Questa
facies è stata individuata in numerose grotte e in siti
transappenninici all'aperto e posti nei pressi dei corsi d'acqua.
Lo scavo nella grotta delle Arene Candide ha permesso di
raccogliere una ricca documentazione tanto da poter essere considerata come riferimento per la
descrizione dell'intera facies.
Sono
attestati dei collegamenti ad ampio raggio fra questa facies e
altri ambienti culturali, in particolare padani, dalla
circolazione di pietre verdi e giadeiti liguri per la
realizzazione di manufatti levigati.
La
ceramica si distingue in due classi: una d'impasto grossolano di
colore grigio o rossiccio decorata ad impressioni e cordoni ed
un'altra con impasto depurato e con superfici ben levigate.
Le
forme tipiche della prima classe sono le tazze semisferiche e
semiovoidali, ciotole a calotta, ollette globulari ad apertura
ristretta, vasi a fiasco, orci ovoidali o troncoconici e vasetti
con prese a
linguetta forata e cordoni orizzontali.
La decorazione impressa è
eseguita con unghiate, con punzoni di vario tipo o con il
peristoma del cardium; la fascia al di sopra delle prese
può essere decorata con motivi angolari o a denti di lupo, mentre
nella zona ventrale sono presenti fasce orizzontali interrotte da
fasci verticali in corrispondenza delle anse.
Le
forme tipiche della seconda classe sono vasi a fiasco, tazze, bicchieri e piccoli vasetti.
L'industria
litica, a carattere laminare, a ritocco erto e caratterizzata da
manufatti di tradizione mesolitica, comprende grattatoi frontali,
perforatori, troncature, vari tipi di trapezi isosceli e lame
ritoccate; la tecnica del microbulino non è attestata. Diffuse
sono le accette e le asce in pietra verde levigata. Tra
gli oggetti di ornamento prevalgono le conchiglie forate; sono
presenti anche metacarpali di lepre forati ad un'estremità e un
canino di cervo.
Durante lo scavo del 1973 venne rinvenuta una
sepoltura con l'inumato disposto sul dorso e con la testa rivolta
a destra e le gambe leggermente flesse verso sinistra; lo
scheletro così come il fondo della fossa erano ricoperti di ocra
rossa.
Dallo
studio dei resti faunistici si deduce che in associazione agli
animali selvatici (cervo, capriolo, orso) erano presenti, anche se
in misura minore, gli animali domestici (ovicaprini, suini,
bovini). Nell'economia infatti giocava ancora un ruolo importante
la caccia, la pesca (attestata da vertebre, mandibole di pesce e
due ami) e la raccolta dei molluschi (Trochus, Patella).
Nello
strato IIb della grotta della Pollera la ceramica recuperata è decorata
quasi esclusivamente con una tecnica a graffito molto accurata,
con incrostazioni di pasta gialla e rossa. I motivi decorativi
sono costituiti da denti di lupo, triangoli e bande campiti
prevalentemente a graticcio. Lo stile, denominato "stile
della Pollera" è documentato anche nello strato 13 delle
Arene Candide in cui sono presenti anche fasci di
linee spezzate a zig-zag e il motivo a "bandierine".
Tale orizzonte, in base alle datazioni radiocarboniche, si può
datare alla seconda metà del V millennio a.C.
Le datazioni radiocarboniche più
antiche che provengono dalle Arene Candide e dalla Pollera si
inquadrano tra la fine del VI e la prima metà del V millennio
a.C.
Ceramica
impressa nella pianura padana
In
una vasta area della pianura padana, dalla Lombardia al Piemonte, sono
stati riconosciuti numerosi insediamenti che attestano una diretta
influenza della facies della Ceramica Impressa ligure. I siti si collocano generalmente nei pressi di antichi bacini
lacustri o di aree palustri; la pesca, la raccolta dei molluschi e la
caccia erano probabilmente le principali attività dell'economia di
questi gruppi dove l'agricoltura e l'allevamento non sembrano ancora
avere un ruolo determinante.
Il
sito di Alba
ha restituito le maggiori
testimonianze di questa facies. Tipiche della Ceramica Impressa ligure
sono le decorazioni cardiali, le doppie file di impressioni puntiformi
sotto il labbro, i cordoni con impressioni a forma di otto o a doppio
punto, le prese a lingua e le decorazioni incise con motivi a zig-zag e a spina di
pesce. Elementi tipici del primo Neolitico si possono considerare anche l'anellone in pietra levigata e, fra gli strumenti litici, le troncature,
i becchi, le punte e lame a ritocco erto, i trancianti trasversali
trapezoidali e alcuni tipi di grattatoi.
Altri insediamenti
riconducibili alla facies della Ceramica Impressa ligure sono stati
riconosciuti nella stazione di Cristo, presso Alessandria (con ceramica
associata ad un'industria litica a carattere laminare con
presenza di bulini ad incavi e stacchi laterali), nel Riparo di Vayes in
Val di Susa (con un'industria litica costituita esclusivamente da
strumenti in pietra levigata) e a Palude Brabbia sul lago di Varese (con
ceramica che attesterebbe dei contatti con l'ambiente di
Fiorano).
Liguria
orientale
Le
forme ceramiche individuate in questa area presentano dei caratteri
tipici di altre culture. Sono evidenti gli influssi culturali della Ceramica Impressa dell'Italia nord-occidentale
(le prese a
lingua e il cordone a doppia fila di punti impressi), della cultura
di Ripoli (il collo di fiasco con ansetta sull'orlo), della cultura di
Fiorano e di Sasso (forme vascolari carenate) e della facies di
Sarteano, del Sasso e di Catignano (ansa a maniglia con apice rivolto
verso l'alto).
A
Pianaccia di Suvero, presso Rocchetta di Vara a La Spezia, la presenza
di elementi di falcetto attesta la pratica dell'agricoltura. Le testimonianze
archeologiche sembrano dimostrare che ad una stazione del Mesolitico
si sovrapponga una frequentazione sporadica nel
Neolitico come indicano i siti di Castellaro di Uscio (Avegno,
Genova) e soprattutto di Bosco delle Lame (massiccio di Aiona). Sembra
probabile inoltre che nel Neolitico antico le zone a maggiore
altitudine venissero frequentate quasi esclusivamente per ragioni di
caccia, come indica la presenza esclusiva di armature.
L'industria
litica, a forte impronta mesolitica, si caratterizza per i bulini a stacco laterale, grattatoi carenati e a ventaglio, piccoli
grattatoi a fronte arcuata o tettiforme e a muso, troncature, trapezi,
lamelle denticolate, elementi di falcetto. L'industria di questa area
presenta dei caratteri originali e si differenzia dai
complessi del Finalese e degli altri gruppi neolitici dell'area padana.
Facies
della Ceramica Impressa adriatica
Verso
la metà del V millennio a.C. si diffonde la facies della
Ceramica Impressa adriatica sia nella fascia costiera (Misano Adriatico,
Miramare di Rimini) che nelle zone interne (Fornace Cappuccini di Faenza, Imola, Bazzarola di Reggio
Emilia) della Romagna.
Nel
1977 a Imola si rinvennero numerose buche di palo alcune allineate a
formare strutture a pianta quadrangolare con traccia di focolari
all'interno; nelle cavità di alloggio dei pali erano stati
intenzionalmente deposti, a rinforzare la base di appoggio dei pali
stessi, numerosi
frammenti di ceramica.
Assenti risultavano i resti faunistici mentre l'industria litica era
scarsa e poco significativa. Le forme ceramiche, decorate a impressioni
e a incisioni, maggiormente rappresentate sono i bicchieri, le ciotole e
i fiaschi con linguette o bugne, anse verticali.
Le decorazioni a impressioni, a unghiate o a trascinamento, sono disposte senza ordine o riunite in bande; le incisioni
costituiscono linee parallele, a reticolo irregolare, a volte molto sottili e fitte
fino a formare delle bande.
Fra
i principali siti che hanno restituito testimonianze di questa
facies si ricordano quello di Misano Adriatico e di Fornace
Cappuccini a Faenza.
Le forme ceramiche maggiormente rappresentate
a Misano sono tazze, ciotole, talvolta con bugne sotto l'orlo, e
vasi globulari; le impressioni sono prevalentemente a unghiate e
le incisioni subparallele. Al contrario della ceramica,
l'industria litica, a forte prevalenza laminare e microlitica, è
piuttosto abbondante e comprende bulini semplici e su ritocco,
troncature, punte e lame a dorso, trapezi, microbulini e lame
denticolate. La selce utilizzata proveniva dall'Appennino
marchigiano.
A Fornace Cappuccini prevalgono vasi ovoidali e
cilindrici, tazze, ciotole, scodelle, fiaschi a collo cilindrico e
frequenti sono le prese a linguetta e grosse bugne. La
decorazione impressa è costituita da unghiate e ditate che
coprono, senza ordine, l'intera superficie del vaso; le
incisioni formano linee verticali, orizzontali e oblique.
Anche in
questo sito l'industria litica è molto abbondante e come per
Misano venne utilizzata una selce di provenienza marchigiana. Gli
strumenti rappresentati sono: bulini, trapezi, lame ad incavi e
denticolate di tipologia mesolitica; il sito si caratterizza per
l'alta percentuale di manufatti in ossidiana (8,5%). La datazione
radiometrica di questo sito è di 4370±60 a.C.
Questi
complessi si collegano alla tradizione della Ceramica Impressa
abruzzese e marchigiana con particolare riferimento ai siti
marchigiani di Maddalena di Muccia e Ripabianca di Monterado. La
differenza maggiore tra i siti marchigiani e quelli romagnoli
consiste nell'assenza, nei secondi, di ceramiche figuline acrome o
dipinte e di ceramiche lucide.
I materiali di Fornace Cappuccini
richiamano l'aspetto più antico dell'area marchigiana come appare
a Maddalena di Muccia in cui la decorazione si dispone quasi
esclusivamente sull'intera superficie del vaso. Anche l'industria
litica di Misano rivela maggiori affinità a livello tipologico
con quella di Maddalena di Muccia, mentre è assente il bulino ad
incavi e stacchi laterali, detto "bulino di Ripabianca",
dalla stazione eponima. La ceramica di Imola trova invece una più
stretta analogia con il complesso di Ripabianca.
Gli
insediamenti, generalmente collocati nelle pianure costiere e
nell'alta pianura pedeappenninica, sono caratterizzati da cavità
e pozzetti, grandi buche per l'alloggiamento di pali portanti di
capanne con focolare centrale, aree lenticolari, "fondi di
capanne" e fossati. L'economia di sussistenza si basava sulla
caccia e l'allevamento; la presenza di macine, macinelli ed
elementi di falcetto attesta anche la pratica
dell'agricoltura.
Cultura di Fiorano
La
cultura di Fiorano, diffusa su una vasta area comprendente
l'Emilia centrale, la Romagna e l'area berico-euganea, si sviluppa
negli ultimi secoli del V millennio a.C. e in alcune aree sembra
perdurare fino all'inizio del IV millennio. Si diffonde verso l'Adriatico andando a sostituire la
precedente cultura di Fiorano come dimostrano i siti di Bazzarola nel Reggiano e di Lugo di
Romagna.
In Emilia-Romagna la cultura di Fiorano è attestata in
numerosi siti fra i quali si ricordano quelli Chiozza di Scandiano (4050±200
a.C.) Fiorano Modenese
(strato IV 3620±50
a.C.), Savignano sul Panaro (3980±130
a.C.) e Lugo di Romagna (4220±50, 3940±250, 3730±260 a.C.).
Più sporadiche sono le testimonianze di questa cultura in Veneto
(Le Basse di Valcalaona, bacino di Fimon, Val Liona).
Nella ceramica fine si
distinguono forme tipiche come le tazze carenate
monoansate con tubercolo sull'ansa, tazze a profilo arrotondato,
scodelle a calotta con quattro anse a nastro sopraelevate
sull'orlo, fiaschi a collo con quattro anse sotto l'orlo; le
decorazioni sono costituite da solcature lineari, spesso doppie,
punti impressi e forme più o meno elaborate. Nella ceramica ad
impasto grossolano figurano grandi vasi quadriansati con fondo
convesso decorati a cordoni verticali, tazzine e piccoli vasetti.
L'industria
litica della cultura di Fiorano rielabora la
cultura mesolitica con una tipologia di strumenti sostanzialmente
nuova; tra gli strumenti, realizzati con selce di provenienza
prealpina, sono tipici i bulini ad incavi e stacchi laterali tipo
Ripabianca, grattatoi frontali, troncature becchi, romboidi e
microbulini. Nell'industria in pietra levigata, ottenuta nella
maggioranza dei casi con materiali locali (ofioliti),
figurano gli anelloni mentre le asce sono rare. L'ossidiana è
scarsamente attestata.
I
dati a disposizione attestano un'economia basata sull'allevamento
e sull'agricoltura; gli abitati si collocano nell'alta pianura e
nei terrazzi preappenninici mentre nell'area berico-euganea si
hanno anche insediamenti perilacustri o palustri (bacino del Fimon,
Val Liona, Le Basse di Valcalaona).
Di
particolare importanza è l'insediamento di Savignano sul
Panaro. Nel sito è
stata rinvenuta una vasta depressione subcircolare da interpretare
come un fondo di capanna, circondata da una serie di pozzetti con
diametro fra 1 e 1,50 m. Alcuni di essi, come dimostra il
rivestimento di argilla delle pareti interne, venivano utilizzati
come silos per la conservazione delle derrate alimentari,
mentre altri, una volta cessata la loro principale funzione,
vennero impiegati per l'accumulo dei rifiuti. L'analisi dei resti
faunistici ha rivelato una forte predominanza di animali domestici
(suini, bovini, ovicaprini) sulla fauna selvatica (cervo,
cinghiale). L'attività agricola è attestata dalla presenza di
macine e resti di Hordeum e di Avena-Triticum.
Ben
evidenti risultano le affinità stilistiche fra la cultura di
Fiorano e i caratteri della ceramica a bande lineari della media
Europa (Linearbandkeramik) nei suoi aspetti con decorazioni
a "note musicali" (Notenkopf). I rapporti con gli
ambienti peninsulari sono attestati dalla presenza di ceramica
figulina in parte ricollegabile alla cultura di Ripoli (vaso con
fiasco con piccole anse sotto l'orlo). Ceramiche di
importazione o di imitazione della cultura di Fiorano sono diffuse
nei contesti del Vhò, del Gaban, in Friuli e nella Toscana
settentrionale. Influssi Fiorano si riconoscono anche nelle ultime
fasi della Ceramica Impressa Marchigiana.
Gruppo
del Vhò
Questo
gruppo del primo Neolitico padano risulta diffuso nell'area
pedeappenninica lombarda, emiliana e piemontese. Tra le forme
ceramiche fini sono attestati vasi e tazze con piede di vario tipo,
tazze carenate con ansa a nastro e bugna sulla carena, scodelle a
calotta con piccola ansa a nastro verticale, vasi troncoconici
talvolta decorate con impressioni digitali e bugne, vasi a fiasco,
vasi a fiasco con piccole anse sull'orlo, vasi semiovoidali o
cilindrici con base a tacco e cordone orizzontale. Nella ceramica
grossolana figurano grandi vasi decorati con cordoni orizzontali o
verticali.
Tra le decorazioni sono presenti anche dei motivi
graffiti, solcature appaiate, fasci di linee oblique o a zig-zag.
Sono attestate la ceramica figulina acroma e ceramiche di importazioni, prevalentemente dal gruppo di
Fiorano. Caratteristica
è anche una figuretta femminile (h cm 14) in terracotta, una
"grande madre" con due teste a calotta, che trova
precisi riscontri nella civiltà neolitica balcano-anatolica.
L'industria
litica, simile a quella di Fiorano ma con una più marcata
impronta mesolitica, si caratterizza per la presenza di
bulini a stacco laterale su incavo laterale tipo Ripabianca,
grattatoi a fronte erto, troncature, perforatori, trapezi, becchi, romboidi, lamelle a dorso sinuoso e
microbulini; alla
tradizione mesolitica si ricollegano alcuni trapezi con piquant-trièdre
e troncatura opposta concava.
|
"Grande
madre" bicefala (da Cocchi Genick, p. 109) |
L'assenza o la scarsa presenza di
grattatoi in alcuni siti parrebbe collegarsi alla specificità di
alcuni insediamenti dove erano assenti le attività connesse con
questo genere di strumenti. L'industria su pietra levigata si
caratterizza per la presenza di asce, anelloni, accette e macine.
Alcune delle materie prime utilizzate (giadeite e anfibolite
granatifera) provengono dalle Prealpi piemontesi meridionali e
dalla zona di Ivrea; anche la selce proviene dalle aree alpine, in
particolare da zone adiacenti al Garda e poste ad una distanza di
circa 155 Km.
L'industria
su osso comprende zagaglie e perforatori mentre gli oggetti
ornamentali sono costituiti da Dentalium e da una valva di Pectunculus.
Gli
insediamenti si collocano generalmente nella bassa pianura e nelle
valli appenniniche. Gli abitati si caratterizzano per la presenza
di numerose buche, fosse irregolari e cavità lenticolari disposte
in maniera irregolare; alcune di queste fosse vennero utilizzate come deposito di rifiuti mentre altre possono aver
avuto la funzione di "clay pits", cioè buche per
la preparazione dell'argilla da utilizzare come intonaco.
I
dati paleobotanici ci presentano ambienti con presenza di boschi
di querceto e zone paludose e canneti.
L'economia si basava quasi prevalentemente sulla caccia
delle specie selvatiche (cervo, capriolo, cinghiale) e
sull'allevamento di bovini, suini e ovini; è attestata anche la
raccolta di molluschi di acqua dolce e tartarughe. La pratica agricola, anche
se su modesta scala, risulta comunque praticata come dimostrano i
resti di cariossidi di Triticum monococcum, elementi di
falcetto ad usura obliqua e macine di piccole dimensioni.
Per
alcuni siti del gruppo di Vhò sono disponibili le seguenti
datazioni radiometriche: 4220±110, 3980±50 a.C. per il Piadanese,
4140±100 a.C. per Ostiano, Dugali Alti,3980±130 a.C. per Cecima,
4180±160 e 3880±210 a.C. per Travo, Casa Gazza.
Gruppi
di Fagnigola e di
Sammardenchia (Friuli-Venezia Giulia)
Il
primo Neolitico nel Friuli-Venezia Giulia è documentato in vari insediamenti all'aperto della pianura
friuliana e in grotta nel Carso triestino. Le ceramiche sembrano
evidenziare influenze adriatico-balcaniche con insistenza di
motivi decorativi impressi e incisi che sembrano indicare stretti
rapporti con il gruppo del Vhò. Significativa è anche la
presenza di ceramiche di importazione di tipo Fiorano. Le
industrie litiche, pur ricollegandosi alla tradizione padana, sono caratterizzate da una maggiore impronta di tipo
mesolitico.
Fra
i siti rinvenuti si segnalano quelli di Fagnigola (Pordenone) e
Sammardenchia (Udine). Nella ceramica del gruppo di Fagnigola
figurano coppette con orlo rientrante, tazze troncoconiche con
prese a linguetta o con orlo ispessito, bicchieri carenati e
grandi vasi ad orlo rientrante. Sono presenti le decorazioni
incise a motivi lineari di vario tipo poste sul ventre e sulle
anse; gli ornamenti plastici sono costituiti da bugne e linguette.
L'industria litica, assimilabile al gruppo di Fiorano ma con un
più marcato microlitismo, comprende bulini ad incavi e stacchi
laterali tipo Ripabianca, grandi troncature oblique, romboidi,
trapezi e grattatoi frontali su lama.
Le uniche testimonianze
superstiti dell'insediamento di Fagnigola consistono in grandi
pozzetti, con diametro variabile fra 1 e 2 metri, spesso regolari
e con pareti verticali. La presenza di
frammenti di arenaria interpretati come resti di macine e
macinelli comproverebbe la pratica di attività agricole. Le
datazioni radiometriche ottenute per il sito di Fagnigola sono di
4100±90 e 3810±160 a.C.
A
Sammardenchia la ceramica, sia quella fine sia quella grossolana,
comprende scodelle e tazze anche carenate, bicchieri e fiaschi; le
anse sono a nastro e ad occhiello, le prese a lingua e ad
orecchietta, mentre i fondi sono piani o a tacco. Le decorazioni
sono a impressioni, a incisione o a graffito talvolta colorate di
rosso all'interno o all'esterno del motivo. Piuttosto frequenti
sono le linee doppie orizzontali sotto l'orlo o oblique sulle
pareti, i fasci di linee, triangoli, motivi a scaletta.
L'industria litica di questo gruppo si differenzia da quella di
Fagnigola per un microlitismo ancora più accentuato, per
l'assenza del bulino tipo Ripabianca, per l'abbondanza e la
varietà dei grattatoi che comprendono anche tipi unguiformi di
tradizione mesolitica. Abbondante risulta l'industria su pietra
levigata con numerose asce ed accette di varie dimensioni,
anelloni e scalpelli di tipo danubiano.
Anche in questo sito sono
stati rinvenuti pozzetti di 1-1,5 m di diametro, due dei quali
con rivestimento di argilla. A differenza di Fagnigola sono
state rinvenute numerose macine, macinelli ed elementi di falcetto
che testimoniano la pratica dell'attività agricola. La datazione
radiometrica è di 4170±60 a.C.
Gruppo
del Gaban
E'
diffuso in Trentino-Alto Adige in ripari sottoroccia e in siti
all'aperto nelle vicinanze dei fondovalle. Questo gruppo, così
come appare nelle serie stratigrafiche di Romagnano, Dos de la
Forca e Riparo Gaban, rappresenta un vero e proprio fenomeno di
"ceramizzazione" del substrato mesolitico di tipo
castelnoviano. L'economia è ancora di tipo tradizionale, basata
essenzialmente sulla caccia (cervi, caprioli, cinghiali, lepri,
tassi, castori, scoiattoli), la pesca, la raccolta di molluschi di
acqua dolce e tartarughe. Solo in un momento più recente, ma con
scarso peso sull'economia di sussistenza, compaiono le tracce
di allevamento di animali domestici (maiale, pecora, capra e forse
anche bue).
L'industria
litica deriva direttamente dalle ultime fasi del Mesolitico
acquisendo in un secondo momento i caratteri del Neolitico padano.
Nella sua prima fase è rappresentata da bulini ad incavi tipo
Ripabianca, grattatoi frontali lunghi, corti e a muso, becchi
diritti, lame a dorso profondo unilaterale, trapezi isosceli anche
con piquant-trièdre, trapezi rettangolari con lungo piquant-trièdre, microbulini e lamelle ad incavi.
Nella fase più recente comprende anche grattatoi frontali lunghi
con fronte erto, trapezi isosceli e rettangoli, romboidi,
microbulini e lame ritoccate. Anche l'industria su osso e corno si
ricollega alla tradizione mesolitica come dimostrano le asce e gli
arponi.
La
ceramica comparve in quest'area grazie ad apporti ricollegabili alle
tradizioni balcaniche, adriatiche, padane e mitteleuropee. La
prima fase si caratterizza per una ceramica decorata ad impressioni
digitali e ceramica fine lucida decorata con
motivi graffiti a "note musicali" e incisi a fasce di
zig-zag orizzontali o verticali. In un secondo momento compaiono
forme globulari monoansate con collo cilindrico e scodelle
decorate a grandi triangoli incisi e grandi orci con labbro
decorato ad impressioni.
La
tradizione mesolitica resta viva anche negli oggetti di ornamento
come testimoniano le conchiglie marine (Columbelle), vertebre di
pesce, canini atrofici di cervo e figurette femminili.
|
1:
figuretta femminile ricavata da un dente di cinghiale - 2:
figuretta femminile su placca ossea - 3:
figuretta femminile ricavata da un osso di cervo (da Cocchi
Genick, p. 115)
|
Gruppo
dell'Isolino
E'
documentato nell'area prealpina della Lombardia occidentale e nel
Canton Ticino. Nella ceramica sono tipici i vasi a fruttiera con
alto piede e decorazione prevalentemente plastica, le forme ovoidi
con orlo diritto o lievemente introflesso, vasi con profili ad
"S"
ed orlo estroflesso e le anse a nastro verticale variamente
decorate. I motivi decorativi di tipo geometrico (motivi ad
angoli, triangoli e scalariformi) sono ottenuti con fini e
profonde incisioni mentre nella decorazione plastica figurano
cordoni digitati e a tacche, bugne e prese a linguetta, lobi e
piccoli rigonfiamenti sugli orli. La ceramica di questo gruppo
trova delle strette analogie con il gruppo del Gaban e in misura
minore con quello della Ceramica Impressa ligure e con il gruppo
del Vhò.
Nell'industria
litica, a differenza degli altri gruppi, non compaiono i
microbulini, i trapezi a piquant-trièdre, i romboidi, i
bulini ad incavo e stacco laterale o trasversale; l'industria, che
sembra costituire un'elaborazione locale della tradizione
mesolitica, è di tipo laminare e comprende pochi bulini,
grattatoi in prevalenza frontali lunghi, troncature, becchi
diritti, punte e lame a dorso profondo, raschiatoi prevalentemente
lunghi e denticolati.
Il
gruppo dell'Isolino perdura fino all'epoca in cui nell'Italia
settentrionale si diffusero i primi aspetti della cultura dei
Vasi a Bocca Quadrata. Per il gruppo dell'Isolino a Pizzo di Bodio
si hanno le seguenti datazioni radiometriche: 4370±80 e 4110±50
a.C.
Fonte:
D.
Cocchi Genick, Manuale di Preistoria, Neolitico, volume
II, Octavo, Firenze 1994, pp. 85-120
B.
Bagolini, Il Neolitico nell'Italia settentrionale, in A.
Guidi - M. Piperno (a cura di), Italia preistorica, Laterza,
Roma-Bari 1992, pp. 279-293
Per
la bibliografia si veda:
D.
Cocchi Genick, Manuale di Preistoria, Neolitico,
cit., pp. 142-146
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