La
lingua dei Piceni è nota solo grazie ad alcune iscrizioni, la
maggior parte delle quali, non essendo pertinenti ad un contesto
archeologico certo, non è riferibile nemmeno ad un preciso
contesto cronologico (1). La
prima necessaria distinzione da fare è quella geografica; un
primo gruppo comprende le iscrizioni “sudpicene” (2) mentre il
secondo raggruppa le cosiddette “iscrizioni di Novilara” o “nordpicene”.
LE
ISCRIZIONI SUDPICENE
Si
tratta di ventitre iscrizioni, di cui due provenienti dalla
provincia di Macerata (Loro Piceno e Mogliano), sei dalla
provincia di Ascoli Piceno (Acquaviva, Castignano, Belmonte, Falerone e Servigliano) e le restanti quasi tutte dal
territorio abruzzese (3), riferibili all’ambito della lingua
italica ed in particolare al ceppo sabino (4).
Le
epigrafi sono state apposte per la maggior parte su supporti
lapidei: steli e cippi in arenaria, calcare o pietra locale, di
grandi dimensioni e varia forma; soltanto quattro iscrizioni hanno
supporti diversi: due elmi bronzei (5), una pisside fittile (da
Campovalano) e un bracciale (dal territorio di Chieti).
Soltanto
di alcune epigrafi è ipotizzabile una datazione di massima, poiché,
come è già stato evidenziato, delle altre non è conosciuto il contesto archeologico di provenienza: la statua del
Guerriero di Capestrano è databile alla metà del VI sec. a.C.,
la pisside di Campovalano al primo quarto del VI sec. a.C., le
iscrizioni di Penna S. Andrea (Teramo) al V sec. a.C, i due elmi di
Bologna e Canosa di Puglia alla fine del IV inizi del III sec. a.C.
(6).
Le
iscrizioni sono sia destrorse che sinistrorse e spesso le lettere
si adeguano al supporto ad esse destinato: sono grandi e regolari
quando il supporto lo consente, diventano piccole e curvilinee
quando sono iscritte su supporto di dimensioni minori e dalla
forma arrotondata (7).
I
testi sono di varia lunghezza e l’alfabeto, modificato e con
numerose aggiunte, è un derivato di quello etrusco (8).
La
decifrazione di alcuni segni, e quindi una maggiore comprensione
dei testi stessi è avvenuta soltanto negli ultimi decenni: si è
intuito ad esempio che la “o” è resa con un punto, mentre la
“f” con due punti sovrapposti (9); altri segni, prima
incompresi, sono stati di recente interpretati come le lettere
“q”, “g”, “v”; altri simboli invece sono ancora da
interpretare (10).
Il
contenuto delle iscrizioni non è di facile interpretazione e solo
di alcune è stato possibile una traduzione ed un'interpretazione
attendibile. Alcune,
le più brevi, sono costituite da una sola parola, un nome
proprio, ed è stata loro attribuita una funzione funeraria;
l'epigrafe in questo caso rivelava il nome del dedicatario o del
possessore della sepoltura stessa (11). La
complessità sintattica e la difficoltà di interpretazione dei
testi più lunghi invece non consente di classificare le varie
epigrafi utilizzando le categorie prestabilite generalmente in uso
in epigrafia (funerarie, celebrative, pubbliche, private, ecc.)
anche perché, spesso, molteplici erano le funzioni che queste
dovevano svolgere (12).
Utilissimi
al fine della comprensione dei testi si sono rivelati alcuni verbi
che indicano senza alcun dubbio la funzione dell'epigrafe stessa:
la presenza del verbo qupat (lat. cubat 'giace')
consente di collocare l'iscrizione nella classe delle funerarie;
altri verbi, quelli con la radice sta-, come adsta-
'innalzare' o praista- 'ergersi', i verbi opsút (fare), kduíú
(dare), persukant (celebrare) sono riferibili al
monumento stesso e hanno funzione dedicatoria o celebrativa.
Anche
alcuni nomi contribuiscono in maniera importante alla decifrazione
e interpretazione dei testi:
- alcuni indicano il manufatto: kora
(pietra lavorata, monumento), meitimo- (cippo), praistaklasa
(cippo innalzato?) uepet- (sepolcro?);
- altre, già
conosciute e di derivazione indoeuropea: pater-, mater- (padre,
madre), ner- (princeps) toúta (comunità), okre-
(arce), manus (con le mani o ai Mani);
- alcuni aggettivi
come safino (sabino), kuprí- (bonum), mefio-
(medio);
- avverbi e aggettivi deittici: estuf (qui),
esto- (codesto), esmín (qui), esmo- (questo), postin
(lungo, dopo);
- alcuni pronomi di vario genere: suo-
(proprio), puíh, posmúí (a cui), suaipis (se
qualcuno), tefeí (a te), tíom (te) (13).
Rimangono
comunque un gran numero di parole che non sono ancora oggi del
tutto chiare e la cui interpretazione è solo ipotetica; di alcune
è possibile individuare l'etimologia o la radice fonetica
ma non se ne riesce a comprendere pienamente il valore e quindi il
significato: i termini apaio- e púpún- ad esempio,
sembrano individuare due personaggi che dovevano ricoprire ruoli
pubblici ma che appartengono ad una realtà che non conosciamo e
pertanto non è facile da individuare e comprendere (14).
Anche
altre situazioni contribuiscono a complicare l'interpretazione di
alcune epigrafi: alcune parole, ad esempio l'ego (prima
persona) correlato al tu (seconda persona), vengono
utilizzate con significati e funzioni diverse: ad esempio nelle
cosiddette "iscrizioni parlanti" l'ego è
il monumento, il supporto dell'iscrizione, e il tu è il
lettore dell'iscrizione stessa; altrove invece l'ego è
l'autore dell'epigrafe e il tu è l'individuo a cui è
destinata e dedicata l'epigrafe.
Ostacoli
alla piena comprensione dei testi sud-piceni sono anche i
frequenti riferimenti nei testi ad una realtà esterna a noi
sconosciuta e una ricerca ritmica e metrica che attraverso
l'allitterazione può aver causato lo spostamento delle parole
all'interno della frase e aver provocato l'utilizzo di forme
lessicali più ricercate (15).
Le
iscrizioni più lunghe fin qui interpretate sembrano avere, in
definitiva, una funzione celebrativa e dedicatoria, ai personaggi
pubblici, alle divinità tutelari (Penna Sant'Andrea), agli
antenati (Castignano), ad un "eroe" o ad un
"capo" (Capestrano); e una committenza pubblica (toúta)
(Penna Sant'Andrea e Cures) (16).
CIPPO DI CASTIGNANO (AP)
A)
matereíh patereíh qolofítúr qupíríh arítih ímih puíh
B) púpúnum estufk apaiús adstaíúh súaís manus meitimúm
Trad.:
A) "Alla madre (e) al padre è elevata/dedicata la
bella opera, a questi per i quali B) gli apaio- dei púpún-
eressero ai loro Mani ( o "con le loro mani") il
cippo"
Si
tratta di due frasi iscritte su un cippo di arenaria di forma
troncopiramidale rastremato verso l'alto. La superficie è liscia
tranne quella inferiore che doveva essere interrata. Fu rinvenuto
nel 1890 in località Monte Calvo e nel 1920 fu portato nel museo
di Ascoli Piceno. La scrittura, disposta su due facce del cippo è
bustrofedica; nella parte inferiore c'è una freccia che forse
doveva indicare il verso della scrittura. E' datato al VI sec.
a.C. (17).
|
Cippo
di Castignano (immagine da:academia.edu/4875717/I_Piceni._Storia_e_archeologia_delle_Marche_in_epoca_preromana_Biblioteca_di_Archeologia_29_Milano_2000) |
STELI
DI PENNA SANT'ANDREA (TE)
1)
Sidom safinús estuf eSelsít tíom povaisis pidaitúpas
fitiasom múfqlúm mefistrúí nemúnei praistaít panivú meitims
safinas tútas trebegies titúí praistaklasa posmúi
Trad.:"Quale
Sidom i Sabini qui eSelsít te, chiunque (tu) sia,
di quale che sia delle stirpi; dei monstra (?) per uno a
nessuno inferiore si erge panivú il cippo; il trebegies
della comunità sabina al genius, per il quale (è) il
monumento-innalzato"
E'
una delle iscrizioni più lunghe e la più complessa. Il supporto
è una stele ad obelisco in calcare: la parte inferiore, quella da
infiggere nel terreno è grezza, la parte centrale è occupata
dall'iscrizione, la parte superiore distinta da una risega
presenta un bassorilievo di un volto maschile. E' stata rinvenuta
nel 1974 con altri due frammenti iscritti in una necropoli e
dovevano essere in relazione con l'insediamento di Monte Giove. Si
data alla prima metà del V sec. a.C. Sembrerebbe trattarsi di
un'iscrizione pubblica: una sorta di elogium della
comunità sabina al genius, forse una divinità o un eroe
defunto divinizzato (18).
2)
]nis safinúm nerf
persukant p[
Trad.:
"... i principi dei Sabini celebrano/chiamano..."
Frammento
superiore di una stele ad obelisco iscritta in calcare frutto di
un ritrovamento occasionale. Si data alla prima metà del V sec.
a.C. Dell'iscrizione, apposta lungo i margini, si conserva solo la
parte centrale. Nella parte alta la lastra calcarea presenta una
risega e si assottiglia verso l'alto; in questa zona è stato
raffigurato in bassorilievo un volto maschile. Il testo fa
riferimento ad una lapide celebrativa ad opera dei principi dei
Sabini.
3)
brímeidinais epe[-----------o] psúq qoras qdufenúí; ]rtúr
brímeqlúí alíntiom okreí safina [--------------]nips toúta
tefeí posmúi praistaínt a[
Parte
di stele in pietra locale conservata nel Museo Archeologico
Nazionale dell'Abruzzo di Chieti. L'iscrizione,
molto frammentaria, non consente di dare una traduzione
accettabile del testo che doveva essere il doppio di quello
conservato. Anche in questo caso dovrebbe trattarsi di una
comunità che direttamente o tramite altri personaggi, erge un
monumento per un destinatario.
|
Le tre
steli di Penna S. Andrea (immagine da:
researchgate.net/figure/Le-tre-Stele-di-Penna-SantAndrea_fig9_341179550 |
COPERCHIO
DI PISSIDE DA CAMPOVALANO (TE)
a-piesesum
trad:"(io) sono di
A-pies"
Rinvenuta
nella tomba 100 di Campovalano. Datata al VII-VI sec. a.C. Si
tratta di un coperchio fittile pertinente ad una pisside. La vasca
del vaso presenta una decorazione incisa a motivi naturalistici e
geometrici. Sotto il piede, incisa a cotto, è visibile (anche se
molto usurata dal tempo) un'iscrizione destrorsa
"parlante" che dichiara la proprietà dell'oggetto (19).
BRACCIALE
DAL CHIETINO (VALLE DEL PESCARA)
]meh
tutanioim ombrijen akren postiknúm putih knúskem dúnoh defia
úfnú[ ] titiúí fefeh
Ritrovamento
occasionale. Si tratta di una lamina rettangolare bronzea avvolta
a spirale lunga 29 cm che reca un'iscrizione. L'oggetto ha subito
un restauro in antico che ha obliterato parte del testo. Datata al
V sec. a.C. L'iscrizione, di cui non si tenta una traduzione,
dovrebbe essere una dedica votiva dell'oggetto che doveva essere
quindi un dono per qualcuno (20).
CIPPO
DI CURES (FARA SABINA-RIETI)
pra]istaíúh
nekar[ ]esmak toutaíh [ ] esmik uepetí[ ]oeue o[-]esaguom
[ ]ms im fítias úm[
]---- ---- [
]ededa
ímid[
Cippo
in calcare conservato a Farfa nel Museo dell'Abbazia. Non
è possibile, data la frammentarietà, ipotizzare una traduzione
completa del testo; tuttavia l'iscrizione ricorda l'erezione di un
monumento da parte di una comunità (21).
STELE
DI LORO PICENO (MC)
apaes
qupat [e]smín púpúnis nír mefiín veiat vepetí
Stele
in arenaria a sommità arrotondata conservata nel Museo
Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona (22).
STELE
DI MOGLIANO (MC)
apais
pomp[---] pú-es lepetín (o uepetín)
esmín
Stele
in arenaria a profilo antropomorfo stilizzato conservata nel Museo
Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona (23).
STELE
DI ACQUAVIVA (AP)
?]raieimúm
titú?i anaiúm aúdaqum esmín
údiíns uv[-]peiú
Stele
perduta alla fine del 1800 (24).
STELE
DI BELMONTE (AP)
apúnis
qupat a[---]-[--] [------] [n]ír [m]efiín [---]e---út ---- [----]
udí-[---] íitas estas amgenas dikdeintem atím [-]epie
Stele
in arenaria a profilo antropomorfo conservata nel Museo Civico di
Bologna (25).
CIPPO
DI FALERONE (AP)
]-
taruis petrúnis
Cippo
in arenaria conservato nel Museo Archeologico Nazionale delle
Marche di Ancona (26).
STELE
DI SERVIGLIANO (AP)
noúínis
petieronis efidans
Stele
in arenaria conservata nel Museo Archeologico Nazionale delle
Marche di Ancona (27).
FRAMMENTO
DI ARENARIA ISCRITTA DA BELMONTE (AP)
]-heries
[
Frammento
di arenaria conservato nel Museo Archeologico Nazionale delle
Marche di Ancona (28).
CIPPO
DI SANT'OMERO (TE)
petroh
púpún[-----------------]r
e súhúh suaipis ehuelí de[----------------]nu puúde pepie-
Cippo
in arenaria conservato nel Museo archeologico di Teramo (29).
STELI
DI BELLANTE (TE)
1)
postin viam videtas tetis tokam alies esmen vepses vepelen
Stele
in arenaria a profilo ovoidale con figura umana a rilievo nella
parte centrale, conservata nel Museo Nazionale di Napoli (30).
2)
]- titienom --[
Stele
in arenaria a profilo ovoidale, conservata nel Museo Nazionale di
Napoli (31)
STELE
DI CRECCHIO (CH)
deiktam
h[lpas] pimoftorim esmenadstaeoms upeke[--]orom iorkes iepeten
esmen ekúsim raeliom rufrasim poioúeta iokipedu pdufem ok[r]ikam
enet bie múreis maroúm -elíúm uelaimes staties qora kduíú
Stele
in arenaria conservata nel Museo Nazionale di Napoli (32).
CIPPI
DI CASTELDIERI (AQ)
1)
-]mitah
h[-]lpas [----------------------] mínoh homanah molk[-]a[-----------------------k]aúieh
kaúieis puqloh praistaít pom[
Cippo
in calcare frammentario conservato nel Museo Nazionale di Napoli
(33).
2)
]ah selah pimpíh [ ]m [-]oharme proiose r[ ]oiús boúediín
haligatú [
Cippo
in calcare conservato nel Museo Archeologico Nazionale
dell'Abruzzo di Chieti (34).
STATUA
DI CAPESTRANO (AQ)
makupríkoramaninisrakinevíipomp[---]í
ma kuprí koram aninis rakinevíi pomp [---]í
Si
tratta di una statua monumentale in calcare locale frutto di un
rinvenimento occasionale del 1934. E' conservata nel Museo Archeologico Nazionale
dell'Abruzzo di Chieti. E'
una statua virile a grandezza naturale, funeraria e onoraria. La
figura è in piedi, le braccia sono incrociate sul petto e
sull'addome. Indossa un elmo a a larga tesa con calotta ornata di
un cimiero di penne. Il corpo è rappresentato geometricamente e
anche i tratti del volto sono molto schematici. Poggia su un
basamento ed è sorretta ai lati fino alle spalle da due pilastri
piramidali.
|
Guerriero di Capestrano (immagine da:
portalecultura.egov.regione.abruzzo.it/abruzzocultura/loadcard.do?id_card=114487&force=1) |
L'iscrizione è sul pilastrino
di destra. L'epigrafe incisa identifica il personaggio come Nevio Pompuledio, che aveva rango di Re, figura che rivestiva i ruoli di
capo guerriero, sommo sacerdote e amministratore della giustizia.
Il ricco armamento e il costume evidenziano l'alto rango del
personaggio: l'elmo da parata, i dischi corazza sul petto e sulla
schiena, la ventriera, il cinturone, la spada lunga e il pugnale,
la coppia di lance, l'ascia, il collare e le armille. La
statua rappresenta il periodo di massimo splendore della civiltà
picena e raffigura i potenti aristocratici del tempo, si data
perciò tra la seconda metà del VII e la prima metà del VI sec.
a.C. (35).
ELMO
DI BOLOGNA
erimínú
spolítiú
Elmo
in bronzo proveniente dalla Tomba 1 della necropoli
Benacci-Caprara, conservato nel Museo Civico di Bologna (36).
ELMO
DI CANOSA DI PUGLIA (BA)
úlúgerna
oppure úlúverna
Elmo
in bronzo conservato nel Museo Archeologico di Firenze (37).
LE
ISCRIZIONI DI
NOVILARA
La
denominazione "iscrizioni di Novilara" è puramente
convenzionale in quanto soltanto una delle 4 iscrizioni rinvenute
in territorio pesarese proviene con certezza dalla necropoli di
Novilara mentre delle altre non è stato individuato il contesto
di provenienza (38). La lingua con cui sono scritte le epigrafi in
questione presenta molteplici problemi di attribuzione perché non
corrisponde ad alcuna delle lingue in uso in quest'area e in
quelle vicine anche se molte sono le somiglianze con i tratti
linguistici del greco, dell'etrusco e delle lingue italiche (39).
Nella silloge del Whatmough (40) in cui le epigrafi
venivano convenzionalmente denominate "nord-picene" esse
erano in numero di sei ma in seguito tre di queste sono state
espunte: la prima, detta "bilingue di Pesaro" è scritta
in latino ed in etrusco; la seconda è un'iscrizione su tessera
d'osso, anch'essa in etrusco; la terza, l'iscrizione sul bronzetto
di Osimo (o di Staffolo o di S. Vittore) è redatta in lingua
italica, forse umbra, con infiltrazioni etrusche. Alle tre
iscrizioni rimaste se n'è aggiunta una quarta, conservata nel
Museo Archeologico Nazionale di Ancona (41).
Delle
4 epigrafi soltanto una è completa mentre le altre tre sono
frammentarie e molto brevi; inoltre sono disomogenee fra di loro:
soltanto una parola sembra ricorrere in due testi: la forma soter
(e sotris) dell'iscrizione lunga ricorre nella forma soteri
in una delle brevi ma che questa concordanza è incerta perché
nel testo breve la parola è stata isolata per segmentazione
proprio dal confronto con il testo lungo (42).
1.
Frammento
di stele iscritta conservata al Museo Oliveriano di Pesaro. E'
l'unica che proviene da uno scavo archeologico; fu rinvenuta nella
necropoli Servici di Novilara nel 1860 (o 1863) in località Selve
di S. Nicola in Valmanente. In realtà, secondo la testimonianza
del Brizio (43), sembra che la stele non sia stata trovata in
situ ma "in mezzo al terriccio" fra tre tombe,
sebbene la funzione originaria era quella di segnacolo di una
sepoltura. Del testo si conserva la metà sinistra di due righe:
quella superiore ha caratteri grandi quasi il doppio rispetto alla
linea inferiore. Nel testo non c'è interpunzione.
]-úpeś
]mresveat
Alla
riga 1 il primo segno dopo la lacuna potrebbe essere u
oppure l retrogrado, alla riga 2, la sequenza ve
potrebbe essere ev oppure ee, mentre il quarto segno
potrebbe essere anche c.
Questo
alfabeto richiama un modello etrusco settentrionale di fine VII-
inizi VI sec. a.C.: la presenza di sade a fine parola, la
sequenza sv della seconda linea sono ben attestati
nell'etrusco; unica anomalia la presenza della "ypsilon
diacriticato" resa con ú in cui il diacritico è
rappresentato da un trattino centrale che non tocca, in basso, il
punto di incontro dei due tratti che costituiscono il segno (44).
2. Stele
in arenaria tenera conservata nel Museo Preistorico e Etnografico
"Luigi Pigorini" di Roma. Databile tra la fine del VII e
gli inizi del VI sec. a.C. E' l'unica che conserva il testo per
intero (anche se con qualche abrasione che non influisce comunque
sulla lettura del testo). Rinvenuta nel 1889 nel Pesarese, Brizio
ne ipotizza la provenienza da S. Nicola in Valmanente. In un lato
poco levigato, presenta una decorazione incisa figurata: in alto
al centro una ruota a quattro raggi, al centro della scena due
scene, una di combattimento e una di caccia. Il bordo della stele,
piatto su tre lati è decorato con un'incisione a doppia spirale.
Sull'altro lato, levigato in maniera uniforme, è incisa
l'iscrizione chiusa su tre lati da una cornice a zig zag e da una
fascia di doppie spirali. In alto al centro c'è una ruota a
cinque raggi con ai lati un triangolo ed una croce. In basso
l'iscrizione è chiusa da una fascia incisa con un motivo a spina
di pesce e due linee orizzontali che delimitano uno zoccolo. Il
testo, successivo alla cornice, ne segue l'andamento sinuoso e
riempie l'intero spazio a disposizione come per una sorta di horror
vacui, ha andamento sinistrorso e si sviluppa in dodici righe:
mimniś . erut . gaareśtadeś
rotnem . úvlin . parten (.?) úś
polem . iśairon . tet
šut . tratneši . krúś
tenag . trút . ipiem . rotneš
túiś
. θalú . iśperion
. vúl
teś . rotem . teú . aiten . tašur
śoter . meri/pon . kalatne
niś
. vilatoś . paten . arn
úis
. baleśtenag . andś . et
šut
. l/iakut . treten . teletaú
nem . polem . tišu
. śotriś . eúś
Stele
funeraria, S. Nicola in Valmanente (immagine da:academia.edu/4875717/I_Piceni._Storia_e_archeologia_delle_Marche_in_epoca_preromana_Biblioteca_di_Archeologia_29_Milano_2000) |
Alla
riga 1 la prima e di gaareśtadeś
potrebbe
essere anche una iota; nella riga 2 non è sicura la
presenza dell'interpunzione dopo parten;
alla riga 4 la ś
di krúś potrebbe essere š; alla riga 5 invece di rotneš potrebbe leggersi rotnem; alla
riga 11 il primo segno potrebbe essere my; alla riga 12
l'ultimo trattino del my di polem sembra una
correzione di un precedente š.
Le
lettere sono quasi schiacciate e spesso si agganciano tra di loro.
La presenza di beta, gamma ed omicron è
indicativo di un modello greco anche se non è escluso, anzi è
molto probabile per la tipologia delle lettere lambda e my,
che il tramite sia etrusco perché anche questa lingua per tutto
il VII sec. a.C. (al massimo agli inizi del VI sec. a.C.) utilizza
l'alfabeto greco con le lettere al completo.
Anche in questa stele
si denota l'anomalia rispetto al modello greco e al tramite
etrusco della presenza dell' "ypsilon diacriticato".
Anche in questo testo compare il sade e un altro segno
simile al sade ma reso graficamente in maniera diversa che
costituisce un'innovazione locale e che dovrebbe rendere il suono
di una seconda sibilante, sul modello etrusco e diversamente dal
greco, segno che definiremo "sade
asimmetrico"(45).
Questa iscrizione avrebbe dunque due
sibilanti: una postdentale e una palatale; nei sistemi fonologici
così fatti la postdentale è quella che ricorre il maggior numero
di volte. Nel nostro caso dunque il "sade
asimmetrico" che ricorre solo 5 volte contro le 18 del sade
normale rappresenta la sibilante palatale. Problematico è anche
spiegare la presenza in due casi, di un segno a forma di R
maiuscola, attestato anche nell'altra stele di Novilara conservata
anch'essa al Museo Pigorini; si ritiene che, con una struttura
analoga a quella dell'alfabeto osco (46), esso sia una specie di d
anche se rimangono molti dubbi nati dal fatto che la scrittura di
Novilara, sia che fosse di matrice greca o etrusca, prevedeva la
presenza del segno d.
L'interpunzione, costituita da un
brevissimo tratto orizzontale o obliquo, costituisce un altro
problema in quanto in area etrusca il segno unico non viene
utilizzato prima della fine del VI sec. a.C., e questo crea
un'ulteriore frattura temporale fra la datazione della stele e i
caratteri grafici dell'iscrizione (47).
3.
Frammento di stele conservato nel Museo Preistorico e Etnografico
"Luigi Pigorini" di Roma. Databile tra la fine del VII e
gli inizi del VI sec. a.C. Non è certa la provenienza della
stele, secondo alcuni Fano, ma molto probabilmente da S. Nicola in Valmanente.
In un lato c'è una scena figurata, nell'altro l'iscrizione. Nel
lato con la scena ci sono delle figure incise a semplice
contorno, distribuite su tre piani. In alto si nota a destra una
nave non completa con delle figure schematiche di pesci al di
sotto, e a sinistra resti di un carro con cavalli in corsa. Il
registro centrale è occupato da una scena di combattimento tra
guerrieri armati di lancia, uno con scudo ed elmo crestato; due
giacciono morti a terra. Nel piano inferiore, a destra un albero
con una civetta, un leone gradiente verso sinistra e forse un
uccello volante d'una scena di caccia.
Stele, S. Nicola in Valmanente (immagine da:academia.edu/4875717/I_Piceni._Storia_e_archeologia_delle_Marche_in_epoca_preromana_Biblioteca_di_Archeologia_29_Milano_2000) |
Il lato con l'iscrizione è
caratterizzato da una serie di linee oblique e denti di lupo
nella parte sinistra; una serie di spirali ricorrenti che
racchiudono in alto una ruota (il sole ?) racchiude l'iscrizione
della quale si
conservano le prime tre righe, quasi complete, e resti di una
quarta riga in corrispondenza della frattura in basso.
L'iscrizione è sinistrorsa e come la precedente è racchiusa da
una cornice a volute; le lettere tuttavia non sono addossate le
une alle altre come nella iscrizione della stele sopra esaminata.
pa
. śatigot
kešoteri
amdet : nk
[----]k[----]
L'alfabeto
è lo stesso della stele precedente, con la presenza dei due sade,
del kappa e del gamma e della R maiuscola per d.
Problematica nuova è quella della presenza di due
diverse t, una normale, con la barretta trasversale
tangente in alto quella verticale, l'altra con la barretta
trasversale che interseca quasi a metà quella verticale e che
ricorre tre volte nel testo; non si tratta di una variante della
prima ma di un vero e proprio tipo (48).
4.
Frammento di stele in arenaria conservato nel Museo Archeologico
Nazionale delle Marche di Ancona. In passato si riteneva
provenisse da Belmonte mentre più probabilmente proviene
anch'essa da S. Nicola in Valmanente. Solo l'angolo a destra in
basso risulta arrotondato e lisciato, per il resto, sia il bordo,
sia la superficie superiore è lasciata grezza. La superficie
figurata ed iscritta è invece abbastanza piana anche se
leggermente abrasa a sinistra. Con ogni probabilità è stato
utilizzato lo stesso strumento sia per la raffigurazione che per
l'incisione.
|
Stele, S. Nicola in Valmanente (immagine da:wikipedia.org/wiki/Stele_di_Novilara#/media/File:Iscrizioni_picene_-_Stele_di_Novilara_-_Museo_archeologico_nazionale_delle_Marche.jpg |
Quasi al centro della lastra c'è l'incisione
figurata di una scena di caccia a cavallo. L'animale sulla
sinistra, non del tutto visibile perché danneggiato
dall'abrasione della lastra, che sembrerebbe un cane o un lupo sta
di fronte ad un cavaliere armato di lancia. In basso l'iscrizione,
sinistrorsa, di cui si conserva la prima riga incompleta e tracce
della seconda riga.
tiperašθe . raiup . bav[
[---]ipš[---------------]
L'alfabeto
sembrerebbe essere quello delle steli precedenti, anche per la
presenza del sade asimmetrico, anche se non è possibile
escludere che qui abbia il valore di un my a quattro tratti
(poiché non c'è quello a cinque tratti) (49).
La
stele di Pesaro, quella di provenienza certa da scavo, è l'unica
che non presenta particolari problemi linguistici o la discrepanza
fra caratteri paleografici e datazione della stele; l'alfabeto è
individuabile come locale di matrice etrusca. Le altre tre
steli presentano, come visto, numerosissime problematiche
che ne pregiudicano in maniera determinante una possibile
interpretazione; non è nemmeno del tutto certo che si tratti
della stessa lingua e gli studiosi si dividono fra chi vede
maggiori affinità con l'alfabeto greco, chi con il latino, chi
con l'italico e chi con l'etrusco (50). Enormi discordanze
fonologiche emergono in particolare fra questa lingua e quella
etrusca (51). A seguito di queste considerazioni e
nell'impossibilità di attribuire le tre steli, per giunta di
incerta provenienza, ad un ambito linguistico definito, non si
può escludere, che esse siano opera di falsari (52).
Revisione articolo 23 luglio 2021
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in
AA.VV.,
Piceni. Popolo d’Europa, Catalogo della mostra (Francoforte
- Ascoli Piceno - Chieti, 1999-2000), De Luca, Roma 1999,
p. 135
(2)
Si tratta di una definizione
convenzionale proposta dalla Marinetti; varie sono le diciture con
cui sono state definite queste iscrizioni nel corso dei secoli dai
vari studiosi: “sabelliche”, “paleosabelliche”, “protosabelliche”,
“picene”, “italico-orientali”, “medio-adriatiche”: A.
Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV., Piceni
Popolo d’Europa, cit., p. 134
(3)
Fanno eccezione i due elmi
inscritti rinvenuti a Bologna e a Canosa di Puglia e l’iscrizione di Cures da Fara Sabina
(Rieti): Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV., Piceni
Popolo d’Europa, cit., p. 134
(4)
A. Naso, I Piceni. Storia
e archeologia delle Marche in epoca preromana, Longanesi, Milano 2000,
p. 230
(5)
A. Naso, I Piceni,
cit., p. 230 “... due iscrizioni redatte in alfabeto sudpiceno e
in lingua forse gallica...”
(6)
A. Marinetti, Le
iscrizioni sudpicene, in AA.VV., Piceni Popolo d’Europa,
cit., p. 135
(7)
A. Naso, I Piceni,
cit., p. 230
(8)
A. Naso, I Piceni,
cit., p. 231
(9)
E’ una caratteristica del
“sudpiceno” rendere segni circolari e tratti con i punti: ecco
che la “o” diviene un punto e la “f” che in etrusco ha
spesso questa forma ”8” è resa con due punti sovrapposti; A.
Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV., Piceni
Popolo d’Europa, cit., p. 135
(10)
Fra questi il segno “a
stella” nell’epigrafe di Penna Sant’Andrea e il segno
quadrato: A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 135
(11)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 136
(12)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 135
(13)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., pp. 136, 137
(14)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 137
(15)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 136
(16)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 137
(17)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 137; AA.VV., Piceni
Popolo d'Europa, cit., p. 244, scheda 400
(18)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., pp. 137, 138; AA.VV., Piceni
Popolo d'Europa, cit., pp. 242-244, schede 398, 399
(19)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 138; AA.VV., Piceni
Popolo d'Europa, cit., p. 245, scheda 404
(20)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 138; AA.VV., Piceni
Popolo d'Europa, cit., p. 245, scheda 405
(21-25)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 138
(26-34)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 139
(35)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 139; AA.VV., Piceni
Popolo d'Europa, cit., p. 240, scheda 390
(36)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 139; AA.VV., Piceni
Popolo d'Europa, cit., p. 245, scheda 406
(37)
A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 139
(38)
Tre iscrizioni infatti non provengono da scavi archeologici ma
sono state acquisite dal mercato antiquario: L. Agostiniani, Le
iscrizioni di Novilara, in AA.VV., I Piceni e l'Italia
medio-adriatica, Atti del XXII Convegno di Studi Etruschi ed
Italici, Ascoli Piceno-Teramo-Roma, Ascoli Piceno 2000, Pisa-Roma
2003, pp. 115
(39)
L. Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p.139
(40)
J. Whatmough, East Italic. A. Northern 'East-Italic'
Inscription, in Prae-Italic Dialects of Italy, 1933,
pp. 208-222
(41)
L. Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 115; L.
Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 140. I due lavori dello
stesso autore si ricalcano in molti punti, egli stesso dice in
nota 1 del primo intervento citato: "Nella sostanza e spesso
anche nella forma espositiva, quanto segue si richiama al saggio
che ho presentato come contributo della mostra Piceni Popolo
d'Europa (Agostiniani 1999)."
(42)
L. Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 115
(43)
E. Brizio, La necropoli di Novilara presso Pesaro, in MontAntLinc
5, 1895, cc. 175, 176
(44)
L. Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 116
(45)
Non rappresenta infatti, come negli alfabeti greci arcaici, la
funzione di my (qui rappresentata secondo la forma
calcidese-etrusca a cinque tratti):
L. Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 117
(46)
E' escluso ogni collegamento storico fra l'alfabeto osco e quello
della stele in questione (l'alfabeto osco si sviluppa nel III sec.
a.C.)
(47)
Per le notazioni linguistiche si veda: L. Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., pp. 116-118; L.
Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., pp. 140, 141; per la
descrizione della stele si veda: AA.VV., Piceni
Popolo d'Europa, cit., p. 244, scheda 402
(48)
L. Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 118; L.
Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 141; E. Mangani, I
materiali piceni conservati nel museo nazionale
preistorico-etnografico "Luigi Pigorini", in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 301
(49)
Per le notazioni linguistiche si veda:
L. Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., pp. 118, 119; L.
Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., pp. 141, 142; per la
descrizione della stele si veda: AA.VV., Piceni
Popolo d'Europa, cit., p. 244, scheda 403
(50)
L. Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 119
(51)
In particolare la lingua di Novilara ha una struttura a 5 vocali
mentre quella etrusca a 4 vocali, nella prima sono assenti la f
e le occlusive aspirate che invece caratterizzano la seconda, sono
assenti nella prima numerose strutture morfologiche che
caratterizzano la seconda:
L. Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., p. 120
(52)
L. Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV., I
Piceni e l'Italia medio-adriatica, cit., pp. 122-124; L.
Agostiniani, Le iscrizioni di Novilara, in AA.VV.,
Piceni Popolo d’Europa, cit., p. 142
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