1.
Cenni biografici
Francesco
Saverio Castiglioni nacque a Cingoli, antica città del Piceno, il
20 novembre 1761 dai nobili coniugi Conte Carlo di Giulio Cesare e
Contessa Sanzia Ghislieri di Jesi. Il 21 novembre 1761 ricevette il
battesimo nella Cattedrale di Cingoli, da suo zio
l’Arcidiacono Francesco Castiglioni: i suoi nomi furono Francesco
Saverio, Maria, Felice (1).
Francesco
Saverio trascorse gli anni dell’infanzia a Cingoli nella casa
paterna in un ambiente cittadino moderato e democratico in cui le
differenti categorie sociali convivevano tranquillamente sotto il
governo pontificio, come anche il resto del territorio delle odierne
Marche.
Oltre
ai genitori, la sua famiglia era composta dai due fratelli maggiori,
Bernardo che divenne sacerdote, e Caterina, dai nonni Giulio Cesare
e Antonia e più tardi dagli altri quattro fratelli minori,
Adelaide, Alessandro, Antonia e Filippo Giulio.
In
casa Castiglioni vissero anche Francesco e Giuseppe, zii sacerdoti
di Francesco Saverio, il primo dei quali lo battezzò.
L’11
settembre 1768, a soli sei anni di età, Francesco Saverio ricevette
il sacramento della cresima dal Vescovo di Cingoli ed Osimo
Monsignor Pompeo Compagnoni nella Cattedrale di Cingoli. In quello
stesso giorno si celebrava la morte di S. Sperandia protettrice
della città assieme a S. Esuperanzio.
In
quel periodo era in atto una diatriba tra le diocesi di Cingoli ed
Osimo a causa di un volume scritto dallo storico cingolano Francesco
Maria Raffelli sulla storia ed il culto di S. Esuperanzio; gli
studiosi osimani misero in discussione l’autenticità delle
reliquie del santo ed anche la sua stessa esistenza (2).
Fra
i Pueris Civitatis Cinguli sono elencati tutti i bambini
della diocesi in ordine alfabetico; alla lettera X si trova:
“D.Xaverius filius Nob.Caroli Castiglioni” che ha come padrino
“Nob.Iohnas-Sen Dominicus Castiglioni” (3).
I
sacramenti del battesimo e della cresima rappresentarono il
principio del percorso di vita cristiana di Francesco Saverio; a
questi, come vedremo, seguirono quelli del sacerdozio,
dell’episcopato, del cardinalato e del sommo pontificato.
Mentre
le due sorelle Adelaide ed Antonia prendevano i voti al monastero di
S. Caterina in Cingoli, lui invece si avviò alla carriera
ecclesiastica appena adolescente. Nell’ottobre del 1773 giunse nel
Collegio Campana di Osimo dove studiò Retorica insieme a Pio
Puccetti, figlio della omonima nobile famiglia cingolana e ad
Annibale Della Genga, figlio dei marchesi Della Genga, che diverrà
papa col nome di Leone XII (4).
Al
Collegio Campana venivano ammessi soltanto figli di famiglie nobili.
Qui convivevano
seminaristi e collegiali e qui Francesco Saverio ricevette il 27
dicembre 1774 la clericale tonsura da Ciriaco Vecchioni, Vescovo di
Loreto e Recanati, con la quale il ragazzo entrò a far parte del
clero; ricevette anche i primi
due ordini minori. L’anno successivo ricevette gli ultimi due
ordini minori a Jesi dal Vescovo Mons. Ubaldo Baldassini.
Dall’ottobre
del 1776 Francesco Saverio si trasferì al Pontificio Collegio
Montalto di Bologna al quale si accedeva attraverso un esame di
ammissione; questo collegio era stato fondato da Sisto V (5) papa
originario delle vicinanze di Montalto. Qui il giovane Castiglioni
intraprese gli studi di filosofia legge e teologia:
Studiosissimo,
non tralasciava di ornare la mente ed il cuore delle più belle virtù.
Era il modello della gioventù studiosa. Per il suo tratto nobile,
per la bontà del cuore, per l’ingegno non comune erasi attirata
la benevolenza, l’ammirazione
non solo dei professori ma eziandio dei più insigni
personaggi (6).
In
quegli anni Francesco Saverio fu seguito da due padri gesuiti e da
un pro-rettore che lo aiutarono nella maturazione della sua anima:
Padre Borsetti ne seguì lo spirito in qualità di confessore
ordinario e direttore spirituale; Emanuele Mariano de Yturriaga,
originario del Messico, fu suo maestro di scienze teologiche; il
pro-rettore Giovanni Verrati fu confidente e consigliere del
ragazzo.
Sotto
l’influenza spirituale di questi personaggi il Castiglioni prese
la decisione definitiva di consacrarsi a Dio e alla Chiesa e di
divenire sacerdote. Nell’aprile 1783 ricevette l’ordine maggiore
sacro del suddiaconato dal Cardinale Andrea Giovannetti, arcivescovo
di Bologna. Qualche mese più tardi ricevette l’ordine del
diaconato dallo stesso Cardinale Giovannetti.
Nel
luglio 1784 Francesco Saverio conseguì la laurea in utroque iure
nel Collegio Pontificio di Montalto, subito dopo si trasferì a Roma
per approfondire gli studi teologici e giuridici e divenne membro
dell’Accademia Teologica della Sapienza.
A
Roma suo zio Antonio Maria, uditore di Rota, uditore di Mons.
Bonaccorsi e Chierico di Camera di Alessandro Albani, lo avviò alle
conoscenze nell’ambiente giuridico affinché approfondisse la sua
cultura e la sua esperienza; così seguì uno dei più celebrati
giuristi del tempo, Mons. Giovanni Devoti, docente di diritto
Canonico alla Sapienza di Roma.
Il
Devoti nel 1785 pubblicò un’opera dal titolo Istitutionum
canonicarum libri quatuor imponendosi all’attenzione dei
migliori canonisti del tempo: Francesco Saverio fu prima suo
discepolo e successivamente suo assistente (7)
Il
17 dicembre dello stesso anno, fu consacrato sacerdote dal Cardinale
Giuseppe Doria Panfili presso Roma nella cappella privata del
cardinale. Qualche anno più tardi nel 1788 Mons. Devoti, professore
della Sapienza, venne nominato Vescovo di Anagni. Il nuovo vescovo
volle come suo Vicario Generale proprio Francesco Saverio. Fu anche
quello il periodo nel quale il Castiglioni si ammalò di herpes
zoster.
Nel
1790 si spostò a Fano rispondendo alla volontà del Vescovo Mons.
Severoli, in qualità di Vicario Generale; qui ebbe la cattedra di
Diritto Canonico in Seminario. Nel frattempo, esattamente nel 1795,
a Cingoli morì il preposto del Capitolo della cattedrale Mario
Leoncini: suo successore fu Francesco Saverio.
In
quel periodo il Castiglioni intrattenne una fitta corrispondenza
epistolare con Mons. Filippo Raffaelli, anch’egli cingolano, nonché
Referendario della Romana Segnatura, protonotario Apostolico,
laureato in utroque iure, residente in Roma.
In
una lettera, datata 18 dicembre 1796, il nuovo preposto cingolano
narra all’amico Raffaelli gli accadimenti politici di quegli anni
nelle Marche, in relazione all’occupazione delle truppe napoleoniche.
Si
fa riferimento in particolare a Mons. Arezzo, Governatore di
Macerata e al suo luogotenente Pacipeppi, scomodo personaggio che
all’arrivo delle truppe francesi abbandonò tutto e tutti e fuggì:
Amico
Carissimo e Padrone Stimatissimo con sommo piacere intesi, l’esito
felicissimo del vostro viaggio, e bramo, che sia sempre prospero il
vostro stato, e molto più nelle prossime SS. Feste che con ogni
cordialità vi auguro felicissime rimettendo il di più al S.
Altare. Avrò il piacere, che mi diate qualche notizia sul colloquio avuto col nostro Cardinale sull’Opera
Pia delle Orfanelle. Servirà questo di
lume, se Dio lo voglia ora,o differita. Delle nuove nostre
siamo ancora nell’umiliazione; resta la residenza a Macerata, il
Processo non è terminato; è svanita l’Epidemia fino a
permettersi i mercati, il Commissario Merenda ha intavolato per
ordine di Arezzo una concordia, il di cui congresso è domani;
restano ora aggravati i Magistrati di non aver ubbidito a tempo pel
bollettino de’ soldati. Mons. Arezzo avrebbe voluto terminare l’affare
con una scusa al Governatore. Si è ricusato e a parer mio assai
bene, perché o non v’è colpa oppure è stata più che
sufficientemente purgata so ad altro coll’onta del Luogotenente, e
che dopo l’udienza da lui avuta, nel Portone fece dare dal Balio
al Magistrato l’ordine di non uscire da Macerata. Interessatevi più
che potete per l’onore del ceto, che è anche vostro. Non ho
termini per significarvi il sentimento di gratitudine per la grande
vostra amorevolezza, con cui mi avete riguardato nello scorso
autunno, comandatemi, e cogli ossequi di tutti i miei abbracciandovi
mi confermo Di voi Monsignore carissimo (8).
La
vita di paese, con ritmi meno serrati, consentì al nuovo preposto
di avere del tempo libero da dedicare allo studio, favorito anche
dalle numerose opere presenti nella biblioteca di famiglia, ricca di
volumi dei classici latini, di storia e numismatica ma anche di
trattazioni di scienze sacre.
Tuttavia
il Castiglioni volle arricchire la biblioteca di volumi di interesse
religioso, in particolare scritti di S. Leone Magno, S. Agostino, S.
Cipriano, S. Bernardo e commenti al Vecchio e Nuovo Testamento,
quasi tutte le opere di S. Alfonso de’ Liguori e quelle di S.
Francesco di Sales.
Francesco
Saverio inoltre si dedicò allo studio delle memorie storiche della
sua città. Scrisse infatti saggi storici su B. Angelo da Cingoli e
Padre Nicolò da Cingoli, memorie su Alessandro Ilaroni, commenti
sugli Estratti della dissertazione di Francesco Maria Raffaelli (9),
su Santa Sperandia (10), la Storia del Monte di Pietà di Cingoli e
il Prospetto dei Monti Frumentari del Cantone di Cingoli (11).
Nel
gennaio del 1797 il Castiglioni fu nominato dal Cardinale Archetti,
Vicario Generale di Ascoli. Qui a causa dell’occupazione di Ancona
da parte delle truppe francesi si erano raccolte le truppe
pontificie di guarnigione. Poco dopo però le stesse truppe
dovettero lasciare la città per paura di un’invasione francese e
si rifugiarono nel limitrofo regno di
Napoli. Con loro vi era anche il Cardinale Archetti mentre in
città rimase lo stesso Castiglioni fino alla notizia della pace di
Tolentino.
A
novembre di quell’anno il Vescovo di Osimo e Cingoli, Cardinale
Guido Calcagnini invitò Francesco Saverio a tornare a Cingoli in
aiuto del Vicario Generale Giacomo Belli che versava in precarie
condizioni di salute. Intanto le truppe francesi presero possesso
dello Stato pontificio, il Pontefice fu imprigionato e costretto
all’esilio; quando anche Cingoli fu assediata dopo una tentata
resistenza, Napoleone inviò a trattare la resa il generale Rey. A
stipulare le condizioni della resa si trovarono il Governatore di
Cingoli Gaspare Sabatini ed il preposto Francesco Saverio
Castiglioni: dopo una breve trattativa, i due consegnarono le chiavi
della città.
Il
14 luglio 1800 il Castiglioni venne eletto vescovo di Montalto
Marche da papa Pio VI (12), mentre il 17 agosto fu consacrato
vescovo a Roma nella chiesa dei SS. Domenico e Sisto dal Cardinale
Doria Panfili, lo stesso che 16 anni prima lo aveva consacrato
sacerdote.
Il
13 gennaio 1804 morì il padre del vescovo Castiglioni, il conte
Carlo e venne sepolto nella chiesa dei PP. Riformati di S. Giacomo
di Cingoli.
Napoleone
Bonaparte nel frattempo aveva occupato il territorio marchigiano,
nel novembre 1807 il Generale Lemarois giunse nelle Marche e dopo
l’arresto di Mons. Agostino Rivarola, Delegato Apostolico, venne
nominato Governatore generale. L’Editto di Saint Cloud del 2
aprile 1808 sancì ufficialmente l’annessione delle Marche al
Regno d’Italia; con tale atto Napoleone divise le province delle
Marche in tre dipartimenti, quello del Tronto, quello del Musone e
quello del Metauro (13).
Il
nuovo regime stabilì una legislazione in materia di rapporti della
vita civile e della vita ecclesiastica con: innovazioni da inserirsi
nei calendari diocesani, l’introduzione dell’orazione per
l’imperatore nelle messe solenni, l’imposizione ai vescovi ed ai
parroci dei singoli dipartimenti di recarsi a Milano per prestare il
giuramento di fedeltà all’imperatore dei francesi e Re d’Italia
e di obbedienza alle leggi del Regno.
Il
vescovo Castiglioni rifiutò di prestare tale giuramento sollevando
le ire del nuovo governo, così il 14 luglio 1808 le autorità
napoleoniche lo arrestarono e lo esiliarono a Pavia. Trascorsi due
anni, il governo francese gli chiese ancora di prestare giuramento
ma egli si rifiutò di nuovo. Il 1 luglio 1810 il Castiglioni fu
trasferito a Mantova fino al 1813, poi a Torino e a Milano.
In
quegli anni Napoleone occupò Roma e, trasferito Pio VII (14) a
Savona, lo costrinse a firmare un Concordato che venne annullato
poco dopo, così l’esilio del Castiglioni si protrasse fino al 6
giugno 1814, data del suo rientro nella sede vescovile di Montalto.
Francesco
Saverio Castiglioni non rivide più sua madre, la contessa Sanzia
Ghislieri che venne a mancare in quel periodo e fu sepolta nella
cattedrale di Cingoli.
L’8
marzo 1816 il vescovo Castiglioni venne eletto da Papa Pio VII
vescovo e cardinale con trasferimento dalla sede di Montalto a
quella di Cesena, patria del Papa; il titolo cardinalizio fu quello
di S. Maria in Traspontina.
Qualche
anno dopo, nel 1821, morì il cardinale Di Pietro, Penitenziere
maggiore a Roma, suo successore fu il cardinale Castiglioni. A Roma
divise la sua attività tra le Congregazioni della Chiesa e la sua
diocesi di Frascati mentre il 10 novembre 1821 venne nominato
Prefetto della Congregazione dell’Indice (15).
Pio
VII morì il 20 agosto 1823 ed a settembre iniziò il conclave per
l’elezione del nuovo Pontefice che avvenne il 28 dello stesso
mese: ascese al soglio pontificio il Cardinale della Genga, con il
nome di Leone XII. Egli era stato compagno di scuola del Castiglioni
nel Collegio Seminario Campana di Osimo e suo intimo amico.
Al
conclave del 1823 il collegio cardinalizio era diviso in due
fazioni: una di esse desiderava una chiesa fortemente accentratrice
che si opponesse alle riforme nate con la
Rivoluzione francese, l’altra favoriva un approccio
moderato per risolvere i problemi nati con le nuove ideologie. A
questa corrente appartenevano il Castiglioni e Ercole Consalvi,
segretario di Stato di Pio VII; il pontefice aveva designato come
suo successore il Penitenziere cingolano (16) ma alla fine
prevalsero le ragioni politiche della prima fazione e venne eletto
il Cardinale della Genga.
Dopo
sei anni di pontificato, il 10 febbraio 1829 morì Leone XII ed il
23 dello stesso mese iniziò il conclave nel palazzo del Quirinale
con cinquanta cardinali presenti: il 31 marzo 1829 Francesco Saverio
Castiglioni fu eletto Sommo Pontefice e assunse il nome di Pio VIII,
ottenendo quarantasette voti su cinquanta.
Il
5 aprile 1829 fu il giorno dell’ascesa ufficiale al soglio
pontificio del Castiglioni nella basilica di S. Pietro, alla
presenza dei cardinali, del corpo diplomatico recatosi presso la S.
Sede, della corte papale, delle rappresentanze capitolari di
Cingoli, Montalto, Ascoli Piceno, Fano, Anagni, Cesena, Frascati, e
della folla che gremiva la basilica.
Il
15 maggio 1829 il nuovo pontefice elesse prelato domestico il
preposto della cattedrale di Cingoli D. Paolo Onori; nominò inoltre
Segretario di Stato il cardinale Giuseppe Andrea Albani, capo del
partito consalviano gradito agli Asburgo.
Pio
VIII scrisse l’enciclica “Traditi humilitati nostrae” alla
chiesa universale il 24 maggio 1829, sui cui contenuti ci
soffermeremo più avanti (17). Trasferitosi a Roma, il Pontefice non
dimenticò affatto le sue diocesi e neanche la sua città natale,
Cingoli e tenne anche in considerazione i poveri di Roma e la
popolazione dello Stato Pontificio, dimostrandosi molto generoso fin
dai primi giorni del suo pontificato.
Alla
Basilica di S. Pietro offrì 150 scudi in oro, dispensò 4000 scudi
e 1000 vestiti ai poveri di Roma, costituì un fondo cospicuo per le
parrocchie povere dello Stato Pontificio, creò un fondo di rendite
di 1800 scudi per studenti poveri. Il 25 maggio dello stesso anno il
nuovo Pontefice concesse ai successori del preposto Onori il
privilegio degli abiti prelatizi.
Il
18 giugno promulgò l’anno giubilare; quindi incontrò in udienza
privata il Priore di S. Esuperanzio, Mons. Antonangelo Raffaelli e
gli consegnò un suo anello in oro con un vistoso rubino circondato
da una corona di venti brillanti da infilare nel dito del braccio
d’argento del Santo e la croce pettorale d’oro con catena
d’oro, da porre sul busto in rame dorato di S. Esuperanzio. Il 7
maggio 1830 Pio VIII donò alla città di Cingoli la Rosa d’Oro:
rami di rose realizzati in metallo prezioso.
Nel
contempo, però, le condizioni di salute del Papa peggiorarono
costantemente. Oltre ai dolori causati dall’ herpes zoster, nella
primavera del 1830 ebbe anche attacchi di gotta che gli impedirono
di celebrare le funzioni della settimana Santa e il solenne
pontificale di Pasqua. Durante l’estate Pio VIII accusò maggiori
dolori che si acuirono in autunno tanto da porlo definitivamente a
letto; nonostante le cure del suo medico di fiducia Morichini, il
male prese il sopravvento.
Il
30 novembre 1830, dopo un giorno di agonia, il Papa morì nella sua
residenza di Roma: nel pomeriggio la salma venne accompagnata in
corteo dal palazzo del Quirinale in S. Pietro ed esposta alla
venerazione pubblica, poi tumulata in S. Pietro, nella nicchia
vicino alla cappella dei coristi. Francesco Saverio Castiglioni
visse 69 anni e fu Sommo Pontefice per venti mesi (18).
La
tesi che un herpes sia stata la causa principale della morte di Pio
VIII è la più accreditata tra i suoi biografi ma il ritrovamento
dei referti medici nella Segreteria di Stato del suo dottore,
Domenico Morichini, fanno sorgere qualche perplessità. Il Morichini:
[…]
sospetta, e la certezza gli viene dall’autopsia che il decesso sia
dovuto ad un prolasso del cuore, il quale si spiega perfettamente
con la debolezza fisica riferita da Pio VIII nell’ultimo mese di
vita. La conferma viene nel momento in cui, aperto il torace del
defunto, i medici possono verificare una copiosa effusione di linfa
corrispondente, per il Morichini e per i suoi colleghi, alle
frequenti sincopi, e l’ultima, la più violenta avrebbe portato il
Pontefice alla morte (19).
2.
La famiglia Castiglioni
La
tradizione narra che la famiglia Castiglioni sia oriunda di un paese
chiamato Castiglione, situato a cinque miglia da Varese
nell’antico contado del Sergio. Questa origine è la più
comunemente citata dai biografi in base ad un documento del 987 in
cui si racconta di un tale Guido di Castiglione, un longobardo che
ebbe in feudo il detto castello, situato nelle terre della
Valtellina.
A
causa di continue lotte politiche, di ragioni dinastiche e di guerre
intestine, la famiglia si divise in vari rami e si distribuì in
varie regioni d’Italia, in particolare in Lombardia e nel Piceno.
Un ramo di questa famiglia che risiedeva a Milano si recò a Cingoli
nel 1600 e vi si stabilì definitivamente (20). Capostipite fu
Bernardo Castiglioni, discendente da Bartolomeo, pretore di
Bellinzona, che a Cingoli svolgeva la professione di banchiere.
Bernardo fu il primo della famiglia a comparire negli atti ufficiali
della Vicaria Foranea di Cingoli: di lui manca il nominativo del
padre ed egli stesso venne nominato con l’appellativo di
“milanese” senza alcun titolo.
Bernardo
risulta annoverato nei Registri dei Sacramenti della Collegiata di
S. Maria della Pieve, dentro le mura di Cingoli e più in dettaglio
nel documento dell’atto del suo matrimonio, celebrato il 23 agosto
1600 con la cingolana Sperandia di Francesco Maria Bongianni:
Addì
23 agosto 1600. Io Domenico Coluzzi da Morro diocesi di
Senigallia al presente curato della collegiata di Cingoli ho
pubblicamente denuntiato nella Santa Messa in tre continui giorni
festivi cioè li 10, 13, et 15 de agosto 1600 il matrimonio che si
doveva contrarre tra Bernardo Castiglioni Milanese e Donna Sperandia
di Francesco Bongianni di Cingoli, et non essendosi scoperto
impedimento alcuno et avendo Hauto a mia interrogazione il consenso
libero dell’uno e dell’altra,fu contratto legittimamente il
matrimonio secondo la forma del santo Concilio Tridentino nella
suddetta chiesa tra suddetti Bernardo e D.na Sperandia, presenti
Bartolomeo di Berardino da Staffolo e Pacifico Bruni (21).
Non
sappiamo cosa avesse spinto Bernardo a trasferirsi dalla lontana
Milano proprio a Cingoli, divenendo il Capostipite del ramo dei
Castiglioni di Cingoli.
La
famiglia Castiglioni che agli inizi del ‘600 si trasferì in
questa zona periferica dello Stato Pontificio inserendosi a pieno
titolo nell’aristocrazia locale, si caratterizzò per un forte
impegno civile, un’oculata politica patrimoniale ed una sentita
fedeltà alla Chiesa di Roma. Queste componenti emergono anche nelle
singole generazioni cingolane dei Castiglioni. Infatti i suoi
componenti si dedicarono ad attività imprenditoriali, industria dei
panni, banco di credito ma anche alla vita politica locale, inseriti
in strutture ecclesiastiche e nelle aziende familiari.
I
redditi delle attività dei Castiglioni furono investiti in terre;
grazie ai legami matrimoniali entrarono a far parte delle più
rappresentative famiglie della regione e contemporaneamente
incrementarono la loro influenza sociale e il loro patrimonio
terriero.
Tra
le famiglie nobili e ricche che hanno onorato la città di Cingoli,
quella dei Castiglioni è illustre non solo per la nobiltà dei
natali ma anche per il numero consistente di personaggi celebri che
ha dato alla chiesa e alla cultura.
Tra
i personaggi più significativi della Famiglia Castiglioni, a
partire dal 1600, si ricordano: Giulio Cesare Castiglioni, figlio di
Bernardo, che venne eletto “capitano dell’artigianato dei
Panni” e ricevette privilegi dalla Santa Sede; Carlo Ottavio
Castiglioni, letterato insigne, che pubblicò il libro Monete del
gabinetto di Milano e scrisse, tra le altre opere L’interpretazione
ed illustrazione di note su la Versione gotica della Bibbia di
Ulfila e il Trattato sui vetri fortificati o cufici;
Giovanni Castiglioni, oratore latino, teologo e canonista, vescovo
di Osimo e Cingoli per volere di Pio VII; Giovanni Lorenzo
Castiglioni, originario di Cingoli che fu vicario generale e poi
vescovo di Acquapendente ed uditore della nunziatura di Napoli;
Luigi Castiglioni che fu membro dell’Istituto Italico e presidente
dell’Accademia di Belle Arti di Milano ma anche senatore del Regno
d’Italia sotto Napoleone e ciambellano dell’imperatore
d’Austria.
Carlo
Conte Castiglioni, padre di Francesco Saverio, fu amante delle belle
lettere; Luigi conte Castiglioni, figlio del conte Filippo, divenne
prelato per volontà di Pio VIII; Bernardo Castiglioni, fratello di
Pio VIII, fu arcidiacono della cattedrale di Cingoli e poi vicario
capitolare. Leone XII lo nominò vescovo di Fano ma Bernardo rifiutò.
Giuseppe
Castiglioni, figlio di Alessandro, fratello di Pio VIII, fu preposto
della cattedrale di Cingoli e poi vicario generale; Filippo conte
Castiglioni, altro fratello di Pio VIII, cultore di storia,
archeologia e numismatica, venne nominato deputato e vice
governatore di Cingoli. Gianstefano marchese Castiglioni, figlio del
conte Filippo, dottore in diritto canonico e civile, cavaliere
dell’Ordine militare dei SS. Maurizio e Lazzaro, fu insignito da
Pio IX del titolo di Marchese del Botontano; Filippo marchese
Castiglioni fu avvocato e letterato, coltivò lo studio della
numismatica, raccolse monete antiche, custodì il medagliere
lasciato alla famiglia da Pio VIII, arricchì la biblioteca di
famiglia di opere di valore artistico e letterario, divenne
consigliere comunale, provinciale e sindaco; Luigi dei marchesi
Castiglioni studiò nel Collegio dei Nobili a Lucca poi
nell’Istituto Tei di Firenze, divenne consigliere comunale.
CAPITOLO
II: IL CONTESTO STORICO: L’ETA’ NAPOLEONICA
4.
Cingoli nell’età napoleonica
Il
comune di Cingoli alla fine del ‘700 si trovava in gravi
condizioni economiche ed aveva una situazione sociale complessa:
infatti i contadini vivevano in una condizione di pesante
discriminazione, erano avulsi dal consorzio cittadino, condannati a
vivere di stenti ed isolati nelle campagne; l’unico luogo di
incontro e aggregazione era la parrocchia (23).
L’arrivo
dei francesi rappresentò per i popolani la distruzione del loro
mondo religioso e l’introduzione di nuove ideologie del tutto
estranee senza dimenticare dissacrazioni e spoliazioni delle chiese,
i saccheggi ed espropriazioni (24).
La
popolare insurrezione scoppiata subito dopo la resa della città
alle truppe francesi ebbe dunque i connotati di una ribellione del
popolo contro la classe dirigente che continuava a mantenere i suoi
privilegi e si presentava solo in parte come una rivolta contro
l’invasore, tacitamente accusato, al massimo, di non aver
scardinato dalle basi l’antica struttura aristocratica della
società:
[…] inaspettatamente la mattina del 20 febbraio si suscitò
un tumulto di contadini, i quali anche col suono della campana a
martello per chiamar gente forzarono le porte del Palazzo priorale,
ove erano racchiuse le armi depositate, le portarono via e poscia
ruppero le porte e tetto, ove era stata racchiusa la polvere nella
quantità di 2 mila libbre e più, ne presero quella quantità che
vollero, minacciando far dare fuoco a qualche barile
nella porta e entro la città stessa. Ma ciò non bastò e
sebbene fosse stata accresciuta la Guardia Civica e chiuse le Porte
della città si ammutinarono gli altri contadini che non si erano
ritrovati alla ripresa delle armi (25).
Il
comportamento dei funzionari del governo locale, che di fronte alla
rabbia delle classi meno abbienti fuggirono o tentarono di farlo,
senza mostrare particolare preoccupazione per ciò che stava
accadendo al resto della popolazione, fu una dimostrazione della
loro debolezza ed incapacità.
Francesco
Saverio Castiglioni in quegli anni si trovava a Cingoli come
preposto del Capitolo della cattedrale; nel suo soggiorno cingolano
si dedicò tra le altre attività alla scrittura del Chronicon
Cingulanum anni Christi 1796, una sorta di diario in cui
riportava con precisione gli avvenimenti maggiormente significativi
di quell’anno.
Nello
scritto datato 3 giugno il Castiglioni racconta della paura e della
preoccupazione generale per l’avanzata dell’esercito francese;
si riferisce in particolare al turbamento degli ordini ecclesiastici
per le notizie avute di stragi e saccheggi dei loro beni (26).
Un
altro breve scritto datato 21 ottobre 1796 ha invece un contenuto
espressamente politico:
[…]
si tratta della minuta di un biglietto di accompagnamento di un
contributo per sostenere le milizie pontificie. Si prevedeva,
infatti, una nuova stagione di guerre dal momento che il 26
settembre era stato respinto un trattato di pace con l’esercito
francese, che avrebbe dovuto rendere stabile la tregua di Bologna
(23 giugno 1796) (27).
Tra
i vasti cambiamenti imposti da Napoleone nel nuovo Regno Italico ci
furono anche la soppressione di conventi e congregazioni e la
riduzione del numero delle parrocchie come previsto dai Regi Decreti
del maggio 1808:
A
Cingoli, dove era sempre stata intensa la vita spirituale
intrecciata con quella politica, culturale ed artistica, gli
istituti soggetti alle avocazioni risultavano essere i conventi
possidenti di: San Francesco dei minori conventuali; e San Benedetto
dei monaci silvestrini che dall’eremo di San Bonfilio si erano
riuniti alla comunità di San Benedetto, San Domenico dei padri
predicatori domenicani; Santa Lucia dei padri eremiti agostiniani; i
monasteri di Santa Caterina dei cistercensi; Santa Sperandia
dell’ordine cassinense e Santo Spirito del terzo ordine di San
Francesco
(28).
Napoleone
aveva anche disposto il sequestro dei beni trovati nei monasteri:
gli oggetti d’oro, le statue ed i quadri, gli archivi e le
biblioteche. Ai monasteri erano concessi lo stretto indispensabile
per la sopravvivenza della comunità, come articoli di biancheria e
di cucina e la celebrazione del culto nelle rispettive chiese.
Il
25 aprile 1810 fu emanato un altro Regio Decreto che prevedeva la
completa soppressione di monasteri e conventi ad eccezione di
arcivescovadi, delle parrocchie, delle suore di carità, dei
capitoli delle cattedrali, dei vescovadi e delle case di educazione
femminile. La soppressione delle corporazioni religiose consentiva
di rilevare e trasformare un elevato numero di ospedali, scuole,
locali, caserme e di entrare in possesso di beni rilevanti.
Nel
comune di Cingoli le operazioni di soppressione procedettero
velocemente, visto che già
a maggio del 1810 erano state soppresse ventisette corporazioni
religiose; i frati e le monache evacuati furono obbligati a
raggiungere i luoghi d’origine.
Le
comunità religiose furono ricostruite solo durante la Restaurazione
negli istituti invenduti durante il regime napoleonico (29).
CAPITOLO
III: L’ATTIVITA’
ISTITUZIONALE DI PIO VIII
2.
Il conclave e l’elezione
Il
10 febbraio 1829 moriva a Roma papa Leone XII (30), il 23 ebbe
inizio nel palazzo del Quirinale a Roma il conclave per
l’elezione del nuovo pontefice. L’assemblea si protrasse fino
al 31 marzo; ad essa parteciparono 50 cardinali di età compresa
tra i trenta e i novantatre anni, erano quasi tutti di origine
italiana tranne sei francesi, uno spagnolo e un austriaco. I
votanti erano politicamente divisi in due correnti, Zelanti che
seguivano le direttive della Francia e Diplomatici che erano
favorevoli alle posizioni dell’Austria. Tra i candidati al
pontificato vi erano: Emmanuele de Gregorio (31), sostenuto dalla
Francia, che era stato nominato cardinale da Pio VII (32) nel
1816; Bartolomeo Pacca, sostenuto dai moderati, eletto cardinale
da Pio VII nel 1801, dal 1808 al 1814, già pro segretario di
Stato.
La
candidatura di Bartolomeo Pacca fu ritirata a causa del veto posto
alla sua persona dal re di Francia Carlo X (33); al suo posto fu
candidato il cardinale Castiglioni, sostenuto con forza dal
prefetto della Congregazione dei vescovi e protodiacono, cardinale
Giuseppe Andrea Albani, di posizioni conservatrici ed
antirivoluzionarie.
Sulla
candidatura del Castiglioni erano sorte delle perplessità a causa
delle sue precarie condizioni di salute: in particolare l’herpes
al collo che lo tormentava ormai da anni lo aveva reso curvo e
metteva in dubbio le sue possibilità per lo svolgimento delle
future attività pontificali, temendosi che non sarebbe potuto
vivere a lungo.
Nonostante
le riserve dei votanti, la mattina del 31 marzo Castiglioni
ottenne 35 voti di preferenza, un numero appena sufficiente per la
sua elezione; si ritenne perciò opportuno fare l’esame delle
schede.
Da
questa analisi emerse che due schede potevano essere contestate,
così lo scrutinio fu annullato e fu subito ripetuta la votazione.
Da questo nuovo scrutinio il cardinale Castiglioni risultò eletto
con 47 voti. Scelse il nome di Pio VIII per sottolineare il suo
legame col compianto Pio VII (34) a lui spiritualmente così
vicino.
Quel
giorno a Roma pioveva insistentemente, la folla attendeva
impaziente:
A
poco a poco la penosissima attesa ha fatto incollerire il popolo,
e in queste circostanze tutti diventano popolo. E’ impossibile
descrivere l’empito di gioia e di impazienza che d’un colpo ci
ha tutti agitati quando una prima pietra si è staccata dalla
finestra murata sul balcone. Tutti gli occhi erano fissi lassù.
Un urlo immenso ci ha rintronato le orecchie. L’apertura si è
ingrandita rapidamente: in pochi minuti la breccia era abbastanza
larga da permettere di affacciarsi al balcone. E’ uscito un
cardinale. Ci è parso fosse l’Albani
(35).
Il
cardinale Albani, in qualità di protodiacono, annunciò dal
balcone alla folla: “Papam
habemus Em. ac Rev. Cardinalem Franciscus Xaverius Castiglioni,
qui sibi imposuit nomen Pius VIII” (36).
Il
5 aprile nella Basilica di S. Pietro ebbe luogo la solenne
incoronazione del nuovo Pontefice alla presenza dei cardinali, del
corpo diplomatico, della corte papale, delle rappresentanze
capitolari di Cingoli e delle sue precedenti sedi episcopali:
Montalto, Ascoli Piceno, Fano, Anagni, Cesena, Frascati e della
popolazione accorsa per l’occasione.
Pio
VIII dopo l’elezione nominò il cardinale De Gregorio
penitenziere maggiore e vescovo di Frascati, confermò il ruolo di
prodatario al cardinal Pacca e nominò segretario di Stato il
cardinale Albani.
Giuseppe
Andrea Albani apparteneva ad una nota famiglia della nobiltà che
aveva già dato alla Chiesa vari cardinali; durante
l’occupazione napoleonica era fuggito a Vienna e lì era rimasto
fino al 1814. Albani fu fautore del partito a favore
dell’Austria all’interno della curia, era fermamente contrario
alle idee liberali del Risorgimento e si impegnò a reprimere con
durezza i moti rivoluzionari che prelusero all’unità
d’Italia.
Pio
VIII era molto legato al cardinale Albani, entrambi si erano
formati alla scuola del cardinale Ercole Consalvi (37), avevano
lavorato insieme nel conclave del 1823 e l’Albani aveva
contribuito alla sua elezione nel 1829; perciò la nomina a
segretario di Stato non aveva stupito nessuno tranne la Francia
(38) che avanzava le sue riserve attraverso la voce
dell’ambasciatore Chateaubriand (39).
Pio
VIII sin dall’insediamento sul trono pontificio aveva mostrato
l’intenzione di tenere ben distinti l’ambito del potere
spirituale da quello temporale:
[…] aveva compiuto la scelta assai onesta di delegare la
trattazione degli affari secolari al nuovo Segretario di Stato, il
cardinale Giuseppe Albani, riservando a se stesso quella funzione
di magistero e di guida morale e spirituale che a suo giudizio
doveva unicamente caratterizzare la figura e l’attività del
papa. Sarà appena il caso di ricordare che, come è stato scritto
a suo tempo anche il cardinal Consalvi aveva ritenuto opportuno
distinguere meglio la sfera degli interessi ecclesiastici da
quella degli interessi profani (40).
Dunque
era intenzione del nuovo Pontefice mantenersi al di fuori delle
contese tra gli uomini e di liberare la Chiesa dalla
subordinazione a qualsivoglia logica di schieramenti politici;
nella sua idea Roma doveva divenire il luogo dal quale si
irradiavano le verità di fede e i precetti religiosi e morali nel
mondo cattolico.
Questo
fu uno dei tratti distintivi della personalità di Pio VIII in
un’epoca in cui gli interessi politici e religiosi erano
strettamente interconnessi e interdipendenti, lui scelse di
abbandonare quel metodo illiberale di organizzazione politica del
controllo sociale che aveva fino ad allora fatto leva
sull’intesa fra Chiesa e Stato.
Il
nuovo Pontefice a tal riguardo si era ispirato al suo modello
ideale di scienza ecclesiastica, cioè papa Chiaramonti, Pio VII.
La scelta del nome da parte del Castiglioni è sicuramente una
testimonianza della stima profonda che egli nutriva nei confronti
del suo predecessore del quale però non voleva seguire
letteralmente l’operato ma auspicava di avere la stessa capacità
di affrontare con disponibilità ed intelligenza i problemi che
gli si presentavano in quel periodo storico così travagliato
(41).
Il
giorno stesso dell’elezione il nuovo pontefice dimostrò di non
essere propenso a favorire la propria famiglia, infatti scrisse ai
suoi fratelli Filippo, Alessandro e Bernardo che si trovavano a
Cingoli:
L’immensa
Misericordia e Bontà di Dio ci ha oggi scelti a sedere nella
cattedra di S. Pietro. Al grande beneficio noi tremiamo, e
piangiamo e chiediamo aiuto da tutti i buoni Fedeli, anche da voi,
fratelli secondo la carne, a ciò l’assunzione nostra sia per la
sola gloria di Dio, per il buon servizio della Chiesa e dello
Stato e per la salute dell’anima nostra. Aiutateci pertanto con
molte orazioni vostre e dell’anime buone. Nessun fasto, nessuna
pompa, nessuna elevazione. Manteniamoci umili e compatiteci nel
peso che il Signore ci ha addossato. Nessuno di voi, né della
casa, si muova dal suo posto. Vi amiamo secondo Dio, e in pegno vi
diamo l’apostolica benedizione. Roma, lo stesso giorno della
nostra elevazione 31 marzo 1829
(42).
3.
La prima enciclica
Il
24 maggio 1829 il nuovo Pontefice pubblicò la sua prima enciclica
dal titolo Traditi Humilitati Nostrae, in cui affrontava le
problematiche di quel periodo storico: i disordini della società
moderna, l’indifferenza religiosa, l’istruzione della gioventù,
le false ed erronee dottrine sul matrimonio, la diffusione delle
sette segrete e delle società bibliche.
Pio
VIII rivolse lo sguardo sul corpo episcopale del mondo intero e si
rallegrò per l’unione che regnava fra i vescovi, per la loro
virtù ed il loro zelo sottolineando i loro doveri; raccomandava
in particolare di procedere con cura e prudenza nella scelta dei
ministri sacri poiché a loro veniva affidata la salute del
popolo.
Il
Pontefice espose poi i mali e gli errori dai quali è necessario
difendersi, primo fra tutti l’indifferenza religiosa:
Noi
vi parliamo di quegli innumerevoli errori, di quelle dottrine
menzognere e perverse che attaccano la fede cattolica, non più in
segreto e fra le tenebre, ma altamente e violentemente. Voi ben
sapete che uomini colpevoli hanno dichiarato la guerra alla
religione, sostenuti da una falsa filosofia di cui proclamansi
dottori, e col sussidio di aggiramenti che hanno attinti nelle
idee del mondo. Questa Santa Sede, questa Cattedra di Pietro, su
cui Gesù Cristo pose le fondamenta della sua Chiesa, è
particolarmente il bersaglio dei loro dardi. Di là, i legami
delle unità che ogni dì si rilassano sempre più, l’autorità
della Chiesa calpestata, i ministri del santuario odiati e
disprezzati! Di là, i più venerandi precetti insultati, le cose
sante indegnamente schernite, il culto del Signore addivenuto in
abbominazione al
peccatore, tutto quello che alla religione si riferisce,
considerato come un tessuto di favole ridicole e di vane
superstizioni (43).
Altro
oggetto di riprovazione messo in evidenza nell’enciclica dal
Papa erano le società segrete e quelle bibliche protestanti: ad
esse s’imputava il soggettivismo nell’interpretazione dei
libri sacri da esse pubblicati per poi travisarne i significati, a
seconda delle interpretazioni distorte dei traduttori. Il Papa
fece poi riferimento ad una società in particolare, di cui non
indica il nome, che si era appena istituita e che aveva lo scopo
di corrompere l’educazione e l’istruzione dei giovani liceali.
Pertanto esortava all’oculatezza nella scelta degli insegnanti e
nell’allontanamento di alcuni libri dal contenuto discutibile.
Si
rivolse poi di nuovo ai vescovi raccomandando loro la cura delle
anime, la vigilanza sulla popolazione cattolica, soffermandosi
soprattutto sulla sacralità del matrimonio:
[…]
pieni di venerazione per la santità del matrimonio, voi
inculchiate al vostro gregge il medesimo rispetto per questo sacro
legame, affinchè nulla si commetta che offenda la dignità di
questo grande sacramento, che disonori la purezza del letto
nuziale, che lasciar possa il menomo dubbio sulla indissolubilità
della unione coniugale. Il solo mezzo atto ad ottenere questo
intento sta nel dichiarare apertamente e chiaramente al popolo
cristiano, che il matrimonio non è soggetto solamente alle leggi
umane, ma eziandio alla legge divina; che bisogna collocarlo non
tra gli oggetti terrestri, ma tra le cose sante, e che di
conseguenza alla Chiesa interamente appartiene di regolarlo. E di
fatto, l’unione coniugale che dapprima aveva per solo fine la
perpetuità delle famiglie, oggidì dal Nostro Signore Gesù
Cristo innalzata alla dignità di Sacramento, ed arricchita dei
celesti doni (la
grazia perfezionando la natura), la Chiesa non tanto rallegrasi
nel vedere le successioni dei discendenti degli uomini, quanto
nello educarle a Dio ed alla sua divina religione, ed accrescere
così il numero degli adoratori del Sovrano Signore
dell’universo (44).
L’enciclica
terminava con l’invito del Santo Padre alla preghiera alla madre
di Dio.
Questo
primo testo ufficiale del nuovo Pontefice sottolineava il suo
impegno pastorale, egli si rivolgeva al clero quale responsabile
delle sorti del popolo e della Chiesa, contemplava un corpo di
sacerdoti che, pieni di fede e rettitudine, avrebbe dovuto
condurre il popolo sulla via della fede nel senso più profondo,
mantenendolo lontano da ogni pericolo (45).
Pio
VIII si mostrò intransigente nella difesa dei principi cattolici
e dell’autorità papale e lo fece con diplomazia e modernità di
metodi; infatti riaffermò con forza l’autorità del Pontefice
sopra i vescovi e condannò indifferentismo religioso (46).
La
posizione del Pontefice nei confronti delle società segrete,
anche se moderata, risultava essere in linea con quella di Pio VII
che nel 1821 aveva condannato la Carboneria ma anche con quella di
Leone XII che aveva imposto un duro regime di polizia per
contrastare le singole
sette.
Pio
VIII promulgò infatti il 15 giugno 1829 l’Editto Albani con cui
sancì la pena di morte per i membri delle società segrete e
designò una speciale commissione, a Roma, preposta al giudizio
dei settari; questi infatti avevano ripreso la loro attività
associativa dopo la pubblicazione delle leggi sulla repressione.
La
risolutezza ed il tono accentuato dell’enciclica non erano state
però gradite dal governo francese che aveva espresso perplessità
sulla sua pubblicazione a causa delle questioni sollevate e delle
censure espresse contro i protestanti.
Infatti
la scottante questione delle « Bibbie » in lingua volgare
rappresentava un pericoloso argomento di discussione per la stampa
francese che intendeva mantenere la quiete pubblica, temendo
l’irritazione di alcuni spiriti anticlericali (47).
4.
Emancipazione cattolica degli inglesi
La
condizione dei cattolici dell’Inghilterra e dell’Irlanda in
quegli anni era gravissima: non potevano esercitare il culto
cattolico, erano stati banditi dagli uffici pubblici e non
potevano aprire scuole o collegi.
L’ingresso
in Parlamento di Daniel O’ Connel (48), appoggiato dai cattolici
irlandesi, segnò una svolta in questa causa: egli propose,
infatti, l’Atto di emancipazione dei cattolici romani. Il re
Giorgio IV (49) nonostante la sua avversione per i cattolici, il
23 aprile 1829 approvò l’Atto, che sanciva per i cattolici la
libertà di professare la loro religione, di partecipare alle
cariche dello Stato e di essere eletti in Parlamento.
Pio
VIII nominò cardinale Thomas Weld (50) esponente
dell’aristocrazia inglese; questa scelta rappresentò il segno
politico dell’universalizzazione della Chiesa da lui auspicata e
segnò anche l’interesse della Santa Sede per l’Atto di
emancipazione. Fu una scelta diplomatica del Pontefice, fatta per
favorire il governo inglese, egli voleva, infatti, sottolineare la
grande esultanza di tutti i cattolici del regno britannico per la
promulgazione di leggi in loro favore (51).
5.
La questione dei matrimoni misti
Nella
prima metà dell’Ottocento nella Prussia orientale si trascinava
da anni una questione circa i matrimoni misti fra cattolici e
protestanti. Guglielmo III di Prussia (52) nel novembre del 1803,
aveva emesso un’ordinanza, valida per le province dell’Elba,
con la quale stabiliva
che i figli nati da matrimoni misti erano obbligati a seguire la
religione paterna.
Nel
1815 con il Congresso di Vienna la Renania e la Westfalia,
popolazioni di religione cattolica, passarono al governo prussiano
che era paladino del protestantesimo. Guglielmo III ricoprì tutte
la cariche istituzionali di Renania e Westfalia con persone che
non avevano niente a che vedere con la religione e le usanze di
quelle popolazioni, così si moltiplicarono i matrimoni misti.
Il
re di Prussia con un’ordinanza del 1825 stabiliva che nelle due
nuove province il diritto matrimoniale fosse regolato dal decreto
del 1803, cioè che i figli nati da matrimoni misti dovessero
seguire la religione del padre.
I
parroci e i vescovi però si ribellarono, rifiutandosi di
celebrare i matrimoni misti secondo tale decreto; pertanto molti
furono processati e condannati alla prigionia per non aver
ottemperato alle indicazioni dell’ordinanza del 1825. Nel 1828,
con il permesso del re, i vescovi si rivolsero alla Santa Sede per
avere indicazioni sul comportamento da tenere in tale frangente.
Leone
XII non poté occuparsi di questa spinosa questione perché venne
a mancare e toccò dunque a Pio VIII intervenire. Il 25 marzo 1830
il Pontefice emanò il Breve Litteris altero abhinc anno
con cui evidenziava il fatto che la Chiesa disapprovasse unioni
miste e sollecitava il clero ad impegnarsi fortemente a dissuadere
i fedeli da simili matrimoni. Inoltre nel Breve si
esortavano i sacerdoti a espletare il rito a condizione che gli
sposi garantissero l’educazione cattolica della prole. In caso
di rifiuto, il pontefice consigliava ai sacerdoti di partecipare
passivamente a queste unioni, a redigere l’atto nel registro dei
matrimoni, ma a negare la benedizione liturgica ed ogni altra
cerimonia:
Chi
conosca, ad esempio, la rigidità delle posizioni dottrinarie di
Roma nei confronti dei paesi protestanti non può che restare
meravigliato di fronte alla duttilità ed alla flessibilità con
cui Pio VIII si sforzò di risolvere la delicata questione dei
matrimoni misti in Germania, sconsigliandone la celebrazione con
il breve del 25 marzo 1830 ma arrivando poi a considerare valide
anche le unioni contratte fuori del rito tridentino e senza che
fosse stata preventivamente garantita l’educazione cattolica
della prole (53).
Al
Breve seguì, due giorni dopo, un’Istruzione esplicativa
del Segretario di Stato, cardinale Albani, in cui si chiedeva ai
vescovi tedeschi di invalidare i matrimoni contratti prima, di
istruire la parte cattolica del popolo sulle leggi canoniche e di
esigere un testo scritto in cui veniva espresso il proprio
pentimento.
Il
governo prussiano però non comunicò il Breve e
l’Istruzione all’episcopato e anzi tornò ad insistere presso
la S. Sede per ottenere l’accoglimento delle richieste negate
dal Papa, ma egli mantenne con forza la sua posizione
intransigente nella questione dell’educazione cattolica dei
figli.
6.
La Prammatica ecclesiastica di Francoforte
Nel
1830 dal governo di Francoforte venne pubblicata la Prammatica
ecclesiastica che in 39 articoli disciplinava l’esercizio del
diritto costituzionale di protezione e controllo sulla Chiesa
cattolica da parte dello Stato: l’ordinanza violava gravemente i
diritti dei cattolici. Il governo, infatti, si riservava la nomina
dei vescovi e dei vicari e sottometteva alla propria approvazione
le Bolle e i Brevi del papa.
I
vescovi interessati non si opposero ed accettarono questo atto in
silenzio; Pio VIII, quando venne a conoscenza di questi
accadimenti, protestò subito con gli stati promotori della
Prammatica, ma ricevette risposte insoddisfacenti; così il 30
giugno scrisse una lettera apostolica all’arcivescovo di
Friburgo e ai vescovi di Magonza, Rottemburg, Limburgo e Fulda
nella quale elevava la sua protesta contro il governo tedesco e
biasimava coloro che non si erano ribellati.
Questa
lettera però non ottenne l’effetto auspicato, tanto che i
vescovi continuarono ad evitare reazioni impopolari per non
comprometterei rapporti che si erano creati con il governo (54).
7.
La Francia nel 1830
Il
clima politico in Francia era sempre più difficile, si
diffondevano sempre più quotidiani che fomentavano
l’opposizione; Carlo X decise in giugno la conquista di Algeri,
nell’Africa settentrionale, per cercare con il successo
imperialistico di ottenere consensi nella politica interna.
La
conquista di Algeri però non fermò gli spiriti rivoluzionari. Il
parlamento e il popolo non volevano più sottostare al regno di
Carlo X, rifiutandosi anche di pagare le imposte. Il re per tutta
risposta abolì la libertà di stampa, sciolse il parlamento e
pubblicò una nuova legge elettorale.
I
rivoluzionari allora insorsero nelle sanguinose giornate del 27,
28 e 29 luglio 1830 che portarono alla caduta di Carlo X (55) che,
detronizzato, andò in esilio in Inghilterra con la sua famiglia.
Al
suo posto salì al trono Luigi Filippo Borbone d’Orleans (56)
che richiese, appena insediato, all’arcivescovo di Parigi mons.
De Quelen (57) e agli altri vescovi il giuramento di fedeltà alla
corona francese.
L’arcivescovo
non giurò e rimandò la decisione al Santo padre. Pio VIII, dopo
aver esaminato a fondo la questione, indirizzò il 29 settembre
all’arcivescovo De Quelen una lettera con la quale riconobbe il
nuovo governo:
Ma
nel tempo stesso fu di grande sollievo al nostro rammarico
quell’ammirabile zelo per difendere la religione ed osservare la
disciplina, di cui abbiamo veduto animato tutto il clero di
Francia e quella saggia risoluzione colla quale voi e parecchi
altri vescovi vi siete affrettati di ricorrere alla santa Sede,
secondo l’antico costume, su alcuni gravi dubbi, che si sono
promossi, e chiederne il suo parere. Né fu per noi minore motivo
di gioia il trovare, in alcune di quelle lettere,
l’assicurazione che il nostro carissimo figliuolo in Gesù
Cristo, il nuovo re Luigi-Filippo, è animato dai migliori
sentimenti a riguardo dei vescovi e di tutto il clero, e che pone
tutte le sue cure nel mantenere la tranquillità….Ecco,
venerabile fratello, ciò che abbiamo creduto dover rispondere
alle domande, che abbiamo ricevuto
(58).
Il
Pontefice dunque riconobbe la legittimità del nuovo re (59)
autorizzando anche i vescovi di Francia a prestare il giuramento
di fedeltà a Luigi Filippo I.
Con
questo atto il papa liberava la Chiesa da ogni legame con il
legittimismo che sosteneva l’antica monarchia rappresentata
dall’alta società e da quasi tutto il clero, avviandola
all’indipendenza dai regimi politici: solo rispettando ma
mantenendo la distanza dalle questioni politiche la Chiesa avrebbe
potuto dedicarsi alle sue attività pastorali.
Nel
marzo 1830, l’arcivescovo di Parigi mons. De Quélen, fece
traslare il corpo di S. Vincenzo de’ Paoli (60) dalla Casa
Ospitaliera delle Orfane nella Rue du Vieux Colombier
all’arcivescovado. Lì avvenne la ricognizione del corpo per
provarne l’autenticità, poi la salma fu esposta al pubblico per
tredici giorni.
Il
23 aprile il sarcofago venne benedetto, il giorno dopo iniziarono
i festeggiamenti. Questi avvenimenti erano molto significativi per
la chiesa e per Pio VIII:
Le
celebrazioni, preparate da tempo ed annunciate da tutte le campane
della città, si protrassero per dieci giorni alla presenza del
nunzio Lambruschini e di altri delegati romani, delle massime
gerarchie ecclesiastiche, della corte e di un vasto popolo. Le
celebrazioni ebbero un’eco profonda non solo in Francia ma in
tutto il mondo cattolico: segnavano il consolidato patto tra la
chiesa intransigente dell’arcivescovo De Quélen e la monarchia
di Carlo X in profonda crisi; ricompattavano il sentimento
nazionale sotto le bandiere della Chiesa e del Re, unite nelle
pratiche devote e nella politica coloniale, avviata in armi con la
spedizione di Algeri (febbraio-luglio 1830)
(61).
8.
L’indipendenza del Belgio
Al
Congresso di Vienna era stato intanto costituito il regno dei
Paesi Bassi che riuniva in un unico complesso statale la
Repubblica d’Olanda, il Belgio, i vescovadi di Liegi,
Philippeville e Marienburg, la cui guida era stata affidata a
Guglielmo I d’Olanda (62).
Egli,
di religione protestante, voleva unire i popoli olandesi
protestanti e i belgi cattolici ma in realtà numerose divergenze
rendevano improbabile questa unione; inoltre i cattolici, anche se
civilmente avevano gli stessi diritti dei protestanti, erano
spesso oggetto di umiliazioni ed oppressioni.
Nel
1825 Guglielmo I, con l’intento di assicurare alla Chiesa dei
Paesi Bassi la maggiore indipendenza da Roma, con decreto del 14
giugno aveva rimesso i seminari vescovili all’autorità ed alla
sorveglianza dello Stato.
Con
un altro decreto s’imponeva il giuramento alla Costituzione.
Inoltre vennero confiscati i beni ecclesiastici, chiusi gli
istituti religiosi di educazione; al loro posto aperto un Collegio
Filosofico unico in tutto il regno i cui corsi dovevano essere
frequentati da tutti gli studenti, compresi i seminaristi. Questo
stato di cose aveva suscitato nel clero numerose proteste che
rimasero inascoltate da parte di Guglielmo I. Finalmente il 18
giugno 1827 si raggiunse un accordo che prevedeva per il clero,
fra l’altro, la frequenza facoltativa del Collegio Filosofico,
in cambio di un giuramento di fedeltà. Tuttavia la Chiesa era
ancora diffidente e non voleva ammettere agli ordini sacri gli
allievi del Collegio; Pio VIII inviò un Breve nel 1829
all’arcivescovo di Mechelen-Bruxel Méan (63) invitandolo ad
usare maggiore dolcezza e tolleranza nell’affrontare la
questione. I provvedimenti di Guglielmo I avevano però ormai
esasperato la popolazione cattolica del Belgio che si mostrava
insofferente a tal punto che il re nel 1829 per risposta limitò
la libertà di stampa. Il re impose la lingua olandese in tutto il
regno, intraprese una politica economica e finanziaria che
favoriva apertamente i protestanti e dispose la chiusura del
Collegio Filosofico.
I
liberali, che fino ad allora avevano appoggiato il re contro i
cattolici, lo abbandonarono e si allearono con i cattolici nel
1830, nonostante la diversa e contrastante concezione religiosa.
Il
15 agosto 1830 da Bruxelles fu dato il segnale dell’insurrezione
a cui rispose il popolo da tutte le province belghe; fu proclamata
l’indipendenza del Belgio con la quale si scissero
definitivamente i destini di questo paese e dell’Olanda.
Il
Pontefice riconobbe come legittimo il nuovo stato indipendente del
Belgio.
9.
Gli Stati Uniti e il Nord America
Negli
Stati Uniti d’America dopo la definitiva separazione
dall’Inghilterra del 1789, il cattolicesimo aveva avuto un
discreto incremento grazie alla nuova Costituzione che non poneva
alcun impedimento al libero esercizio della religione.
Sorsero
così numerose diocesi ( la prima fu Baltimora ) a cui seguirono
quelle di New York, di Filadelfia, di Bardstone; tra il 1816 e il
1830 la mappa ecclesiastica si arricchì di altre quattro diocesi:
Charleston e Richmond nell’est, Cincinnati nell’ovest, Mobile
nel sud:
Durante
il suo breve pontificato, Pio VIII ebbe parecchie occasioni di
contatto con le vicende nordamericane. Il 15 maggio 1829 firmò le
bolle di nomina per Michel Portier (1795-1859), vescovo della
nuova diocesi di Mobile, la cui giurisdizione si estendeva anche
all’Alabama e alle due Floride. Il 10 luglio 1829 egli fece lo
stesso con Michael Anthony Fleming (c.1792-1850), nominato vescovo
di Carpasia e coadiutore del vicario apostolico di Terranova,
Scallan. L’11 agosto 1829 Pio VIII creò ufficialmente il nuovo
vescovato di Charlottetown che comprendeva Prince Edward Island,
il New Brunswik e le Iles-de-la-Madeleine, e nominò MacEachern
suo ordinario. Meno di un mese più tardi, egli separò Cape
Breton Island dalla arcidiocesi di Quebec e la trasferì al
vicariato apostolico della Nova Scotia
(64).
Pio
VIII concesse nel 1829 all’arcivescovo James Whitfield (65) il
permesso di tenere a Baltimora il primo Concilio provinciale nel
quale si trattarono vari argomenti sulla disciplina del clero, sui
diritti dei vescovi, sul rito romano e sull’amministrazione dei
sacramenti. Gli atti del Concilio furono tutti approvati dal
pontefice il 30 settembre 1830.
10.
L’emancipazione degli armeni cattolici
Per
molti anni gli armeni, nell’impero turco, erano stati vittime di
lotte politiche e religiose, non potendo così esercitare
in pubblico il loro culto, sottomessi al patriarca Giovanni
Amadans che aveva persino tentato di distruggere il nome di
cristiano (66).
A
lui successe il Sultano Mahumud II, più tollerante, sotto il
quale i cattolici ed il clero ebbero una certa libertà; nel 1828
però le persecuzioni ripresero e furono molto sanguinarie. Pio
VIII protestò energicamente e chiese l’appoggio delle potenze
cattoliche; inoltre scrisse al Sultano chiedendo giustizia e
libertà per i perseguitati.
Così
il Sultano Mahumud II emanò un decreto col quale riconosceva
l’innocenza dei cattolici e li reintegrava nei loro diritti di
cittadini, accordando loro la libertà di professare apertamente
la religione cattolica.
Il
Pontefice elevò, nel luglio 1830, Costantinopoli a sede
arcivescovile di rito armeno e vi inviò Antonio Nurigian.
11.
Le repubbliche dell’America centro-meridionale
Dal
1810 al 1825 sorsero nell’America centro-meridionale,
tradizionale possesso spagnolo e portoghese, alcune repubbliche ad
opera del movimento rivoluzionario capeggiato da SimÓn Bolivar (67) Sia papa Pio VII che Leone
XII si erano dichiarati favorevoli alla conservazione dei diritti
della corona spagnola; ma, preso atto della nuova situazione,
Leone XII aveva allacciato rapporti con le nuove repubbliche per
provvedere alle sedi vescovili vacanti.
Pio
VIII si trovò a gestire questo delicato momento di
riorganizzazione della Chiesa sudamericana: decise di nominare dei
vicari apostolici con poteri episcopali, così a Buenos-Aires
nominò vicario apostolico e vescovo Mariano Medrano (68) e a
Cordoba Benito Lazcano.
In
Brasile, Pietro II aveva mostrato simpatia verso la Santa Sede ma
pretendeva di interferire negli affari ecclesiastici riguardo la
nomina di alcuni titolari di sedi vescovili. Il pontefice inviò
il 30 settembre 1830 l’arcivescovo Ostini (69), costituendo così
la prima nunziatura d’America: essa rappresentò anche una sorta
di delegazione apostolica per tutte le repubbliche americane.
Ostini
aveva il compito delicato di stabilire, se possibile, contatti
diplomatici con le altre repubbliche per salvaguardare ed
incrementare gli interessi cattolici.
In
Messico si insisteva intanto per avere dei vescovi residenziali,
per questo motivo era stato inviato a Roma il
vescovo Paolo Vazquez; Pio VIII però ordinò il 19 ottobre
di spedire la nomina di vicari apostolici in partibus. Vazquez non
accettò tali nomine e anzi rispose con un ultimatum per un
cambiamento fino al 15 dicembre di quell’anno.
La
morte, avvenuta il 30 novembre, aveva sollevato il Papa da questa
complessa questione.
Nell’America
centrale l’azione di Pio VIII si diresse alla repubblica di San
Salvador, il cui governo aveva costituito la sede vescovile e
nominato vescovo José Matìas Delgado che espletava
arbitrariamente il suo potere. Il Pontefice, con una lettera
datata 7 luglio 1829, annullò l’elezione della sede vescovile e
scomunicò Delgada (70).
Un
altro problema affrontato dal Papa nel breve periodo del suo
pontificato fu quello delle Missioni: le Indie avevano assistito
all’espulsione dei Gesuiti (71) in Cina tutti i missionari
stranieri erano stati espulsi.
Pio
VIII decise di intervenire con uno scritto del settembre 1829 nel
quale raccomandava ai fedeli di tutto il mondo l’Opera di Propaganda
Fide (72) che era stata fondata in Francia nel 1822.
L’Opera
grazie alla sensibilità del mondo cattolico poté distribuire
alle varie missioni la somma di 300 mila franchi; inoltre gli
Ordini religiosi, specie dei Gesuiti e dei Lazzaristi (73)
inviarono numerosi membri ad evangelizzare i paesi di missione.
12.
Le condanne al sansimonismo e al giansenismo
Il
sansimonismo è stato un movimento socialista francese della prima
metà del XIX secolo che prendeva il nome dal suo ideatore il
conte Henri de Saint Simon (74) Secondo questo
movimento la società doveva essere gestita da scienziati
ed industriali che, grazie alle scoperte scientifiche, avrebbero
dato vita ad una società che garantisse migliori condizioni di
vita ai proletari. Il sansimonismo professava la fede
indiscriminata nel progresso e nella scienza in una visione
mistica del cammino dei popoli verso il cosmopolitismo,
dichiarando guerra alla religione cattolica. Questo movimento si
diffuse soprattutto attraverso giornali quali Le Globe e le Crédit:
Pio VIII richiamò su tali errori l’attenzione dei
vescovi e del clero, ma il governo non prese nessuna disposizione
per impedire la diffusione di tali errori che dovevano, un giorno
non lontano, condurre la Francia a nuovi eccessi, a nuovo
spargimento di sangue fraterno (75).
In
campo religioso dominò invece dal 1600 e per tutto il 1700 la
dottrina del giansenismo che prendeva il nome da Cornelio
Giansenio (1586-1638) che nella sua opera Augustinus, pubblicata
postuma, aveva ripreso il motivo agostiniano della grazia divina.
Secondo
Giansenio la corruzione derivava dal peccato originale quindi
l’uomo era libero di scegliere solo il male; egli poteva
pertanto essere salvato per intercessione gratuita di Dio.
La
questione del giansenismo provocò forti contrasti nella Chiesa di
Roma, nati in principio da una polemica teologica sulle dottrine
della grazia, del libero arbitrio e della predestinazione.
Con
questo movimento nacque un idealismo puritano che metteva in primo
piano il concetto di peccato e rifiutando gli assunti della
religione naturale. Il giansenismo ebbe l’appoggio di un gruppo
di teologi parigini riuniti nel convento di Port-Royal (76); alla
distruzione di questo nel 1710, il movimento si diffuse in Europa
ed in particolare in Italia, così si alimentò l’avversione
contro i gesuiti ed il papato.
Nel
1786 si tenne un sinodo a Pistoia, le cui decisioni furono
condannate da Pio VII nel 1794 e Scipione de’ Ricci, la più
grande figura nella storia del movimento giansenista, dovette fare
atto di sottomissione al papato nel 1805.
Pio
VIII fu avverso a questa dottrina già dal periodo in cui era
cardinale; da Pontefice, quindi, si batté per il primato di Roma
e contro le sette, come si evince chiaramente dalla sua prima
enciclica (77) nella quale condanna le dottrine menzognere che
attaccano la fede cattolica. Il Pontefice accusa questi uomini di
avere dichiarato guerra alla religione cattolica attraverso una
falsa filosofia.
13.
Aspetti sociali del pontificato di Pio VIII
Pio
VIII fu molto attento anche alla vita quotidiana ed alla
condizione sociale di tutti i fedeli.
Tra
i provvedimenti adottati dal Pontefice a favore dei più bisognosi
si ricordano: la pubblicazione della nuova tariffa d’imposta
doganale, l’emanazione di leggi per diminuire le imposte,
l’abolizione dell’amministrazione unica degli ospedali romani,
l’apertura di stabilimenti per la produzione dei generi
nazionali di maggior consumo.
Con
un motu proprio del 18 luglio 1830 pubblicò inoltre un
nuovo regolamento per l’amministrazione delle poste pontificie;
proibì, a vantaggio dei più poveri, l’esportazione del grano
fuori dello Stato Pontificio, soppresse la congregazione di
vigilanza sugli impiegati e lo spionaggio negli uffici
governativi, prorogò un editto di Leone XII che proibiva ai
padroni di casa di sfrattare i locatari (78).
Pio
VIII ricostituì inoltre il Tribunale Commerciale di appello di
Ancona.
Gli
interventi edilizi riguardarono invece la sistemazione della
principale rete viaria marchigiana di collegamento tra lo Stato
Pontificio ed il Granducato di Toscana con la messa a punto di un
programma di manutenzione e sicurezza conforme a quello di Leone
XII:
Nel
1829 fu infatti sistemata quell’importante
arteria viaria lungo la direttrice Urbania-San Sepolcro,
rafforzata dalla costruzione di un nuovo ponte sul Metauro, oltre
il guado di S. Giovanni in Petra. Anche la viabilità Settempedana
fu migliorata con la costruzione del ponte delle Tavole così come
lungo la provinciale per Arcevia, altro tratto della Gola Rossa
nel Fabrianese interessato dal brigantaggio
(79).
Del
restauro della via Settempedana Castiglioni se ne era già
interessato quando era stato preposto del Capitolo della
Cattedrale di Cingoli, com’è testimoniato nel suo diario Chronicon
Cingulanum anni Christi del 1796, diario in cui aveva annotato
con precisione gli avvenimenti più significativi della città in
quell’anno. Nel diario ricorda di una riunione del consiglio dei
maggiorenti della città che si era svolta per definire il
rifacimento della strada che conduceva a S. Severino.
La
strada era molto utile per gli itinerari delle merci, sia per il
rifornimento locale che verso la fiera di Senigallia.
Da
questa riunione emerse la possibilità di ripristinare la via
romana con un prolungamento selciato verso Staffolo e Jesi:
[…]
è incaricato del progetto il magister viarum Cionni di Aquila.
Il vescovo promette la sua intercessione per l’approvazione del
progetto presso la corte di Roma; e all’esecuzione di questo
lavoro lo stesso Castiglioni, da cardinale, darà un decisivo
impulso fino alla conclusione dell’opera (80).
Fin
dai primi giorni del suo pontificato Pio VIII si dimostrò inoltre
molto generoso: fece preziosi doni alle diocesi di Frascati,
Ascoli Piceno, Cesena, Montalto, Anagni, Loreto e Cingoli.
Il
Pontefice nutriva ovviamente un affetto particolare per Cingoli,
tanto che a questa città donò un insieme di arredi e vasi sacri,
legati alla chiesa di S. Esuperanzio e al Capitolo della
Cattedrale, dove egli era stato battezzato.
Nel maggio 1830 la città ricevette dal Papa una Rosa d’Oro,
rami di rose realizzati in metallo prezioso, la cui parte centrale
è rappresentata da una rosa più alta con al centro una piccola
teca con il S. Crisma. Oltre a questo preziosissimo oggetto, Pio
VIII donò alla sua città natale sei candelieri in bronzo dorato
fuso chiamati I metalli di Corinto, una croce in bronzo
dorato, due gioielli, un anello in oro con un vistoso rubino
circondato da una corona di venti brillanti ed una croce pettorale
d’oro con catena d’oro, per impreziosire le reliquie di S.
Esuperanzio, un calice in argento dorato.
Tra
i doni del pontefice alla città di Cingoli ricordiamo infine dei
paramenti liturgici, fra cui due zucchetti, un camice ornato di
merletti a fuselli, la veste talare con mantellina in damasco
bianco e un paio di guanti, che rivestono un particolare interesse
storico perché sono alcuni dei pochi reperti conosciuti del
patrimonio tessile ecclesiastico del XIX secolo.
Nel
1816 Pio VII aveva proclamato beato Alfonso de’ Liguori (81); il
3 dicembre 1829 Pio VIII celebrò l’approvazione dei due
miracoli proposti per la sua canonizzazione nella chiesa del Gesù.
Nell’aprile successivo si riuniva la Congregazione dei Riti per
ammettere la canonizzazione che, annunciata dal Papa, veniva
ratificata solennemente da Gregorio XVI (82) nel 1839.
CAPITOLO
IV: GLI INTERESSI CULTURALI DI FRANCESCO SAVERIO CASTIGLIONI
1. La biblioteca Castiglioni
Il
conte jesino Ranieri Simonetti tra il 1857 e il 1859 si occupò
della redazione dell’inventario della biblioteca della famiglia
Castiglioni, realizzando un manoscritto di cinque volumi
conservato nella biblioteca comunale Mozzi-Borgetti di Macerata,
catalogato in cinque stanze: Camera A-Storia, Camera B-Filosofia,
Camera C-Teologia, Camera D-Letteratura, Camera E-Giurisprudenza.
La
biblioteca si era formata nel corso del Settecento, fu poi curata
dai nipoti del Pontefice ed arricchita fino agli inizi del
Novecento dal marchese Filippo.
Gli
eredi della famiglia infatti nel 1925 hanno provveduto alla
vendita della biblioteca, che è uno dei fondi librari di maggior
pregio della biblioteca comunale di Macerata. Secondo
l’inventario del conte Simonetti erano presenti in essa 17.522
volumi, dei quali circa 10.000 doppi, distribuiti in cinque
stanze: ogni stanza era riservata ad una specifica disciplina
seguendo la tradizionale suddivisione in storia, filosofia,
teologia, letteratura e giurisprudenza.
Questa
varietà di discipline testimonia interessi culturali
plurisettoriali; i testi sono in italiano, latino e francese.
Nella biblioteca si rintracciano gli autori più significativi
della cultura dell’Illuminismo, come Montequieu (83), Rousseau
(84), Voltaire (85), Condorcet (86), Mably (87) e molti altri.
Come
sostenuto da Donatella Fioretti:
Se
è lecito avanzare ipotesi da suffragare con puntuali ricerche,
sembra di poter dire che nel caso dei Castiglioni la conoscenza
del pensiero dei Lumi non incrini affatto l’universo di valori e
la visione del mondo e dei rapporti sociali consegnati dalla
tradizione. L’ampiezza di orizzonti culturali suggerita
dall’esame della raccolta libraria risponde, a nostro avviso,
alle esigenze di aggiornamento e compiutezza dell’uomo colto,
che vuol essere al corrente di tutto e arricchisce via via la
biblioteca con quanto di nuovo si viene pubblicando e con le
preziose edizioni reperibili sul mercato, mosso, oltre che
dall’amore per il sapere, dal gusto per i pezzi da collezione,
siano libri, monete o medaglie
(88).
Nel
1795 Francesco Saverio Castiglioni aveva fatto ritorno a Cingoli
in qualità di preposto del capitolo della cattedrale; si dedicò
alle memorie storiche della sua città e scrisse dei saggi sul
Monte frumentario e sul Monte di pietà, le biografie su padre
Nicolò, su beato Angelo da Cingoli e del servo di Dio Alessandro
Ilarioni.
Con
queste sue ricerche egli dimostrò la sua passione per la ricerca
sui religiosi locali, egli stesso confidò all’amico Filippo
Raffaelli di essersi riproposto di raccogliere nel tempo tutti i
personaggi religiosi locali con l’intento di lasciare ai
posteri una memoria da ecclesiastico (89).
L’interesse
bibliografico della biblioteca Castiglioni sta nel legame
intrinseco con il personaggio più eminente di questa famiglia e
nella sua natura di biblioteca nobiliare sette-ottocentesca
conservata organicamente.
Sugli
scaffali della biblioteca è evidente l’impronta del Papa per la
presenza di molte legature alle armi del pontefice e di alcune
edizioni personalizzate; vi si rintracciano anche numerose opere
dedicate al Castiglioni (90).
Tra
gli studi antiquari di Francesco Saverio, oltre a numerosi testi
di numismatica, vi è anche una silloge compilata da lui di
un’opera sulle iscrizioni della basilica vaticana; pochi sono
invece i testi di studio del giovane Castiglioni, fra questi
ricordiamo i due fascicoli di lezioni di teologia, degli anni
1782-83, del professore Emanuele de Yturriaga, al collegio di
Montalto.
Divenuto
pontefice Francesco Saverio non tralasciò la sua passione per la
letteratura, per l’arte e per l’architettura in particolare,
infatti proseguì la riedificazione della basilica di S. Paolo a
Roma e seguì personalmente i lavori; abbellì il palazzo di
Castel Gandolfo, residenza estiva dei papi. Inoltre insignì del
titolo di pontificia l’Accademia di Archeologia e ristabilì nel
1829 l’Accademia delle scienze di Bologna che era stata
soppressa da Napoleone.
Pio
VIII dimostrò di gradire in particolare gli artisti che lo
avevano ritratto: al pittore Camuccini (91) accordò il titolo di
barone, allo scultore De Fabris (92) donò due medaglie d’oro
con lo stemma pontificio e al pittore Cavalleri concesse la
decorazione dell’Ordine dello sperone d’oro.
Proprio
il Camuccini ritrasse la figura intera del Papa, il grande dipinto
si trova oggi presso il palazzo cingolano dei Castiglioni ed è
l’unico della quadriera di famiglia a ritrarre il Pontefice in
tutta la sua imponenza.
2.
La passione per la numismatica
Il
Conte Carlo Castiglioni, padre di papa Pio VIII, fu un grande
cultore di numismatica; dei suoi numerosi figli anche Filippo e
Francesco Saverio ereditarono questa passione. Quest’ultimo, fin
da quando studiava giurisprudenza al collegio Montalto di Bologna, aveva chiesto il permesso a suo padre di
dedicarsi a questo studio. Successivamente ad Anagni, Fano e
Montalto, in esilio, e poi a Cesena, come anche a Roma Francesco
Saverio aveva continuato ad interessarsi di medaglie e di monete
antiche; in questo modo era riuscito a realizzare una ricca e
preziosa raccolta.
Medaglie
e monete rappresentavano per lui un vero argomento di studio, e
per questo si era procurato le opere più importanti in questa
materia e intratteneva rapporti con gli esperti del settore.
La
frequenza e l’amicizia con artisti, studiosi ed altre persone
come lui appassionate di numismatica favorirono questo studio e
contribuirono ad arricchire la collezione dei Castiglioni.
A
partire dal 1785 l’ambiente romano contribuì al perfezionamento
delle prime nozioni ricevute; fu amico del noto Gaetano Marini che
lo presentò a Guido Antonio Zanetti, personaggio importante della
numismatica italiana, di cui il Castiglioni divenne allievo (93).
La
passione di Francesco Saverio per la numismatica è testimoniata
dall’esistenza di alcune lettere autografe scritte fra il 1803 e
il 1821; nel luglio 1803 egli era vescovo di Montalto, scrisse al
prete dell’oratorio di Fano, Pier Alessandro Alberghi riguardo
l’esistenza e l’autenticità di alcune monete fanesi:
Evvi
bensì l’amore per la Scienza Numaria ma moderna. Chi gli ha
riferito della Medaglia di Augusto colla porta di Fano si
è ingannato di grosso. Io ebbi costà il Medaglione di Paolo V col
rovescio Portus Burghesius, o sia col canale. Delle medaglie
antiche fanesi non si hanno, solo nel Froelich si riporta ne’
Nummi di Città = ANA., ma non esprime né il dritto né il
rovescio, e del suo vi aggiunge = Fanum, vel Fana, Italiae incerto
situ. Forte Fanum Fortunae dein Colonia = Da lui, cioè
dall’Opera Not. Elem. Pag. 84 l’ha ricavata anche il nostro
buon Zaccaria Ist.Numism. nell’Indice delle Medaglie di Città e
Popoli. I Critici poi ci arricciano il naso. Ciò che mi dice del
Fano a S. Maria a Mare mi fa sorpresa. Come non è più a S.
Agostino, e quelli belli avanzi, e la Basilica prope Fanum? Ma
Ella ha criterio, e non asserisce in vano, onde l’appetito è
convulso, e irritato
(94).
Nel
1816 Francesco Saverio divenne cardinale vescovo di Cesena, in
quel periodo si avvicinò all’ambiente culturale locale, in
particolare a Bologna che era un centro vivo anche per gli studi
numismatici.
A
testimoniare ciò sono dei frammenti di alcune lettere autografe
che il vescovo scrisse a Girolamo Bianconi (95), direttore del
museo di Bologna, fra il dicembre 1818 e l’agosto 1821. Da
questi frammenti si evincono notizie sulla sua attitudine per gli
studi delle monete e delle medaglie, come ad esempio il desiderio
di entrare in possesso di testi aggiornati per poter progredire in
questa disciplina (96).
Dalla
corrispondenza con il Bianconi il Castiglioni sperava
anche di poter entrare in possesso, previo acquisto, delle
opere dell’abate Sestini (97); così nel 1819 poté avere i
primi due tomi:
Signor
Girolamo stimatissimo, ho avuto con molto piacere i due tomi del
signor Sestini e sono in debito de’ loro prezzo sempre a
disposizione sua, e ammiro sempre più la sorte e la perizia di
quell’insigne e rarissimo Uomo, che ha saputo eclissare il
tedesco Ekel, la di cui gloria numismatica parea giunta al sommo
grado. Mi consola di sentire che della medaglia di Selinunte
serbata dal signor Marchese Angelelli il di cui giudizio sia stato
simile al suo, e che anche Bologna possa dargli de’ spicilegj.
Sento lo stato dell’affare de Gesuiti. E’ in ottime mani, e la
prudenza del padre Provinciale è ben commendabile. Il Santo padre
è bene inclinato e se vi è contrasto è un buon segnale, mentre
le buone opere, e particolarmente questa è del massimo interesse
dell’errore, che ne siavi. Se capita qualche medaglia d’Uomini
illustri del XV, e XVI secolo italiani mi ajuti per ottenerla, e
con parzialissima stima mi confermo. Di lei Signor Girolamo
stimatissimo affezionatissimo di cuore
(98).
L’appellativo
di “numismatico” che Giuseppe Castellani diede nel 1929 a Pio
VIII è dovuto al fatto che egli cercò di migliorare l’aspetto
delle monete e incoraggiò lo studio delle medaglie. Infatti sotto
il suo pontificato egli volle variare i rovesci, facendo porre su
quello del testone i Santi Esuperanzio e Sperandia, protettori di
Cingoli, e su quello dello scudo, i Santi Pietro e Paolo.
Cessarono
così le raffigurazioni, in uso fino al tempo di Pio
VI, dell’auxilium de sancto e si iniziarono dei
nuovi tipi frutto del perfezionamento dei mezzi tecnici e
meccanici di lavorazione delle monete che ridiedero alla
monetizzazione pontificia il lustro che aveva gradualmente perduto
nel tempo (99).
Il
numero di medaglie e monete della collezione Castiglioni secondo
la stima effettuata dal Castellani è complessivamente di 15.318
pezzi: sotto il pontificato di Pio VIII vennero coniate 29
medaglie e placchette; oltre ai metalli usuali si utilizzarono
anche piombo ed ottone.
CAPITOLO
V: PIO VIII NELLA
LETTERATURA
1.
Il Pontefice e l’Arcadia
L’Accademia
dell’Arcadia è un’accademia letteraria
fondata a Roma nel 1690 da Gian Vincenzo Gravina (100) e da
Giovanni Mario Crescimbeni (101)e da altri poeti appartenenti ad
un circolo culturale chiamato Reale Accademia perché formatosi
attorno alla regina Cristina di Svezia (102).
L’Accademia
è considerata non solamente come una semplice scuola di pensiero
ma come un vero e proprio movimento letterario che si sviluppa e
si divulga in tutta Italia in risposta a quello che era
considerato il cattivo gusto del Barocco.
L’Accademia
rappresentava il centro propulsore di un rinnovamento letterario
ma anche culturale, la poesia era veicolo rivelatore di verità
essenziali, seguendo i modelli letterari di Omero e Dante; i
creatori di questo movimento puntavano ad una reazione al
disordine barocco ripristinando il buon gusto, per raggiungere di
nuovo il buon gusto letterario.
Il
termine Arcadia fa riferimento alla tradizione dei pastori-poeti
della mitica regione della Grecia in Peloponneso; anche la sede,
una villa sulle pendici del Gianicolo a Roma, fu chiamata secondo
questa tendenza Bosco Parraiso (103).
I
suoi membri furono detti Pastori, fu scelto come
protettore Gesù bambino e ogni partecipante doveva
assumere, come pseudonimo, un nome di ispirazione pastorale greca;
per accedervi occorreva avere 24 anni, una reputazione
rispettabile ed essere oggettivamente riconosciuto un esperto in
qualche area del sapere. Fra gli esponenti ecclesiastici
dell’Arcadia vi era anche Pio VIII che venne consacrato arcade
nella solenne adunanza del 7 giugno 1829 con il nome di Eupèmene
Naupatteo, cioè pastore che apporta liete avventure
(104).
Il
Custode generale dell’Arcadia, l’abate Gabriele Laureani, nome
arcadico Filandro Geronteo, nella sua allocuzione scrisse:
E
oggi io, più fortunato di tutti i miei predecessori Custodi
Generali d’Arcadia, ho la bella e pregiabilissima ventura di
recarvi in mezzo l’adorabile Genio di Pio VIII non tra le selve,
o in umile abituro da pastori, ma fra la vaga luce e brillante del
più illustre colle romano già stato termine e meta gloriosa a’
trionfi de’ nostri maggiori…Sia dunque PIO VIII Pontefice
Massimo felicemente regnante la peculiare santità e riverenza
d’Arcadia; e noi rapiti dolcemente da amabile fantasia
c’immagineremo d’averlo allato, e rispettosamente
e amorevolmente chiamarlo spesso eupamène naupatteo, cioè
pastore che apporta liete avventure, possessore delle Campagne di
Lepanto, nome pur fausto per quella vittoria rinomatissima delle
arme cristiane, ottenuta specialmente dalle pietose preghiere di
San Pio V, e presagio di que’ molti e prosperi successi, che la
religione cattolica attende dal suo santo e prudente significato
(105).
Quindi
i poeti arcadi offrirono l’omaggio dei loro versi al nuovo
Pontefice: i componimenti furono complessivamente ventotto e fra
questi si ricordano: un carme latino in cui si celebra, fra
l’altro, la notificazione dell’assegnazione di soccorsi e
premi a vantaggio dell’agricoltura, un sonetto basato su una
nota metafora dantesca, un altro sonetto sul ritratto del
Pontefice, un’anacreontica (106) che esalta la figura del Papa,
un capitolo (107) sul lunghissimo conclave prima della nuova
elezione.
Furono
scritti ancora dai poeti arcadici: un sonetto di augurio di lunga
vita, un’elegia sulle qualità del nuovo Pontefice, un polimetro
(108) sulla Vergine Maria nella ricorrenza dell’Annunciazione.
Gaspare Servi, alias Filillo Telamonio, nel suo sonetto scriveva:
Il
ciel s’aperse, e a piè del tron di Dio
Videsi
un Iri, ed a traverso in oro
Scritto
splender parea l’OTTAVO PIO.
Dieresi
Pace e Giustizia un bacio arcano,
S’alzò
la palma, rinverdì l’alloro,
E
plause il Campidoglio e il Vaticano (109).
Giuseppe
Alborghetti, arcade con il nome di Carilo Imerio scrisse
per Pio VIII un’ode in cui narra le vicende del lungo conclave
per la sua elezione, poi porta esempi profani di personaggi che
avevano raggiunto il potere con la spada, infine gioca con la
retorica:
Ah
perdona, o Monarca del Tebro,
Se
plaudendo ai tuoi pregi sovrani,
Vesto
i carmi d’esempli profani,
Che
mal forse si addicono a Tè [sic];
Che
il valor, la virtù di que’ Grandi
Fu
macchiata de’ vizi alla prova:
In
Te macchia l’invidia non trova,
Di
Te degno il confronto non è.
[…]
Tu
di quelli più giusto, più saggio,
Della
Fede Tu Padre, Tu Guida,
La
lor fama dubbiosa ed infida
Tu
saprai generoso oscurar (110).
2.
Il Papa negli scritti di Giuseppe Gioacchino Belli
Nonostante
il breve pontificato, Pio VIII aveva suscitato l’attenzione di
un altro letterato, Giuseppe Gioacchino Belli (111). Anche lui era
stato battezzato in Arcadia nel 1818 con il nome
di Linarco Dirceo; nel sonetto datato 1 aprile 1829
dal titolo Pio Ottavo il Belli parla dell’aspetto fisico
del nuovo Papa, compromesso da vari disturbi e da lui così
descritto:
Che
ffior de Papa creeno! Accidenti!
Co
rispetto de lui pare er Cacamme.
Bella
galanteria da tate e mamme
Pe
ffà bobo a li fiji impertinenti!
Ha
un erpeto pe tutto, nun tiè denti,
E’
guercio, je strascineno le gamme,
Spènnola
da una parte, e buggiaramme
Si
arriva a ffà la pacchia a li parenti.
Guarda
lì che figura da vienicee
A
ffà da Crist’in terra! Cazzo matto
Imbottito
de carne de sarcicce!
Disse
bene la serva de l’orefice
Quanno
lo vedde in chiesa: “Uhm! cianno fatto
Un
gran brutto strucchione de Pontefice” (112).
Il
ritratto del Pontefice fatto dal Belli è frutto di una forte
coloritura espressionistica caratteristica di questo poeta, per
cui il suo aspetto è descritto in modo forse troppo
mostruoso.
Nel
sonetto L’upertura der Concrave del 2 febbraio 1831 il
Belli prende invece di mira non più la persona del Papa ma
l’incarico di cui è investito, potente strumento di potere
temporale:
Bbe’?
cche Ppapa averemo? E ccosa chiara:
O
ppiù o mmeno, la solita canzona.
Chi
vvòi che ssia? Quarc’antra faccia amara,
Compare
mio, Dio sce la manni bbona.
Comincerà
ccor fa aridà li peggni,
Cor
rivÔtà le carcere de ladri,
Cor
manovrà li soliti congeggni.
Eppoi,
doppo tre o cquattro sittimane,
Sur
fa de tutti l’antri Santi Padri,
Diventerà,
Ddio me perdoni, un cane (113).
Belli
citò di nuovo il papa Castiglioni in occasione della sua morte
avvenuta il 30 novembre 1830 nel sonetto intitolato Er mortorio
de Pio VIII. Secondo la tradizione la salma fu trasportata,
due giorni più tardi, dal Quirinale alla Cappella Sistina nel
Vaticano:
Jersera
er Papa morto c’è passato
Propri’
vanti, ar cantone de Pasquino.
Tritticanno
la testa sur cuscino,
Pareva
un angeletto appennicato. Venivano
le tromme còr sordino,
Poi
li tammuri a tammurro scordato;
Poi
le mule còr letto a bardacchino
E
le chiave e ‘r trerrengo der papato.
Preti,
frati, cannoni de strapazzo,
Palafregneri
co’ le torce accese,
Eppoi
ste guardie nobili der c….
Cominciòrno
a intoccà tutte le chiese,
Appena
uscito er morto da Palazzo.
Che
gran bella funzione a ‘sto paese! (114).
Un
altro richiamo al Pontefice si rintraccia nelle lettere in
romanesco del Belli. Anche in queste lettere egli si rivolta
contro la società contemporanea, la Roma del suo tempo,
disegnando un quadro della plebe romana miserabile calpestata da
un lato, e della corrotta società prelatizia e nobiliare
dall’altro:
Accidenti,
va’, si nun pregassi er Signore, ch’è tanto misericordioso,
de fatte sciojje er bellicolo a te. E che fa che nun caschi de
faccia avanti proprio mo? – Sentime Titta: san Giuanni nunvo’
tracagna; e tie’ all’ammente ste parole mia: nemmanco er sommo
pontefice Pio Ottavo co la stora e la
mitria; e er capitan Pifero co li su sguizzari co le
guainelle fatte a pisilonne; e er Cardinal Ruzzela cor
vicereggente, e li palafregneri, e li scopatori, e Bonsignor
Governatore cocquer negozio c’arifresca le chiappe, e tutti li
cristiani e l’aretichi
der monno cattolico me poderebbeno tienè che si te trovo p’er
vicoletto nun te mettessi un deto in bocca e un antro
ner persichino...(115).
3.
Nelle parole di Massimo D’Azeglio
Durante
gli ultimi anni della sua vita, trascorsi sul lago Maggiore, il
letterato e pittore D’Azeglio (116) si dedicò alla scrittura
delle sue memorie. Egli fu una altro testimone oculare
dell’aspetto fisico del Pontefice, e così lo descrisse:
In
marzo fu esaltato il cardinal Castiglioni, che si nominò Pio
ottavo. Mi trovai vicino a lui quando lo portavano su per le
scalere di San Pietro in sedia gestatoria, coi flabelli e tutte
quelle pompe
bizantine che alla gente spassionata sembrano fare a pugni col
servus servo rum…(come lo tratterebbero se fosse padrone?). Il
nuovo Papa, grasso grasso, colle gote cascanti, ringraziava il
popolo plaudente, piangendo, suppongo, di consolazione; ma, alle
boccacce, pareva il pianto di un bambino messo in penitenza.
Pensai: « Non sei muso tu a drizzar le gambe a questo paese! Ci
vuol altro che pianti! » E difatti ebbe un regno corto, insulso,
e non lasciò traccia
(117).
4.
Nelle Passeggiate romane di Stendhal
Lo
scrittore Stendhal (118) realizzò un affresco della società
romana agli inizi dell’Ottocento ed una guida alla Roma
monumentale nel testo intitolato Passeggiate romane. Egli
descrisse gli usi e i costumi di popolani e nobili, governi
assoluti, polizie segrete e la storia di papi; sul conclave per
l’elezione di Pio VIII scrisse:
31
marzo 1829. Pioveva a torrenti, una vera e pioggia tropicale,
quando questa mattina un parrucchiere al quale avevamo promesso una mancia è
arrivato ansante e completamente fuor di sé nella sala dove
facciamo colazione. “Signori, non c’è fumata!”. Ecco
le sole parole che è riuscito a pronunciare . Dunque lo scrutinio
di questa mattina non è stato bruciato: vuol dire che il papa è
stato eletto! Siamo stati colti di sorpresa; proprio come Cesare
Borgia avevamo tutto previsto per il giorno della nomina del
pontefice, meno che piovesse a dirotto. Abbiamo sfidato
l’acquazzone. Abbiamo avuto la costanza di restare tre ore sulla
piazza di Montecavallo. In capo a dieci minuti eravamo bagnati
come se ci fossimo gettati nel Tevere…E’ uscito un cardinale.
Ci è parso fosse l’Albani. Ecco però che spaventato dal
terribile rovescio d’acqua che vien giù dal cielo, egli ha un
istante di esitazione e poi si ritrae. Evidentemente non osava
affrontare di colpo tutto quel freddo, dopo tanti giorni di
reclusione…Alle parole Franciscum-Xaverium quelli che conoscono
i nomi di battesimo dei cardinali hanno subito indovinato che si
trattava di Castiglioni. Ho sentito parecchia gente intorno a me
mormorare subito quel nome. Alle parole Episcopum tusculanum altre
venti persone hanno pronunciato il nome del Castiglioni, ma a voce
bassissima, in modo da non perdere niente di ciò che diceva il
cardinale Albani. Alla parola Castiglioni c’è stato come un
grido soffocato, subito seguito da un movimento di gioia
profonda.. Si dice che questo papa sia davvero colmo di
virtù; di certo non sarà cattivo…Ecco qualche altro
particolare fra quelli che la prudenza mi permette di rendere
noti. I tre o quattro voti che hanno deciso l’elezione sono
andati a Pio VIII grazie a una predizione di Pio VII. Si racconta
che Pio VII, quando nominò cardinale l’attuale pontefice,
dicesse, seppure in maniera assai confusa, che egli sarebbe stato
il suo successore. Il partito ultra è stato sconfitto. Il partito
liberale non ha avuto più alcuna speranza dopo lo scacco del 7
marzo. Con la nomina del cardinale Castiglioni, vincitore è
risultato il partito austriaco e moderato (119).
Stendhal
commentò invece così il giorno dell’incoronazione del
Pontefice:
5
aprile. Bellissima giornata di primavera. Stamane abbiamo
assistito all’incoronazione del nuovo papa in San Pietro. Sua
Santità è arrivata dal Quirinale alle ore 14 (otto e mezzo): per
riguardo alla Francia e all’Austria erano in carrozza con lui i
cardinali de La Fare e Gaysruck, degno arcivescovo di Milano. La
cerimonia a San Pietro è stata bellissima. Immenso concorso di
popolo e di stranieri. Tuttavia nella chiesa vastissima c’era
posto per tutti. Il nuovo papa terrà per la Francia o per
l’Austria? Questa è la domanda all’ordine del giorno. Le
teorie carbonare sono ormai così profondamente penetrate nel
popolo che stamane il cocchiere della nostra carrozza teneva con
il servitore di piazza esattamente la stessa conversazione che noi
abbiamo avuto ieri col principe N***. Pio VIII ha parecchi
fratelli a Cingoli. Uno di essi è arcidiacono e presto sarà
fatto cardinale (120).
5.
Nel serto poetico di Francesco Amici
Padre
Francesco Amici era un teologo dell’Accademia Truentina, nata ad
Ascoli Piceno nel 1790; l’Amici, scrisse anche un serto poetico
in onore di Pio VIII composto da cinque sonetti; il primo riguarda
lo stemma gentilizio del novello sommo Pontefice:
Questo,
che sorge in erma Vetta alpina
Castel
senza splendor di gemme, e d’oro
E’
albergo delle Scienze, u’insiem con loro
Stasi
Umiltà d’ogni virtù regina.
Del
Veglio alato la comun rovina
Di
prisca mano il semplice lavoro
Non
teme, e in sen nascosto ha tal tesoro,
A
cui ladro giammai non si avvicina;
Poiché
forte Lion d’irsuta Chioma
Veglia
alla sua difesa, e in bel concerto
Sostà
reggendo l’onorata soma.
Muse,
che in pregio avete Onore, e Merto
Al
pio Castel, che del Lion si noma
Di
eterni allori tributate un Serto (121).
Nel
secondo sonetto narra invece la proclamazione, adorazione ed
incoronazione del Pontefice nella Basilica Vaticana:
Non
per Camillo, e Fabio, o per Augusto,
O
per Tito fu mai Roma sì lieta,
Né
per altro Guerrier di spoglie onusto,
Che
portò sua grandezza oltr’ogni meta;
Com’io
la vidi all’apparir del Giusto
OTTAVO
PIO, quasi novel Pianeta,
Che
dai lidi gelati al Mauro adusto
Spande
fulgor, ch’ogni procella accheta;
E
salve, dissi, o Eroe; che per Tuo vanto
Del
gran SETTIMO PIO figlio, ed erede
Di
sue Virtù cingi di Pietro il Manto:
Salve…volea
più dir; ma già la Fede
Intono
Osanna a PIO, e al Nome Santo
Alzossi
il Tebro per baciargli il Piede (122).
Il
terzo sonetto è dedicato alla prima uscita ufficiale del Papa:
Roma
gioisce. Il comun Padre intanto
Versa
dagli occhi lacrimose stille,
E
appunto allor che vede a mille a mille
Correre
i figli suoi sotto il suo Manto.
Pianse
Davidde ancor, ma solo pianto
D’intenso
duol bagnò l’egre pupille:
Pianse
Alessandro pur del fiero Achille
Preso
la tomba, e n’ebbe invidia il vanto.
O
Amor, tu solo a lacrimar induci
L’OTTAVO
PIO, tu gli colori il viso,
Tu
varii moti nel suo Cor produci;
Onde
non fia stupor se all’improvviso
Sul
sagro Labbro, e sull’amate Luci
Sparisca
il pianto, e vi baleni il riso (123).
Il
quarto sonetto è dedicato alla città di Cingoli:
O
cara al Cielo, ed onorata al Mondo
Illustre
Figlia del Roman Labieno,
Splendor
dei patrii Colli, e del Piceno
Di
lettere, e di Eroi sempre fecondo,
Poiché
Colui, che delle Chiavi il pondo
Regge
sul Vatican, nacque in tuo seno,
Né
turbo, né Aquilon turbi il sereno
Dell’are
tuo, ma Zeffiro giocondo
Ti
aleggi intorno, e allorchè notte imbruna
Ti
rischiari la faccia ad ora ad ora
La
nemica dell’ombre argentea Luna.
Di
rugiadoso umor la rosea Aurora
Ti
asperga e dica: Del gran PIO la cuna
La
Foriera del Sol saluta, e onora (124).
L’ultimo
sonetto del serto poetico dell’Amici riguarda l’ingresso, il
24 maggio 1829, del nuovo Papa nella basilica di S. Giovanni in
Laterano:
La
Diva, che benigna udì la voce
Del
QUINTO PIO, e venne, vide, e vinse,
Onde
del greco Mar l’ombrata foce
Di
Barbarico Sangue ostil si tinse,
Quella,
che al SESTO PIO l’ira feroce
Cangiò
in trionfo, e il suo cammin distinse,
Che
del SETTIMO PIO sotto la Croce
L’Idra
abbattuta di catene avvinse,
Quella
del Popol suo fido conforto
Di
Gerico le mura urta, ed espugna,
E
la Nave di Pier conduce in Porto.
Sorgi,
o gran PIO, e il Santo Scettro
impugna:
Combatti,
e vinci dall’Occaso all’Orto;
Fia
Tua la Palma, e di MARIA la pugna (125).
CONCLUSIONI
Il
pontificato di papa Castiglioni, posto dalle circostanze
all’inizio di una nuova fase nella storia europea e, in
connessione con questa, nella stessa storia mondiale, seguì una
politica che può dirsi veramente di transizione: essa infatti fu
cautamente innovatrice e prudentemente aperta ai nuovi bisogni
dell’epoca.
L’attività
di pontefice di Pio VIII fu molto intensa e tese a dimostrare come
moderazione e modernità non comportarono la rinuncia
all’intransigente difesa dei principi cattolici e dell’autorità
papale. E’ in questa ottica che si valutano la condanna del
sansimonismo, del giansenismo ed il favore accordato ai Gesuiti.
Grazie al suo intervento i cattolici poterono sedere in parlamento
e ricoprire cariche pubbliche nei paesi anglosassoni, furono
create diverse diocesi negli Stati Uniti, promosso a Baltimora il
primo Concilio americano, ed inviate missioni in America Latina.
In
seguito ad accordi tra Pio VIII e il Sultano poté essere creata
una sede arcivescovile di rito armeno a Costantinopoli; nei
confronti della rivoluzione di luglio a Parigi agì con prudenza,
ordinando ai vescovi di rimanere nelle loro sedi e di prestare
giuramento al re Luigi Filippo D’Orlèans. Il Pontefice si regolò
con uguale prudenza nei confronti del regno del Belgio, sorto
dall’alleanza di liberali e cattolici in contrasto con
l’assolutismo di Guglielmo I, e nei contrasti interni irlandesi;
in conflitto con la Prussia per i matrimoni misti, risolse la
questione con la tolleranza, ma ribadendo il principio
dell’educazione cattolica della prole.
Nel
suo Stato Pio VIII promosse una valida politica sociale, diminuì
le imposte, proibì sfratti e aumenti di affitto nelle case dei
lavoratori a basso reddito; promosse cantieri per disoccupati,
regolando l’amministrazione delle poste e delle tariffe
doganali, incentivando l’agricoltura e proibendo
l’esportazione del grano, alimento base del popolo minuto.
BIBLIOGRAFIA
-
Amici F., Serto poetico di Pio VIII, Macerata, G. Mancini
Cortesi Stampatore Carnevale, 1829
-
Anselmi S., Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi,
Le Marche, Torino, Einaudi, 1987
-
Avarucci G., Santità femminile nel Duecento, Sperandia patrona
di Cingoli, Ancona, Ed. di Studia Picena, 2001
-
Belli G. G., Tutti
i sonetti romaneschi, Roma, Newton Compton Editori, 1972
-
Bernardi S. (a cura di), La Religione e il Trono. Pio VIII
nell’Europa del suo tempo, Roma, La Fenice Edizioni, 1995
- Capra C., L’età rivoluzionaria e napoleonica in
Italia, Torino, Loescher, 1978
-
Castellani G., Un pontefice numismatico Pio VIII, Fano,
Edizioni Pontificio Seminario Marchigiano Pio IX, 1929
- Chandler D. G., Le campagne di Napoleone, Milano, Rizzoli,
2002
- Criscuolo V., Napoleone, Bologna, Il Mulino,
2009
-
Della Peruta F., Esercito e società nell’Italia napoleonica,
Milano, Angeli, 1988
-
Enciclopedia Cattolica, Firenze, Casa Editrice Sansoni, 1952
-
Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, Istituto Poligrafico dello
Stato, 1949
-
Frattarolo R., Letteratura Italiana, Le Correnti,
Milano, Marzorato Editore, 1982
- Fujer A., Napoleone e l’Italia, Roma, Ente per la
diffusione e l’educazione storica, 1970
- Fusi-Pecci O., La vita di papa Pio VIII, Roma, Casa
editrice Herder, 1965
-
Gaeta F. - Villani P., Corso di storia 2, Milano,
Principato Editore, 1986
- Galasso G., Storia d’Italia, Torino, UTET,
1986
-
Ghisalberti A. M., Massimo D’Azeglio. I miei ricordi,
Roma, Carlo Colombo Editore, 1971
-
Giardina A. - Sabbatucci G. - Vidotto V., Manuale di storia.
L’età moderna, Roma – Bari, Laterza, 1988
-
Hertling L., Storia della Chiesa, Roma, Ed. Città Nuova,
1981
- Jemolo A.C., Il giansenismo in Italia prima della
rivoluzione, Bari, Laterza, 1928
- Lefebvre G., Napoleone, Bari, Laterza,
1991
- Lepre A. - Villani P., Napoleone Bonaparte dalla
politica alla storiografia, Messina – Firenze,
D’Anna, 1973
-
Malazampa G., Una Gloria delle Marche Pio VIII, Cingoli,
F.Lucchetti, 1931
-
Mariano F. - Papetti S., I papi marchigiani, Ancona,
Progetti editoriali, 2000
-
Mascilli Migliorini L., Il mito e l’eroe. Italia e Francia
nell’età della Restaurazione, Napoli, Ed. Guida, 2003
- Mascilli Migliorini L., Napoleone, Roma, Ed. Guida,
2001
- Matelicani S. - Piermattei S., Medaglie e Monete di Pio
VIII, Cingoli, Tipolito Mazzini, 1999
- Meriggi
A. (a cura di), Le Marche: La cultura sommersa
tra Ottocento e Novecento, Macerata, Edizioni Queen, 2000
-
Moroni G., Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica,
Venezia, Tipografia emiliana, 1852
-
Nepi G., Curiosità sui papi marchigiani, Fermo, Ed. Città
Ideale, 2007
-
Orioli G., Giuseppe Gioacchino Belli. Lettere Giornali
Zibaldone, Torino, Giulio Einaudi editore, 1962
-
Pagano E., Enti locali e Stato in Italia sotto Napoleone.
Repubblica e Regno D’Italia (1802-1812), Roma, Carocci, 2007
-
Paschini G., Monachino V., I papi nella storia, II, Roma,
Colletti, 1961
-
Pennacchioni A., Il Papa Pio VIII Francesco Saverio Castiglioni,
Cingoli, Tipolito Mazzini, 1994
-
Pillepich A., Napoleone e gli italiani, Bologna, Il Mulino,
2005
-
Piscitelli E., Stato e Chiesa sotto la monarchia di Luglio,
Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1950
- Saba A., Storia dei papi, Torino, UTET,
1945
- Stendhal, Passeggiate romane, Bari, Editori Laterza,
1991
- Tulard J., Napoleone e il Grande Impero, Milano,
Mondadori, 1985
-
Vercesi E., Tre pontificati: Leone XII, Pio VIII, Gregorio XVI,
Torino, Einaudi, 1936
- Villani P., Italia napoleonica, Napoli, Ed. Guida,
1978
-
Wiseman N., Rimembranze degli ultimi quattro pontefici e di
Roma ai tempi loro, Milano, Libraio Editore Serafino Majocchi,
1860
- Zanetti F., Tutti i papi, Torino, Istituto
editoriale S. Michele, 1937
DOCUMENTI
D’ARCHIVIO
-
Liber Baptizatorum,
Archivio Parrocchiale Cingoli
-
Matrimoni 1600, Archivio Ecclesiastico Cingolano, Parrocchia
della Cattedrale
-
Registro dei Cresimati 1768, Archivio Ecclesiastico Cingolano,
Parrocchia della Cattedrale
-
Solenne Adunanza per l’Esaltazione al sommo pontificato della
Santità di Nostro Signore Papa Pio VIII, Roma, 182
1)
Nel Liber Baptizatorum dell’Archivio Parrocchiale di
Cingoli si legge: “Franciscus Xaverius Maria Felix fil.nobilium
dominorum Caroli Castiglioni et Sanxiae coniugum heri natus et de
mei lincentia fuit baptizatus a Rev.mo Domino Archidiacono Francisco
Castiglioni. Patrini fuerunt nobilis vir Franciscus Ghislieri et
nobilis matrona Dna Antonia Uxor Ill.mi Dni Julii Caesairs
Castiglioni. Parrochus Muratorellus”
2)
La questione sulla santità di S. Esuperanzio si concluse nel 1785
con un decreto favorevole di Pio VI
3)
Cfr. Archivio Ecclesiastico Cingolano, Parrocchia della Cattedrale, Registro
dei Cresimati 1768
4)
Papa Leone XII, nato a Genga il 20 agosto 1760, al secolo Annibale,
Francesco, Clemente della Genga, fu Pontefice dal 1823 al 1829. Si
distinse per la durezza con cui affrontò la società segreta della
Carboneria, proibì le società bibliche di stampo protestante
finanziate dalla massoneria, riorganizzò, influenzato dai gesuiti,
tutto il sistema scolastico. Morì il 10 febbraio 1829
5)
Papa Sisto V, nato a Grottammare il 13 dicembre 1521, al secolo
Felice Peretti, fu Papa dal 1585 al 1590. Severo ed autoritario,
cercò di eliminare il malcostume, la corruzione e il brigantaggio;
fece intraprendere lavori urbanistici per modernizzare la città di
Roma. Morì a Roma il 27 agosto 1590
6)
Cfr. G. Malazampa, Una Gloria delle Marche. Pio VIII,
Cingoli, Premiata Stamperia Cav. F. Lucchetti, 1931, pp. 17-18
7)
Si veda M. Pieroni Francini, Francesco Saverio Castiglioni e il
giansenismo, in S. Bernardi (a cura di) La Religione e il
Trono Pio VIII nell’Europa del suo tempo, Roma, La Fenice
Edizioni, 1995, p. 196
8)
Cfr. A. Pennacchioni, Il Papa Pio VIII Francesco Saverio
Castiglioni, Cingoli, Tipolito Mazzini, 1994, p. 139
9)
Letterato, storico cingolano, nato a Cingoli nel 1715, scrisse gli Estratti
della dissertazione su S. Sperandia, patrona di Cingoli. Morì
nel 1789
10)
Patrona di Cingoli insieme a S. Esuperanzio, nata a Gubbio nel 1216,
visse a Cingoli, morì nel 1276. Si veda G. Avarucci, Santità
femminile nel Duecento, Sperandia patrona di Cingoli, Ancona,
Ed. Studia Picena, 2001
11)
Si veda O. Fusi Pecci, La vita del Papa Pio VIII, Roma, Casa
editrice Herder, 1965, p. 55
12)
Papa Pio VI, nato a Cesena, al secolo Giannangelo Braschi, fu eletto
Papa nel 1775. Allo scoppio della Rivoluzione francese il pontefice
subì la soppressione del rito gallicano (tradizionali liturgie
francesi), la confisca di tutti i possedimenti ecclesiastici in
Francia e l’onta di vedere il proprio ritratto dato alle fiamme
dalla folla nel Palazzo Reale.
Morì a Valenza nel 1799
13)
Si veda P. Cartechini, Organi ed uffici dell’amministrazione
napoleonica a macerata dal 1808 al 1815, in “Studi
Maceratesi” L’età napoleonica nel maceratese, vol. 8, 1974, Macerata, pp. 324-329
14)
Papa Pio VII, nato a Cesena nel 1742, al secolo Gregorio Luigi
Barnaba Chiaramonti, fu eletto nel 1800. Negoziò con Napoleone il
Concordato, stipulato a Parigi il 15 luglio 1801, col quale la
Francia riconosceva il cattolicesimo come maggior religione della
nazione e ripristinava alcuni diritti civili tolti alla Chiesa nel
1790. Morì a Roma nel 1823
15)
L’indice dei libri proibiti fu un elenco di pubblicazioni proibite
dalla Chiesa cattolica creato da papa Paolo IV nel 1558; la
Congregazione aveva il compito di analizzare i testi per verificarne
la moralità. Nel 1758 Benedetto XVI rivide le norme e corresse
l’indice
16)
Si veda M. Cafiero, L’importanza del nome. Pio VII, Pio VIII e
la costruzione di una continuità, in
Bernardi (a cura di) La Religione e il Trono, op.
cit., p. 203
17)
Si rimanda al Capitolo III del presente lavoro
18)
Si veda Fusi Pecci, La vita di Papa Pio VIII, op. cit., p.
248
19)
Cfr. Piccinini, L’infermità e la morte di papa Pio VIII nei
referti di Domenico Morichini suo medico curante, in Bernardi (a
cura di) La Religione e il Trono, op. cit., p. 384
20)
Si veda Malazampa, Una Gloria delle Marche. Pio VIII, op.
cit., p. 22
21)
Cfr. A. E. C., Parrocchia della Cattedrale, Matrimoni 1600
22)
Si veda Malazampa, Una
Gloria delle Marche. Pio VIII, op. cit., pp. 27-32
23)
Si veda G. Annibaldi, L’insurrezione antifrancese di Cingoli
del febbraio 1797 in un racconto coevo, in “Studi
Maceratesi”, Atti del XIII Convegno di studi storici maceratesi,
vol. 13, 1979, pp. 377-
379
24)
Ibidem
25)
Ivi, pp. 394-395
26)
Si veda S. Bernardi, Gli interessi municipalistici di Francesco
Saverio Castiglioni, in A. Meriggi (a cura di) Le Marche: La
cultura sommersa tra Ottocento e Novecento, Atti del Convegno di
Studi dell’Accademia Georgica di Treia,
Macerata, Edizioni QUEEN, 2000, pp. 137- 138
27)
Ivi, p. 147
28)
Cfr. I. Cervellini, Aspetti della vita religiosa a Cingoli tra il
1808 e l 1810, in S. Bernardi (a cura di ), La Religione e il
Trono, Roma, La Fenice Edizioni, 1995, p. 46
29)
Ivi, pp. 57- 61
30)
Si veda nota 4, capitolo I, p. 2 del presente lavoro
31)
Emmanuele de Gregorio nacque su una nave il 18 dicembre 1758 da
famiglia italiana, fu eletto cardinale nel 1816. Morì il 17
novembre 1839
32)
Si veda nota 14, capitolo I, p. 7 del presente lavoro
33)
Carlo X di Borbone, conte d’Artois, nacque a Versailles il 9
ottobre 1757, fu re di Francia dal 1824 al 1830; volle riportare
la corona francese alle tradizioni dell’Ancien Régime, fu una
figura impopolare
34)
Si veda nota 12, capitolo I, p. 6 del presente lavoro
35)
Cfr. Stendhal, Passeggiate romane, Bari, Editori Laterza,
1991, p. 540
36)
Cfr. G. Malazampa, Una Gloria delle Marche. Pio VIII,
Cingoli, F. Lucchetti, 1931, p. 97
37)
Ercole Consalvi nacque a Roma l’8 giugno 1757. Fu cardinale e
politico italiano, segretario di Stato di Pio VII; abile
diplomatico e fine politico è considerato una delle personalità
politiche più importanti ed incisive nella storia della Chiesa.
Morì a Roma il 24 gennaio 1824
38)
Si veda O. Fusi–Pecci, La vita del papa Pio VIII, Roma,
Casa editrice Herder, 1965, pp. 183- 187
39)
François-René de Chateaubriand nacque a Saint-Malo il 4
settembre 1768; fu scrittore, politico e diplomatico francese. Fu
nominato ambasciatore a Roma nel 1828, si ritirò dalla vita
politica dopo la Rivoluzione del 1830. E’ considerato il
fondatore del Romanticismo letterario francese. Morì a Parigi il
4 luglio 1848
40)
Cfr. G. Monsagrati, La semplicità della colomba, la prudenza
del serpente. Le scelte politico-diplomatiche di Pio VIII, in
Beranardi (a cura di ), La Religione e il Trono, op.
cit., Roma, La Fenice Edizioni, 1995, p. 258
41)
Ivi, pp. 259- 262
42)
Cfr. Fusi-Pecci, La vita del papa Pio VIII, op. cit., pp.
185- 186
43)
Si veda la prima parte dell’enciclica, in Malazampa, Una
Gloria delle Marche, op. cit., pp. 102- 103
44)
Si veda la seconda parte dell’enciclica, in Malazampa, Una Gloria delle Marche, op. cit., p. 107
45)
Si veda Nanni, Spiritualità, pastorale e politica in Francesco
Saverio Castiglioni, op. cit., pp. 283- 285
46)
Si veda F. Fonzi, Pio VIII, in Enciclopedia Cattolica,
Firenze, Casa Editrice Sansoni, 1952, vol. IX, pp. 1509-1510
47)
Si veda Fusi-Pecci, La vita del papa Pio VIII, op. cit.,
pp. 193- 195
48)
Daniel O’ Connel nacque a Carhen, nella contea di Kerry, il 6
agosto 1775. Conosciuto anche con l’appellativo di Liberatore è
stato un politico ed avvocato irlandese, difensore della
maltrattata popolazione cattolica irlandese, lottò per la sua
emancipazione. Nel 1841 fu il primo cattolico, dai tempi di
Giacomo II, a ricoprire la carica di sindaco di Dublino. Morì a
Genova, mentre era in viaggio per Roma, il 15 maggio 1847
49)
Giorgio Augusto Federico di Hannover nacque a Londra il 12 agosto
1762, fu re del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda e di
Hannover dal 29 gennaio 1820. Fu un monarca ostinato e spesso
interferì negli affari politici; gli anni della sua reggenza
furono segnati dalla vittoria nelle guerre napoleoniche in Europa
e da un clima particolarmente vivace in patria
50)
Thomas Weld nacque a Londra il 22 gennaio 1773 e lì morì il 10
aprile 1837, fu elevato alla porpora cardinalizia nel 1829
51)
Si veda Nanni, Spiritualità, pastorale e politica in Francesco
Saverio Castiglioni, op. cit., pp. 309- 312
52)
Federico Guglielmo III di Prussia nacque a Postdam il 3 agosto
1770, apparteneva alla Casa reale degli Hohenzollern, dinastia
tedesca di re ed imperatori di Prussia, Germania e Romania. Salito
al trono il 16 novembre 1797, tagliò i costi per il sostentamento
della corona, riformò le oppressioni del suo regno, al Congresso
di Vienna riuscì a garantire alla Prussia molti territori. Morì
a Berlino il 7 giugno 1840
53)
Cfr. Monsagrati, Le scelte politico-diplomatiche di Pio VIII,
in Bernardi (a cura di), La Religione e il Trono, op. cit.,
p. 266
54)
Si veda Malazampa, Una Gloria delle Marche. Pio VIII, op.
cit., pp. 126- 130
55)
Si veda G. Nepi, Curiosità sui papi marchigiani, Fermo,
Ed. Città ideale, 2007, pp. 173- 174
56)
Luigi Filippo Borbone duca d’Orleans nacque a Parigi il 6
ottobre 1773, fu re dei francesi dal 1830 al 1848 con il nome di
Luigi Filippo I. Sposò Maria Amelie di Borbone principessa delle
due Sicilie, ebbero dieci figli. Luigi Filippo inaugurò una nuova
monarchia attraverso una nuova Costituzione e l’adozione della
bandiera tricolore; nel 1848 durante i moti insurrezionali abdicò
in favore del nipote Luigi Filippo II, fuggì in Inghilterra dove
morì il 26 agosto 1850 a Claremont House
57)
Jean-Baptiste Henri Lacordaire nacque a Recey-Sur-Ource il 12
maggio 1802, è stato un religioso giornalista e politico
francese, uno dei maggiori esponenti del cattolicesimo liberale
ottocentesco. Restaurò l’ordine domenicano n Francia dopo la
soppressione del 1790. Morì a Sorèze il 21 novembre 1861
58)
Cfr. Malazampa, Una Gloria delle Marche, op. cit. pp. 125-
126
59)
Si veda N. Wiseman, Rimembranze degli ultimi quattro papi e di
Roma ai tempi loro, Milano, Ed. Turati, 1860, pp. 254- 258
60)
Vincent de Paul nacque a Parigi il 24 aprile 1581, è stato
sacerdote francese fondatore ed ispiratore di numerose
congregazioni religiose: Lazzaristi, Figlie della Carità, Società
San Vincenzo de’ Paoli. Morì a Parigi il 27 settembre 1660
61)
Cfr. Nanni, Spiritualità, pastorale e politica in Francesco
Saverio Castiglioni, in Bernardi (a cura di ), La Religione
e il Trono, op. cit., pp. 304- 305
62)
Guglielmo I nacque all’Aia il 24 agosto 1772, figlio di
Guglielmo V d’ Orange-Nassau e della principessa Guglielmina di
Prussia, fu re del Regno Unito dei Paesi Bassi e Granduca del
Lussemburgo dal 1815 fino alla sua abdicazione avvenuta nel 1840.
Morì a Berlino il 12 dicembre 1843
63)
François Antoine Marie Constantin de Méan et de Baeurieux nacque
a Saive il 6 luglio 1756. All’età di 29 anni venne ordinato
sacerdote a Liegi in Belgio, nel 1782 venne nominato vescovo di
Liegi ma fu costretto a rinunciare alla sede episcopale a causa
dell’invasione delle truppe francesi. Fu arcivescovo cattolico
tedesco titolare dell’Arcidiocesi di Mechelen-Brussel; morì a
Saive il 15 gennaio 1831
64)
Cfr. L. Codignola, I rapporti del cardinale Francesco Saverio
Castiglioni, papa Pio VIII, con il Nord America 1816-30, in
Bernardi (a cura di ), La Religione e il Trono, op. cit.,
pp. 338- 339
65)
James Whitfield nacque a Liverpool il 3 novembre 1770, fu
arcivescovo cattolico inglese naturalizzato statunitense; fu
eletto nel 1828. Morì a Baltimora il 19 ottobre 1834
66)
Si veda Malazampa, Una Gloria delle Marche, op. cit., pp.
119- 120
67)
Simon Josè Antonio de la Santissima Trinidad nacque a Caracas il
24 luglio 1783. Fu un generale, patriota, rivoluzionario e
liberatore venezuelano; contribuì all’indipendenza delle
attuali Bolivia, Colombia, Ecuador, Panama, Perù e Venezuela. Morì
a Santa Marta il17 dicembre 1830
68)
Mariano Medrano nacque a Buenos Aires l’8 settembre 1767, fu
sacerdote cattolico argentino; morì a Buenos Aires il 7 aprile
1851
69)
Pietro Ostini nacque a Roma il 24 aprile 1775, da arcivescovo
venne elevato a cardinale da Gregorio XVI nel concistoro dell’11
luglio 1836. Morì a Roma il 4 agosto 1849
70)
Si veda C. Semeraro, Pio VII fra legittimismo ed emancipazione
nella politica ecclesiastica ispano-americana della restaurazione
(1816-1830), in Bernardi (a cura di ), La Religione e il
Trono, op. cit., pp. 345-379
71)
La Compagnia di Gesù era un istituto religioso maschile di
diritto pontificio, fondato da Ignazio de Loyola
(1491-1556) che
professava Cristo come unico modello, colui a cui dedicare tutta
la vita impegnandosi con la catechesi, la predicazione, le lezioni
sacre. Si veda testo di R.
Sani, Ad Maiorem dei Gloriam, Macerata, EUM, 2009
72)
L’Opera della Propaganda Fide era stata fondata a Lione nel 1822
da Pauline Jaricot per la beneficenza missionaria
73)
La Congregazione della Missione è una società clericale di vita
apostolica di diritto pontificio: i suoi membri vengono chiamati
comunemente Lazzaristi o Preti della Missione o Vincenziani. La
Congregazione fu fondata da Vincenzo de’Paoli nel ‘600 con lo
scopo di evangelizzare la gente di campagna, professando la
predicazione di ritiri ed esercizi spirituali, l’insegnamento e
la direzione di seminari
74)
Claude-Henri de Rouvroy conte di Saint Simon nacque a Parigi il 17
ottobre 1760, è stato un filosofo francese, è considerato il
fondatore del socialismo francese; partecipò alla guerra
d’indipendenza americana combattendo agli ordini di La Fayette.
Morì a Parigi il 19 maggio 1825
75)
Cfr. Malazampa, Una Gloria delle Marche, op. cit., p. 137
76)
Port-Royal-des-Champs è un antico convento cistercense nella
valle di Chevreuse a sud-ovest di Parigi. Famoso per la comunità
religiosa di orientamento giansenista che si sviluppò dal 1634 al
1708. Il convento venne fondato nel 1204; nel 1634 Jean Duvergier
de Hauranne, abate di S. Cyran ne divenne direttore spirituale. Il
convento venne soppresso dalla Bolla di papa Clemente XI nel 1708,
i religiosi che vi rimanevano furono espulsi a forza un anno più
tardi e gli edifici furono rasi al suolo nel 1710
77)
Si veda M. Pieroni Francini, Francesco Saverio Castiglioni e il
giansenismo, in Bernardi (a cura di ), La Religione e il
Trono, op. cit. , pp. 195 – 202
78)
Si veda Fusi-Pecci, La vita del papa Pio VIII, op. cit.,
pp. 225- 229
79)
Cfr. Mariano-Papetti, I papi marchigiani, op. cit., p. 307
80)
Cfr. S. Bernardi, Gli interessi municipalistici di Francesco
Saverio Castiglioni, in A. Meriggi (a cura di ) Le Marche:
La cultura sommersa tra Ottocento e Novecento, Macerata,
Edizioni Queen, 2000, p. 8
81)
Alfonso Maria de’ Liguori nacque a Napoli il 27 settembre 1696,
è stato vescovo cattolico e compositore italiano, fondatore della
Congregazione del Santissimo Redentore ed autore di oltre cento
opere letterarie popolari. Morì a Nocera Rogani il 1 agosto 1787
82)
Papa Gregorio XVI, nato Bartolomeo Alberto Cappellari, nacque a
Belluno il 18 agosto 1765, salì al trono pontificio il 2 febbraio
1831. Il Pontefice investì ingenti somme per la realizzazione di
lavori architettonici e di ingegneria. Morì a Roma il 1 giugno
1846
83)
Charles-Louis de Secondat barone de la Brède et de Montesquieu
nacque a La Brède il 18 gennaio 1689; è stato un filosofo,
giurista, storico e pensatore politico francese. E’ considerato
il fondatore della teoria politica della separazione dei poteri,
la sua opera più famosa è Lo spirito delle leggi, una vera e
propria enciclopedia del sapere politico e giuridico del
Settecento
84)
Jean-Jacques Rousseau nacque a Ginevra il 28 giugno 1712, è stato
scrittore, filosofo, moralista, musicista svizzero. Morì a
Ermenonville il 2 luglio 1778
85)
François Marie Arouet nacque a Parigi il 21 novembre 1694, è
stato filosofo, scrittore, drammaturgo e poeta francese; fu
esponente ed animatore dell’Illuminismo. Morì a Parigi il 30
maggio 1778
86)
Jean-Antoine Caritat marchese di Condorcet nacque a Ribemont il 17
settembre 1743, è stato un matematico, economista, filosofo e
politico francese. Morì a Bourg-la-Reine il 29 marzo 1794
87)
Gabriel Bonnot de Mably nacque a Grenoble il 14 marzo 1709 da
famiglia aristocratica, è stato filosofo, considerato uno dei
fondatori del “socialismo utopistico”. Morì a Parigi il 2
aprile 1785
88)
Cfr. D. Fioretti, Note sulla biblioteca e gli interessi
culturali di Francesco Saverio Castiglioni, in Bernardi (a
cura di ), La Religione e il Trono, op. cit., 1995, p. 111
89)
Si veda O. Fusi-Pecci, La vita del papa Pio VIII, Roma,
Casa Editrice Herde, 1965, pp. 53- 57
90)
Si veda A. Sfrappini, Il fondo Castiglioni alla biblioteca
Mozzi Borgetti di Macerata, in Bernardi (a cura di ), La
Religione e il Trono, op. cit., pp. 119- 124
91)
Vincenzo Camuccini nacque a Roma il 22 febbraio 1771, fu uno dei
più importanti pittori italiani del Neoclassicismo e della
pittura di storia. Morì a Roma il 2 settembre 1844
92)
Giuseppe De Fabris nacque a Nove (Vicenza) il 19 agosto 1790; fu
uno scultore celebrato e famoso per i suoi numerosi marmi. Morì a
Roma il 22 agosto 1860
93)
Si veda G Castellani, Un pontefice numismatico Pio VIII, in
D. Avarucci (a cura di), “Studia Picena”, Fano, Ed. Pontificio
Seminario Marchigiano Pio XI, 1929, pp. 175-176
94)
Ivi, p. 180
95)
Girolamo Bianconi nacque a Bologna il 4 maggio 1772; è stato
direttore della biblioteca di Boligna, poi professore di
Archeologia a Roma. Appassionato di numismatica e di archeologia,
morì a Bologna il 2 luglio 1847
96)
Si veda G. L. Masetti -Zannini, Gli interesi numismatici di
Francesco Saverio Castiglioni, in Bernardi (a cura di ) La
Religione e il Trono, op. cit., pp. 127-131
97)
Domenico Sestini nacque a Firenze nel 1750, fu un archeologo e
numismatico italiano, celebre viaggiatore nel Vicino e Medio
Oriente. Morì a Firenze nel 1832
98)
Cfr. Masetti - Zannini, Gli interessi numismatici di Francesco
Saverio Castiglioni, in Bernardi (a cura di), La Religione
e il Trono, op. cit., pp. 133- 134
99)
Si veda A. Patrignani, Le medaglie di Pio VIII (1829-1830),
in S. Matellicani - S. Piermattei (a cura di ), Medaglie e
Monete di Pio VIII, Cingoli, Tipolito Mazzini, 1999, pp.
XXV-XXVI
100)
Giovanni Vincenzo Gravina nacque a Roggiano Gravina il 20
gennaio 1664. E’ stato un letterato e giurista italiano
nonché uno dei
fondatori dell’Accademia dell’Arcadia. Morì a Roma il 6
gennaio 1718
101)
Giovanni Mario Crescimbeni nacque a Macerata il 6 ottobre 1663.
E’ stato un poeta e critico letterario italiano, e uno dei
fondatori dell’Accademia dell’Arcadia. Morì a Roma l’8
marzo 1728
102)
Cristina di Svezia Maria Alessandra nacque a Stoccolma il 18
dicembre 1626, figlia del re Gustavo Otto II vasa e di Maria
Eleonora del Brandeburgo, ereditò la corona a soli 6 anni.
Personalità complessa e anticonformista era appassionata d’arte
e filosofia. Morì a Roma il 19 aprile 1683
103)
Si veda R. Schippisi, L’Arcadia, in R. Frattarolo (a cura
di), Letteratura Italiana Le Correnti, Milano, Marzorati
Editore, 1982, pp. 505- 524
104)
Si veda E. Ragni, Francesco Saverio Castiglioni, l’Arcadia e
Giuseppe Gioacchino Belli, in Bernardi (a cura di), La
Religione e il Trono, op. cit., 1995, pp. 153- 154
105)
Cfr. Solenne Adunanza per l’Esaltazione al sommo pontificato
della Santità di Nostro Signore Papa Pio VIII, Roma, Simone
Mercuri e F., 1829, pp. 5-6
106)
Componimento in 56 ottonari divisi in sette strofe
107)
Componimento di 86 endecasillabi terzinati
108)
Componimento di 35 quartine di decasillabi
e doppi quinari
109)
Cfr. Solenne
Adunata per l’Esaltazione al sommo pontificato…, op. cit.,
p. 43
110)
Ivi, p. 60
111)
Giuseppe Gioacchino Belli nacque a Roma il 7 settembre 1791, è
stato un poeta dialettale anticonformista. Nei suoi 2200 sonetti
in vernacolo romanesco descrisse il popolo della Roma del XIX
secolo, i Sonetti sono la produzione più corposa della poesia
dialettale italiana dell’Ottocento. La sua opera famosa per la
produzione di sonetti in dialetto rappresenta la mentalità dei
popolani di Roma; fu anche autore dell’Epistolario e dello
Zibaldone. Morì a Roma il 21 dicembre 1863
112)
Cfr. B. Cagli (a cura di) G G. Belli. Tutti i sonetti
romaneschi, Roma , Newton Compton Editori, 1972, v. 1 p. 113
113)
Cfr. Ragni, Francesco Saverio Castiglioni, l’Arcadia e
Giuseppe Gioacchino Belli, op. cit., p. 145
114) Cfr. G. Nepi, Curiosità sui papi marchigiani, Fermo,
ed. Città Ideale, 2007, p. 176
115)
Cfr. G. Orioli (a cura di), G. G. Belli. Lettere Giornali
Zibaldone, Torino, Giulio Einaudi editore, 1962, p. 201
116) Massimo Taparelli, marchese D’Azeglio, nacque a Torino il
21 ottobre 1778, fu uno scrittore, pittore, patriota e politico
italiano. Uomo politico di orientamento moderato, sincero patriota
italiano, auspicava la creazione di una confederazione di stati in
alternativa all’unità d’Italia. Morì a Torino il 15 gennaio
1866
117)
Cfr. A. M. Ghisalberti (a cura di), M. D’Azeglio. I miei
ricordi, Roma, Carlo Colombo Editore, 1971, p. 351
118)
Stendhal, pseudonimo di Marie Henrie Beyle, nacque a Grenoble il
23 gennaio 1783. E’ stato uno scrittore francese, amante
dell’arte e appassionato dell’Italia dove visse a lungo. Morì
a Parigi il 23 marzo 1842
119)
Cfr. Stendhal, Passeggiate romane, Bari, Editori Laterza,
1991, pp. 539- 541
120)
Ivi, pp. 543- 544
121)
Cfr. F. Amici, Serto poetico di Pio VIII, Macerata, G.
Mancini Cortesi Stampatore Carnevale, 1829, p. 1
122)
Ivi, p. 2
123)
Ivi, p. 3
124)
Ivi, p. 4
125)
Ivi, p. 5

|

|

|
Home
Page Cingoli
|
Sommario
|
Filippo Raffaelli |