle della grande roccia, costituiva probabilmente il nucleo di un luogo sacro. Qui si riconoscono i resti di un muro costituito da pietre di rilevanti dimensioni, un'area di forma rettangolare, forse il piano di un'abitazione con al centro un focolare, una struttura di piccole pietre disposte a ferro di cavallo, con resti di carboni e scorie di ferro, tipici di una probabile fornace per la fusione del ferro, una piattaforma in ciottoli che ricopriva alcune incisioni rupestri e alcune strutture non ben decifrabili. 

Nella parte pianeggiante del sito, corrispondente al settore più elevato della grande roccia, sono presenti sei buche di circa 20-25 cm di diametro e profonde altrettanto, scavate nella roccia, in cui, in antico, furono infissi pali in legno. Cinque delle sei buche hanno sezione circolare, mentre la sesta è quadrata. La loro distribuzione irregolare fa ritenere improbabile che la funzione fosse quella di sostenere una copertura. E invece più verosimile che i sei pali venissero utilizzati quali segnacoli, oppure quali indicatori di direzioni importanti. Le rilevazioni dell'autore (primavera 1999) effettivamente suggeriscono la possibilità che le sei buche realizzino alcuni allineamenti astronomicamente significativi. 

Due buche (la 5 e la 1) sono allineate nella direzione del tramonto del Sole all'orizzonte locale al solstizio d'estate. Nella direzione opposta si aveva la levata del Sole al solstizio d'inverno, ma i rilievi dell'orizzonte locale avrebbero anche potuto precludere l'osservazione del fenomeno; ciò non sorprende, poiché in tutti i luoghi sacri golasecchiani si trovano segnacoli corrispondenti a direzioni astronomicamente significative, anche se i punti di levata e di tramonto degli astri corrispondenti erano osservabili con difficoltà a causa sia della possibile forestazione (i luoghi erano generalmente ubicati nei boschi) sia di rilievi del terreno. È comunque assodata la tendenza degli insediamenti della Cultura di Golasecca a essere allungati con l'asse maggiore che punta verso la levata del Sole al solstizio d'inverno indipendentemente dal fatto che tale punto dell'orizzonte risultasse effettivamente visibile. L'accuratezza media degli allineamenti è dell'ordine di qualche grado.

 

La configurazione delle buche sulla sommità della grande roccia che mostra gli allineamenti astronomicamente significativi

Esistono tre buche (le 1, 2 e 6) allineate, con ridottissimo scarto, nella direzione del sorgere della Luna al lunistizio inferiore (quando la declinazione è la minima negativa). Nella direzione opposta poteva essere osservato il tramonto al lunistizio superiore (massima declinazione positiva). Il lunistizio inferiore forse era importante per i frequentatori del luogo sacro di Pianvalle in quanto nel sito è indicata anche, mediante le buche 3 e 2, la direzione del tramonto della Luna a quella particolare declinazione. Ma anche la direzione individuata dalle buche 1 e 3 è astronomicamente significativa, intersecando l'orizzonte nel punto di levata della Luna al lunistizio intermedio, quando la declinazione era pari a –є +i; i due angoli si riferiscono all'inclinazione dell'eclittica sull'equatore celeste (є) e all'inclinazione dell'orbita lunare sull'eclittica (i). Nella direzione opposta si ha il tramonto della Luna all'altro lunistizio intermedio, con declinazione pari a +є -i. E’ indubbiamente curioso il fatto che nel sito di Pianvalle siano codificati allineamenti verso i punti relativi a tutte e quattro le possibili stazioni lunari lunistiziali, nessuna esclusa. Il motivo di ciò non ci è noto; forse si lega a pratiche rituali. In ogni caso, la probabilità che gli allineamenti derivino solo da una distribuzione casuale delle buche è molto bassa.

Il sole e la luna non sono però gli unici astri interessati dagli allineamenti. Infatti, ci sono coppie di buche i cui centri sono allineati con eccellente approssimazione verso il punto dell'orizzonte locale di prima visibilità di Antares, la stella più luminosa dello Scorpione, e verso l'analogo punto relativo a Rigel, nella costellazione di Orione. Durante il VI secolo a.C. Antares, di magnitudine 1.2, andava in levata eliaca poco prima del sorgere del Sole nella seconda metà di novembre (calendario giuliano) apparendo, secondo i calcoli, a 6°-7° di altezza nel momento in cui il Sole era ancora 5°-6° sotto l'orizzonte. Per Rigel, di magnitudine 0.34, la levata eliaca avveniva ai primi di luglio. 

L'osservazione diretta dei fenomeni eliaci considerati era possibile dalla sommità del lato orientale del luogo sacro, e in entrambi i casi la differenza tra l'azimut calcolato e quello rilevato sul terreno è decisamente inferiore a 1°. Allineamenti su queste due stelle sono comuni anche ad altri luoghi sacri della cultura di Golasecca rilevati dallo scrivente nel Varesotto. 

Altre due buche stabiliscono una direzione che si discosta per meno di mezzo grado dal punto di tramonto di Vega e Capella: le stelle, all'epoca, avevano pressoché la medesima declinazione. Un'altra coppia individua la direzione di levata delle stelle della Cintura di Orione nel VI secolo a.C., mentre a occidente si rileva il tramonto di Procione, nel Cane Minore, la cui magnitudine è 0.5; lo scarto con l'azimut misurato è minore di 15'. Capella e le stelle della Cintura di Orione compaiono frequentemente quali oggetti celesti verso cui risultano orientati altri siti golasecchiani, perlopiù recinti funerari risalenti al VII secolo a.C. e presenti nella provincia di Varese. Queste stelle dovevano rivestire qualche ruolo particolare nella cultura di Golasecca e la loro osservazione era probabilmente un fatto comune per queste popolazioni.

Il sito di Pianvalle, in cui è ubicata la grande roccia istoriata, è ritenuto un luogo sacro, ma non è un luogo di sepoltura (i defunti venivano infatti cremati e sepolti più a valle, nella località detta della Ca' Morta), in analogia con quanto si riscontra in altri siti golasecchiani, quali la brughiera del Vigano, presso Somma Lombardo (VA), con il Sass di Biss e altri monoliti ricchi di incisioni rupestri, e il luogo presso Sesto Calende (VA) in cui è collocato l'enorme masso noto come Sass dela Preja Buja (Sasso della Pietra Scura, nel dialetto locale). Il denominatore comune è costituito dall'esistenza di incisioni rupestri risalenti all'età del Rame o del Bronzo, nonché dal fatto che siano stati utilizzati quali luoghi di culto e che esistano orientazioni astronomicamente significative riguardanti la Luna ai lunistizi e alcune stelle di rilevante luminosità. 

Ma a che cosa serviva all'uomo golasecchiano sapere dove sorgeva la Luna una volta ogni 18,6 anni? Il ciclo potrebbe anche essere utilizzato per prevedere a corta scadenza possibili eclissi di Luna e di Sole. Ma il meccanismo di previsione è così complesso e aleatorio che è realistico dubitare che potesse avere una qualche utilità. Probabilmente non sapremo mai a cosa servissero questi allineamenti, ma è un dato di fatto che esistono e che si presentano sistematicamente in un numero rilevante di siti risalenti alla cultura di Golasecca. La natura rituale degli allineamenti, allo stato delle ricerche, sembra essere la più probabile, senza voler escludere una qualche valenza calendariale, visto che sulla grande roccia di arenaria si rileva anche la presenza di una ruota solare a sette raggi accompagnata lateralmente da una grossa coppella e da 12 piccole coppelle sistemate su due file rispettivamente di 5 e 7 elementi ciascuna. E difficile proporre una qualunque interpretazione, ma anche in questo caso si può azzardare qualche ipotesi. Il complesso potrebbe rappresentare una sorta di calendario in cui la ruota è il Sole, la grossa coppella in alto a destra potrebbe simboleggiare la Luna e la serie di 12 potrebbe esprimere il numero delle lunazioni che compongono l'anno solare. L'organizzazione su due file di 7 e 5 elementi si adatta a rappresentare l'andamento climatico in quei luoghi durante l'Età del Rame, che poteva infatti essere ripartito grosso modo in due stagioni, quella estiva, più corta (5 lunazioni), e quella invernale. Va poi rilevato che nelle immediate vicinanze esistono altre file di coppelle composte da 8, 12, 13 e 14 elementi e un raggruppamento di forma grosso modo rettangolare composto da 29 coppelle. Sarà un caso, ma questi numeri risultano essere tutti legati ai cicli lunari: 12 e 13 potrebbero riferirsi al numero di lunazioni in un anno solare, 14 potrebbe essere il numero di giorni tra un plenilunio e il successivo novilunio, 8 potrebbe essere il numero di giorni tra una fase lunare e la successiva. Infine, 29 potrebbe essere il numero di giorni del mese delle fasi. Ovviamente, siamo nel puro regno delle ipotesi.

Alcune decine di metri più a valle, verso sud-ovest, lungo il versante della collina è presente il settore abitativo più consistente: 35 m di lunghezza per 25 m di larghezza. Il nucleo abitato risulta orientato sulla levata del Sole al solstizio d'inverno e, dalla parte opposta, sul tramonto al solstizio d'estate. Era composto da due serie di abitazioni divise da una strada a gradoni. Nella parte più elevata dell'abitato una piattaforma di pietre aveva forse una funzione di confine con la soprastante zona sacra. 

Gli scavi hanno rivelato che l'area fu abbandonata grosso modo agli inizi del IV secolo a.C., rimanendo disabitata per tre secoli e venendo infine trasformata in un luogo sacro, attivo per buona parte del I secolo a.C. Il periodo corrisponde all'epoca del pieno sviluppo delle popolazioni celtiche locali di stirpe insubre, dopo l'invasione gallica del 388 a.C. In quel luogo vennero deposte almeno due tombe e un numero imprecisato di offerte votive, che sono state riportate alla luce; la sepoltura era costituita da una cassetta litica coperta da un tegolone con l'asse maggiore allineato verso il punto di prima visibilità di Regolo, la alfa del Leone, nel giorno della sua levata eliaca. La tomba è di età celtica, e per i Celti Regolo andava in levata eliaca nel periodo prescritto per la celebrazione della festa di Lugh, nei primi giorni di agosto. 

Una seconda tomba celtica, molto ricca di arredi e offerte votive e posta in un'altra abitazione, ha l'asse maggiore diretto verso il punto dell'orizzonte orientale in cui poteva essere osservata la levata eliaca di Capella. Tale levata era correlata per i Celti alla festa rituale primaverile di Imbolc.

Verso la fine del I secolo a.C., in avanzata fase di romanizzazione, l'area di Pianvalle venne definitivamente abbandonata e perse anche il ruolo di spazio sacro. Nei secoli precedenti questo sito aveva costituito un nucleo abitativo ben caratterizzato appartenente alla Comum Oppidum citata da Tito Livio. Gli archeologi sono ormai certi che l'abitato protostorico era formato da una serie di nuclei abitativi intervallati da aree verdi, terreni comuni, orti e stalle. Non tutti i settori abitati sono coevi; le abitazioni avevano funzioni diversificate ed erano arricchite da strutture di uso comune, quali i pozzetti per accendervi il fuoco, la strada, il canale di scolo delle acque. Vi era insomma un impianto urbanistico e non uno sviluppo lasciato alla spontanea iniziativa dei singoli abitanti. La Comum Oppidum era un centro dinamico, risultante dalla somma di numerosi nuclei abitativi distribuiti, non necessariamente contigui e caratterizzati anche dal punto di vista dell'attività produttiva, quindi con un'organizzazione economica abbastanza complessa e articolata. A Pianvalle si lavoravano il bronzo e il ferro, utilizzando la fornace posta ai piedi della grande roccia istoriata. Dove operavano centri di lavorazione dei metalli, in epoca golasecchiana vi erano anche punti di produzione della ceramica, dei tessuti e di altri beni di consumo. Esisteva dunque un ceto di artigiani, struttura portante dell'antica organizzazione sociale della comunità. 

La presenza nel luogo sacro di un forno per la fusione del ferro ci può indicare che, con ogni probabilità, il quartiere dei fonditori era posto all'interno del luogo di culto. Ciò sembrerebbe convalidare un'interessante ipotesi suggerita da analoghi ritrovamenti in altri siti golasecchiani: che cioè esistesse un qualche rapporto tra la lavorazione dei metalli e il potere religioso, anche se allo stato attuale delle ricerche è difficile definirne i caratteri specifici. Insomma, già nel VI secolo a.C. Pianvalle era qualcosa di più di un semplice villaggio: era piuttosto un centro già dotato di caratteristiche marcatamente protourbane in cui esisteva un'élite, forse una casta sacerdotale, espressa da artigiani culturalmente evoluti, che era in grado di osservare il cielo e i suoi fenomeni più appariscenti, di attribuire loro significati ben precisi e di costruire semplici strumenti per identificarli e prevederli scrutando con attenzione l'orizzonte.

 

Approfondimenti

 

Cicli lunari di levata e tramonto

L’orbita della luna interseca il piano orbitale della terra intorno al Sole (eclittica) in due punti che sono denominati nodi: il nodo ascendente corrisponde al punto in cui la Luna attraversa l'eclittica salendo da latitudini negative a positive, e viceversa per il nodo discendente. Tutto ciò avviene perché l'orbita del nostro satellite naturale è inclinata rispetto a quella della Terra di un angolo (i) che è pari, in media, a 5°,15. La linea immaginaria che congiunge questi due punti (linea dei nodi) non rimane fissa nello spazio: i nodi si spostano infatti lungo l'eclittica, in direzione opposta a quella del moto della Luna, a una velocità media di 19°,3 l'anno, percorrendola tutta in 6798 giorni, cioè 18,6 anni solari tropici. Questo fenomeno va sotto il nome di retrogradazione dei nodi lunari. 

L'eclittica è a sua volta inclinata rispetto all'equatore celeste di un angolo (є), pari attualmente a 23°,45 e lentamente variabile nel tempo: oscilla infatti grosso modo tra 22° e 24° in un periodo di 41.013 anni. Nel corso della retrogradazione, ogni 18,6 anni accade che il nodo ascendente coincida con la posizione del Punto dell'Ariete, che è l'intersezione tra l'equatore celeste e l'eclittica (il  Sole  vi  transita  a  ogni  equinozio  di  primavera).  

In  questa circostanza, la Luna, muovendosi lungo la sua orbita, può raggiungere la massima altezza sopra l'equatore celeste, cioè la massima declinazione, pari a є +i=28°,6 (ai giorni nostri). Ciò è avvenuto l'ultima volta l'8 novembre 1987 e avverrà nuovamente il 19 giugno del 2006. 

In quel giorno la Luna si dice al lunistizio superiore, e il suo punto di levata, detto punto d'arresto superiore, ha un azimut con il minimo valore consentito durante il ciclo di 18,6 anni: ricordando che l'azimut si conta dalla direzione nord verso est, ciò significa che è la levata più settentrionale consentita. 

L'azimut dipenderà anche dalla latitudine del luogo di osservazione e sarà tanto minore quanto più il luogo di osservazione è vicino al Polo Nord. Una situazione interessante si verifica quando il luogo di osservazione è posto a una latitudine maggiore o uguale a (90° -є-i): in questo caso l'astro diventa temporaneamente circumpolare (non scende mai sotto l'orizzonte) e il fenomeno si ripete ogni 18,6 anni. Attualmente tale latitudine critica è di 61 °,4. 

 

I limiti della declinazione della Luna nel corso di una rivoluzione della linea dei nodi

A questo proposito è interessante ricordare l'affermazione di Ecateo di Mileto che nel VI secolo a.C. riferiva di un tempio circolare, ubicato nel paese degli Iperborei (coloro che vivono "sotto l'Orsa Maggiore"), dove la Luna ogni 19 anni "danzava lungo l'orizzonte" senza mai tramontare. Il tempio fu per molti anni erroneamente identificato con Stonehenge. Recentemente lo scrivente ha proposto invece l'identificazione con il sito megalitico di Callanish, nell'Isola di Lewis, a nord della Gran Bretagna, luogo in cui la latitudine è sufficientemente elevata affinché il fenomeno potesse effettivamente essere osservato. Quando la Luna si trova al lunistizio superiore, non solo la levata è al punto d'arresto superiore, ma nel corso della notte l'astro culminerà alla massima altezza possibile sull'orizzonte. Due settimane dopo, avendo percorso metà della sua orbita, la Luna si troverà nella situazione opposta, alla declinazione minima in assoluto pari a - є -i = -28°,6, corrispondente al lunistizio inferiore: il suo punto di levata, a sud-est, avrà il massimo azimut consentito nel ciclo di 18,6 anni (punto d'arresto inferiore), ed essa rimarrà molto bassa sull'orizzonte per tutta quella notte, tramontando a sud-ovest (i punti di tramonto degli astri sono simmetrici ai punti di levata rispetto alla linea del meridiano locale). In pratica, nel corso di quel mese avremo la massima escursione in azimut dei punti di levata (e di tramonto) lunari: la Luna sorgerà nel punto più a nord-est e dopo due settimane nel punto più a sud-est. 

Trascorsi 9,3 anni da questo momento, la linea dei nodi avrà  ruotato di 180° e il nodo ascendente coinciderà con il Punto della Bilancia, opposto a quello d'Ariete. In questa situazione, la Luna si troverà ai lunistizi intermedi, toccando il minimo valore assoluto della sua oscillazione in declinazione: tra 18°,3 e, mezzo mese dopo, -18°,3. Per quel mese l'escursione dell'azimut di levata e di tramonto (o dell'altezza in ciclo) sarà la minima dell'intero ciclo.

  

Lunistizi: un’importanza rituale?

A che cosa poteva servire la conoscenza delle epoche dei lunistizi? A questa domanda, allo stato attuale delle ricerche, è molto difficile rispondere. Certamente, il ciclo di retrogradazione dei nodi non ha alcuna rilevanza pratica, per esempio sotto il profilo agricolo. E tuttavia l'esistenza di un gran numero di allineamenti sui punti d'arresto lunari rilevati in molti siti europei preistorici e protostorici è un dato di fatto che non si può trascurare. Viene dunque da pensare che quegli allineamenti avessero un qualche valore rituale; del resto, l'importanza rituale della Luna per le popolazioni celtiche nel periodo protostorico è oggetivamente documentata nei cicli presenti nel Calendario di Coligny. 

Anche nelle vicinanze di Pianvalle è possibile rilevare un fenomeno molto interessante, connesso con un possibile luogo sacro per i Golasecchiani della Comum Oppidum del V secolo a.C. La fonte Mojenca è una sorgente d'acqua situata all'interno del Parco della Spina Verde. Attorno alla conca naturale in pietra della fonte, scolpita fino ad assumere una forma trilobata, vennero innalzati muri laterali e una copertura usando grandi lastre di granito tuttora ben conservate; l'imboccatura è larga 1,3 m e alta 1,5 m e si restringe progressivamente verso l'interno fino a divenire impraticabile all'ispezione. L'asse della galleria della fonte interseca l'orizzonte nel punto in cui la Luna tramontava, una volta ogni 18,6 anni, quando la sua declinazione era la minima possibile (-є -i). Poiché la variazione dell'obliquità dell'eclittica è molto lenta e le dimensioni dell'imboccatura della fonte sono rilevanti, il nostro satellite naturale ha potuto gettare la sua luce entro la galleria della fonte, nel giorno del tramonto al lunistizio inferiore, una volta ogni 18,6 anni, praticamente dal 3000 a.C. fino ai giorni nostri. È noto il carattere sacro che le fonti rivestivano in epoca antica, ed è pure un fatto documentato la connessione tra la Luna e l’acqua presso i Celti. la probabilità che l’allineamento rilevato risulti da una combinazione di fattori puramente casuali viene calcolata come inferiore allo 0,3%.

 

Le stelle nella cultura di Golasecca 

Ricerche storiche e archeologiche, iniziate oltre un secolo fa, hanno evidenziato l'esistenza di un substrato culturale unico diffuso su tutta l'area lombarda, nella zona compresa tra i fiumi Serio e Sesia, che prese il nome di "Cultura di Golasecca", da una delle principali località, presso Varese, in cui furono rinvenuti i primi reperti pertinenti a tale cultura. La Cultura di Golasecca si sviluppò durante la prima Età del Ferro nella provincia di Novara, in tutta la Lombardia occidentale e in tutto il Canton Ticino, interessando numerosi popoli che rappresentano in assoluto il più antico ceppo celtico noto e documentato, risalente addirittura al XIII secolo a.C. Nei secoli successivi, e soprattutto tra il IX e l'VIII, si nota che gli abitati di pianura vennero gradualmente abbandonati, forse per un avanzamento delle paludi. Il V secolo a.C. fu un periodo molto florido, come si può arguire anche dalla composizione dei corredi funerari. Il IV secolo a.C. fu segnato dall'invasione gallica dell'Italia settentrionale; l'effetto sulla Cultura di Golasecca fu disastroso, tanto da provocarne il rapido declino. La tradizione golasecchiana rimase viva solo nelle vallate alpine relativamente risparmiate dall'invasione gallica. In questi luoghi avvenne una progressiva fusione della cultura autoctona con quella portata dai Celti transalpini e, successivamente, nel II e nel I secolo a.C., con quella romana. 

Non sappiamo se i Golasecchiani svilupparono o meno un calendario basato sui cicli astronomici fondamentali. Sappiamo però che furono agricoltori: doveva perciò essere stabilito e tramandato un qualche tipo di sistema calendariale, che permettesse la pianificazione delle attività agricole, basato sui cicli astronomici più evidenti, quelli del Sole e della Luna. In mancanza di un reperto calendariale oggettivo, può essere utile analizzare le orientazioni astronomicamente significative degli insediamenti abitativi, delle strutture litiche isolate e delle necropoli, per cercare di capire quali fossero le conoscenze astronomiche di queste genti. 

L'analisi archeoastronomica condotta dallo scrivente ha individuato 216 allineamenti in oltre 25 siti. È interessante che ve ne siano ben 17 relativi alle costellazioni e 56 alle stelle. Pianvalle, con i suoi allineamenti prevalentemente lunari e solari, è per certi versi un'eccezione. Nei siti in cui è marcata una sola direzione solare significativa, essa è immancabilmente solstiziale invernale; questa data avrebbe potuto essere per i Golasecchiani il riferimento principale ai fini del calendario. La determinazione dei solstizi non era però sufficiente a garantire un'efficiente programmazione dei lavori agricoli. Occorreva disporre di suddivisioni dell'anno in intervalli più corti, e a ciò potevano prestarsi le stelle più luminose, i cui punti di prima visibilità alla data della loro levata eliaca sembrano essere i preferiti nell'orientazione dei luoghi sacri nei vari siti lombardi.

 

Stella Levata eliaca
Antares metà novembre
Deneb seconda decade di novembre
Altair prima decade di dicembre
Markab (alfa Peg) prima decade di febbraio
Capella fine marzo
Hamal (alfa Ari) metà aprile
Aldebaran  primi di giugno
Betelgeuse fine giugno
Rigel prima decade di luglio
Procione metà luglio
Sirio seconda decade di luglio
Regolo primi di agosto
Spica  fine settembre
Vega fine ottobre
Altair prima decade di dicembre

Date della levata eliaca delle stelle più luminose in periodo golasecchiano per le quali sono stati ritrovati allineamenti significativi

La data della levata eliaca è quella in cui una stella appare a oriente poco prima della levata del Sole e immediatamente dopo sparisce nelle luci dell'alba. L'osservazione della sequenza delle levate eliache avrebbe potuto permettere la delimitazione di una serie di date durante l'anno. Praticamente tutti gli antichi popoli sui cui usi e costumi disponiamo di documentazione scritta utilizzarono questo metodo per la pianificazione agricola e per la navigazione; basti ricordare Le Opere e i Giorni del greco Esiodo. 

Spesso, all'epoca della levata eliaca di una determinata stella veniva celebrata una festa: in ambito celtico transalpino le quattro feste principali erano connesse con la levata eliaca di Antares, Aldebaran, Capella e Sirio, la prima delle quali stabiliva anche l'epoca di inizio dell'anno agricolo e rituale, oltre che della stagione invernale, mentre la seconda sanciva l'inizio della stagione estiva. Le stelle per le quali rileviamo l'esistenza di allineamenti sono circa una dozzina: esse avrebbero potuto permettere di scandire l'anno in maniera abbastanza fitta e regolare. Per esempio, nel periodo compreso tra le levate eliache di Markab (alfa Pegasi) e Capella i Golasecchiani avrebbero potuto procedere alla semina primaverile dei frumenti primitivi. La prima visibilità di Aldebaran poteva segnare l'inizio del periodo adatto alla raccolta dell'orzo. Tra le levate di Betelgeuse e di Rigel era tempo di mietitura dei frumenti, sia di quelli seminati in primavera sia di quelli dell'autunno dell'anno precedente (precisamente, tra le levate eliache di Arturo e di Spica). Infine, Vega avrebbe potuto segnalare il tempo di mietitura del grano seminato all'inizio della primavera.

È noto che la posizione degli astri nel cielo varia con l'andare del tempo a causa del fenomeno della precessione degli equinozi; in particolare, variano la declinazione della stella e dunque anche il punto dell'orizzonte in cui essa sorge o tramonta. Ebbene, siti golasecchiani collocabili cronologicamente in epoche molto differenti contengono allineamenti correlati con le stesse stelle anche se la posizione dei loro punti di levata o di tramonto all'orizzonte è nel frattempo variata. In altre parole, gli allineamenti ruotano concordemente con il cambiamento di posizione della stella. La probabilità che ciò sia dovuto al puro caso è bassissima. Per quanto riguarda il Sole e la Luna, le cui posizioni di levata e di tramonto non risentono del fenomeno della precessione degli equinozi, è significativo che gli allineamenti rilevati nei vari siti, contrariamente a quelli stellari, mantennero identico il valore dell'azimut lungo tutto il periodo di tempo coperto dallo sviluppo della Cultura di Golasecca. 

Infine, c'è una marcata somiglianza tra le distribuzioni statistiche delle direzioni rilevate nei siti golasecchiani e quelle dei numerosi nemeton celtici, soprattutto francesi. Simile è anche l'insieme degli astri ritenuti importanti per le due popolazioni: il numero delle stelle "preferite" dai golasecchiani è solo un po' maggiore di quello dei Celti transalpini.

 

Scheda autore

Adriano Gaspani. Lavora presso l'Osservatorio Astronomico di Brera (Milano), dove attualmente svolge l'attività di system manager presso il locale Centro di Calcolo. Dal 1974 è membro del GEOS (Gruppo Europeo d'Osservazione Stellare). Da molti anni si occupa di archeoastronomia, avendo inaugurato l'applicazione di tecniche di ricognizione e analisi computerizzata di siti preistorici e protostorici basate su Reti Neuronali Artificiali e sulla Fuzzy Logic, con particolare riferimento ai reperti risalenti alla cultura celtica.

 

 


Sommario

I simboli solari dei Camuni