Il
sito di Pianvalle è posto a circa 430 m di quota sulle pendici
orientali del Monte Caprino, una collina che sovrasta la città di
Como. Il sito è posto all'interno della "Spina Verde",
un'estesa area boschiva di grande interesse naturalistico e
archeologico che si estende da Como fino a oltre il confine
svizzero. L'insediamento protostorico di Pianvalle fu uno dei
primi nuclei abitativi di Como, il cui sviluppo iniziò già dalla
fine dell'Età del Bronzo, cioè grosso modo nel XI secolo a.C., e
continuò per tutta l'Età del Ferro fino alle invasioni dei Galli
transalpini, nel 388 a.C., che segnarono per la Lombardia
centro-occidentale la fine della Cultura di Golasecca, alla quale
apparteneva anche l'insediamento di Pianvalle.
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Settore
superiore del sito protostorico con la grande roccia ricca di
incisioni rupestri dell'età del Rame e del Bronzo
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Il
sito ebbe un certo sviluppo anche dopo l'invasione gallica, come
luogo sacro in cui svolgere cerimonie di culto e deporre offerte
votive, ritrovate dagli archeologi durante varie fasi di scavo. In
epoca tardo-celtica il sito di Pianvalle fu definitivamente
abbandonato: i Romani preferirono rifondare la città proprio in
riva al lago, denominandola Novum Comum.
Il
sito si può considerare distinto in due settori. Il primo, lungo
51,5 m e largo 21,5 m, a 444 m di altitudine, comprende una grande
parete di roccia su cui furono tracciati numerosi petroglifi, tra
i quali alcuni a soggetto astronomico. In realtà,
le rocce presenti sono quattro, di cui una molto più
grande e ricca di petroglifi. A valle della grande roccia sono
stati ritrovati resti di costruzioni del periodo golasecchiano; e
questo è il secondo settore.
Le
incisioni rupestri furono scoperte nel 1901, mentre le strutture
abitative della Como preromana vennero alla luce solo nel 1968,
quando un gruppo di appassionati d'archeologia decise di ripulire
l'area dalla vegetazione che la ricopriva interamente. Un
petroglifo di particolare interesse era quello che ritraeva un
antropomorfo con le braccia elevate, ora non più visibile in
quanto gravemente danneggiato da ignoti.
La
grande roccia presenta la parte sommitale piana quasi
completamente ricoperta da petroglifi in cui sono ben
riconoscibili almeno due ruote solari, accompagnate da insiemi di
coppelle incise in maniera straordinariamente ordinata. Nella
datazione delle incisioni rupestri rimane un certo grado di
incertezza, ma poiché alcune di esse risultano coperte dalle
strutture del successivo abitato golasecchiano, le si può
considerare anteriori all'Età del Ferro. Altre coppelle molto
antiche sono state rinvenute su una roccia a nord-est di quella
grande, mentre alcune croci sulla roccia a sud-est sono da
collocare con grande probabilità in epoca storica e potrebbero
corrispondere al costume cristiano di esorcizzare un luogo sede di
antichi culti pagani.
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Ruota
solare a sette raggi accompagnata da una grossa
coppella e da 12 piccole coppelle disposte su due
file di 5 e 7 elementi ciasuna |
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Nell’area
della grande roccia si sviluppò un insediamento la cui fase di
maggiore espansione si protrasse grosso modo dal VI secolo a.C. ai
primi decenni del IV a.C., anche se sono stati rinvenuti materiali
ancora più antichi, databili tra il IX e il VII secolo a.C.
L'abitato comprendeva due vasti settori, il primo dei quali,
direttamente a valle della grande roccia, costituiva probabilmente
il nucleo di un luogo sacro. Qui si riconoscono i resti di un muro
costituito da pietre di rilevanti dimensioni, un'area di forma
rettangolare, forse il piano di un'abitazione con al centro un
focolare, una struttura di piccole pietre disposte a ferro di
cavallo, con resti di carboni e scorie di ferro, tipici di una
probabile fornace per la fusione del ferro, una piattaforma in
ciottoli che ricopriva alcune incisioni rupestri e alcune
strutture non ben decifrabili.
Nella
parte pianeggiante del sito, corrispondente al settore più
elevato della grande roccia, sono presenti sei buche di circa
20-25 cm di diametro e profonde altrettanto, scavate nella roccia,
in cui, in antico, furono infissi pali in legno. Cinque delle sei
buche hanno sezione circolare, mentre la sesta è quadrata. La
loro distribuzione irregolare fa ritenere improbabile che la
funzione fosse quella di sostenere una copertura. E invece più
verosimile che i sei pali venissero utilizzati quali segnacoli,
oppure quali indicatori di direzioni importanti. Le rilevazioni
dell'autore (primavera 1999) effettivamente suggeriscono la
possibilità che le sei buche realizzino alcuni allineamenti
astronomicamente significativi.
Due
buche (la 5 e la 1) sono allineate nella direzione del tramonto
del Sole all'orizzonte locale al solstizio d'estate. Nella
direzione opposta si aveva la levata del Sole al solstizio
d'inverno, ma i rilievi dell'orizzonte locale avrebbero anche
potuto precludere l'osservazione del fenomeno; ciò non sorprende,
poiché in tutti i luoghi sacri golasecchiani si trovano segnacoli
corrispondenti a direzioni astronomicamente significative, anche
se i punti di levata e di tramonto degli astri corrispondenti
erano osservabili con difficoltà a causa sia della possibile
forestazione (i luoghi erano generalmente ubicati nei boschi) sia
di rilievi del terreno. È comunque assodata la tendenza degli
insediamenti della Cultura di Golasecca a essere allungati con
l'asse maggiore che punta verso la levata del Sole al solstizio
d'inverno indipendentemente dal fatto che tale punto
dell'orizzonte risultasse effettivamente visibile. L'accuratezza
media degli allineamenti è dell'ordine di qualche grado.

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La
configurazione delle buche sulla sommità della grande
roccia che mostra gli allineamenti astronomicamente
significativi
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Esistono
tre buche (le 1, 2 e 6) allineate, con ridottissimo scarto, nella
direzione del sorgere della Luna al lunistizio inferiore (quando
la declinazione è la minima negativa). Nella direzione opposta
poteva essere osservato il tramonto al lunistizio superiore
(massima declinazione positiva). Il lunistizio inferiore forse era
importante per i frequentatori del luogo sacro di Pianvalle in
quanto nel sito è indicata anche, mediante le buche 3 e 2, la
direzione del tramonto della Luna a quella particolare
declinazione. Ma anche la direzione individuata dalle buche 1 e 3
è astronomicamente significativa, intersecando l'orizzonte nel
punto di levata della Luna al lunistizio intermedio, quando la
declinazione era pari a –є +i; i due angoli
si riferiscono all'inclinazione dell'eclittica sull'equatore
celeste (є) e all'inclinazione dell'orbita lunare
sull'eclittica (i). Nella direzione opposta si ha il
tramonto della Luna all'altro lunistizio intermedio, con
declinazione pari a +є -i. E’ indubbiamente
curioso il fatto che nel sito di Pianvalle siano codificati
allineamenti verso i punti relativi a tutte e quattro le possibili
stazioni lunari lunistiziali, nessuna esclusa. Il motivo di ciò
non ci è noto; forse si lega a pratiche rituali. In ogni caso, la
probabilità che gli allineamenti derivino solo da una
distribuzione casuale delle buche è molto bassa.
Il
sole e la luna non sono però gli unici astri interessati dagli
allineamenti. Infatti, ci sono coppie di buche i cui centri sono
allineati con eccellente approssimazione verso il punto
dell'orizzonte locale di prima visibilità di Antares, la stella
più luminosa dello Scorpione, e verso l'analogo punto relativo a
Rigel, nella costellazione di Orione. Durante il VI secolo a.C.
Antares, di magnitudine 1.2, andava in levata eliaca poco prima
del sorgere del Sole nella seconda metà di novembre (calendario
giuliano) apparendo, secondo i calcoli, a 6°-7° di altezza nel
momento in cui il Sole era ancora 5°-6° sotto l'orizzonte. Per
Rigel, di magnitudine 0.34, la levata eliaca avveniva ai primi di
luglio.
L'osservazione
diretta dei fenomeni eliaci considerati era possibile dalla sommità
del lato orientale del luogo sacro, e in entrambi i casi la
differenza tra l'azimut calcolato e quello rilevato sul terreno è
decisamente inferiore a 1°. Allineamenti su queste due stelle
sono comuni anche ad altri luoghi sacri della cultura di Golasecca
rilevati dallo scrivente nel Varesotto.
Altre
due buche stabiliscono una direzione che si discosta per meno di
mezzo grado dal punto di tramonto di Vega e Capella: le stelle,
all'epoca, avevano pressoché la medesima declinazione. Un'altra
coppia individua la direzione di levata delle stelle della Cintura
di Orione nel VI secolo a.C., mentre a occidente si rileva il
tramonto di Procione, nel Cane Minore, la cui magnitudine è 0.5;
lo scarto con l'azimut misurato è minore di 15'. Capella e le
stelle della Cintura di Orione compaiono frequentemente quali
oggetti celesti verso cui risultano orientati altri siti
golasecchiani, perlopiù recinti funerari risalenti al VII secolo
a.C. e presenti nella provincia di
Varese. Queste stelle dovevano rivestire qualche ruolo particolare
nella cultura di Golasecca e la loro osservazione era
probabilmente un fatto comune per queste popolazioni.
Il
sito di Pianvalle, in cui è ubicata la grande roccia istoriata,
è ritenuto un luogo sacro, ma non è un luogo di sepoltura (i
defunti venivano infatti cremati e sepolti più a valle, nella
località detta della Ca' Morta), in analogia con quanto si
riscontra in altri siti golasecchiani, quali la brughiera del
Vigano, presso Somma Lombardo (VA), con il Sass di Biss e altri
monoliti ricchi di incisioni rupestri, e il luogo presso Sesto
Calende (VA) in cui è collocato l'enorme masso noto come Sass
dela Preja Buja (Sasso della Pietra Scura, nel dialetto locale).
Il denominatore comune è costituito dall'esistenza di incisioni
rupestri risalenti all'età del Rame o del Bronzo, nonché dal
fatto che siano stati utilizzati quali luoghi di culto e che
esistano orientazioni astronomicamente significative riguardanti
la Luna ai lunistizi e alcune stelle di rilevante luminosità.
Ma
a che cosa serviva all'uomo golasecchiano sapere dove sorgeva la
Luna una volta ogni 18,6 anni? Il ciclo potrebbe anche essere
utilizzato per prevedere a corta scadenza possibili eclissi di
Luna e di Sole. Ma il meccanismo di previsione è così complesso
e aleatorio che è realistico dubitare che potesse avere una
qualche utilità. Probabilmente non sapremo mai a cosa servissero
questi allineamenti, ma è un dato di fatto che esistono e che si
presentano sistematicamente in un numero rilevante di siti
risalenti alla cultura di Golasecca. La natura rituale degli
allineamenti, allo stato delle ricerche, sembra essere la più
probabile, senza voler escludere una qualche valenza calendariale,
visto che sulla grande roccia di arenaria si rileva anche la
presenza di una ruota solare a sette raggi accompagnata
lateralmente da una grossa coppella e da 12 piccole coppelle
sistemate su due file rispettivamente di 5 e 7 elementi ciascuna.
E difficile proporre una qualunque interpretazione, ma anche in
questo caso si può azzardare qualche ipotesi. Il complesso
potrebbe rappresentare una sorta di calendario in cui la ruota è
il Sole, la grossa coppella in alto a destra potrebbe
simboleggiare la Luna e la serie di 12 potrebbe esprimere il
numero delle lunazioni che compongono l'anno solare.
L'organizzazione su due file di 7 e 5 elementi si adatta a
rappresentare l'andamento climatico in quei luoghi durante l'Età
del Rame, che poteva infatti essere ripartito grosso modo in due
stagioni, quella estiva, più corta (5 lunazioni), e quella
invernale. Va poi rilevato che nelle immediate vicinanze esistono
altre file di coppelle composte da 8, 12, 13 e 14 elementi e un
raggruppamento di forma grosso modo rettangolare composto da 29
coppelle. Sarà un caso, ma questi numeri risultano essere tutti
legati ai cicli lunari: 12 e 13 potrebbero riferirsi al numero di
lunazioni in un anno solare, 14 potrebbe essere il numero di
giorni tra un plenilunio e il successivo novilunio, 8 potrebbe
essere il numero di giorni tra una fase lunare e la successiva.
Infine, 29 potrebbe essere il numero di giorni del mese delle
fasi. Ovviamente, siamo nel puro regno delle ipotesi.
Alcune
decine di metri più a valle, verso sud-ovest, lungo il versante
della collina è presente il settore abitativo più consistente:
35 m di lunghezza per 25 m di larghezza. Il nucleo abitato risulta
orientato sulla levata del Sole al solstizio d'inverno e, dalla
parte opposta, sul tramonto al solstizio d'estate. Era composto da
due serie di abitazioni divise da una strada a gradoni. Nella
parte più elevata dell'abitato una piattaforma di pietre aveva
forse una funzione di confine con la soprastante zona sacra.
Gli
scavi hanno rivelato che l'area fu abbandonata grosso modo agli
inizi del IV secolo a.C., rimanendo disabitata per tre secoli e
venendo infine trasformata in un luogo sacro, attivo per buona
parte del I secolo a.C. Il periodo corrisponde all'epoca del pieno
sviluppo delle popolazioni celtiche locali di stirpe insubre, dopo
l'invasione gallica del 388 a.C. In quel luogo vennero deposte
almeno due tombe e un numero imprecisato di offerte votive, che
sono state riportate alla luce; la sepoltura era costituita da una
cassetta litica coperta da un tegolone con l'asse maggiore
allineato verso il punto di prima visibilità di Regolo, la alfa
del Leone, nel giorno della sua levata eliaca. La tomba è di età
celtica, e per i Celti Regolo andava in levata eliaca nel periodo
prescritto per la celebrazione della festa di Lugh, nei primi
giorni di agosto.
Una
seconda tomba celtica, molto ricca di arredi e offerte votive e
posta in un'altra abitazione, ha l'asse maggiore diretto verso il
punto dell'orizzonte orientale in cui poteva essere osservata la
levata eliaca di Capella. Tale levata era
correlata per i Celti alla festa rituale primaverile di
Imbolc.
Verso
la fine del I secolo a.C., in avanzata fase di romanizzazione,
l'area di Pianvalle venne definitivamente abbandonata e perse
anche il ruolo di spazio sacro. Nei secoli precedenti questo sito
aveva costituito un nucleo abitativo ben caratterizzato
appartenente alla Comum Oppidum citata da Tito Livio. Gli
archeologi sono ormai certi che l'abitato protostorico era formato
da una serie di nuclei abitativi intervallati da aree verdi,
terreni comuni, orti e stalle. Non tutti i settori abitati sono
coevi; le abitazioni avevano funzioni diversificate ed erano
arricchite da strutture di uso comune, quali i pozzetti per
accendervi il fuoco, la strada, il canale di scolo delle acque. Vi
era insomma un impianto urbanistico e non uno sviluppo lasciato
alla spontanea iniziativa dei singoli abitanti. La Comum
Oppidum era un centro dinamico, risultante dalla somma di
numerosi nuclei abitativi distribuiti, non necessariamente
contigui e caratterizzati anche dal punto di vista dell'attività
produttiva, quindi con un'organizzazione economica abbastanza
complessa e articolata. A Pianvalle si lavoravano il bronzo e il
ferro, utilizzando la fornace posta ai piedi della grande roccia
istoriata. Dove operavano centri di lavorazione dei metalli, in
epoca golasecchiana vi erano anche punti di produzione della
ceramica, dei tessuti e di altri beni di consumo. Esisteva dunque
un ceto di artigiani, struttura portante dell'antica
organizzazione sociale della comunità.
La
presenza nel luogo sacro di un forno per la fusione del ferro ci
può indicare che, con ogni probabilità, il quartiere dei
fonditori era posto all'interno del luogo di culto. Ciò
sembrerebbe convalidare un'interessante ipotesi suggerita da
analoghi ritrovamenti in altri siti golasecchiani: che cioè
esistesse un qualche rapporto tra la lavorazione dei metalli e il
potere religioso, anche se allo stato attuale delle ricerche è
difficile definirne i caratteri specifici. Insomma, già nel VI
secolo a.C. Pianvalle era qualcosa di più di un semplice
villaggio: era piuttosto un centro già dotato di caratteristiche
marcatamente protourbane in cui esisteva un'élite, forse una
casta sacerdotale, espressa da artigiani culturalmente evoluti,
che era in grado di osservare il cielo e i suoi fenomeni più
appariscenti, di attribuire loro significati ben precisi e di
costruire semplici strumenti per identificarli e prevederli
scrutando con attenzione l'orizzonte.
Approfondimenti
Cicli
lunari di levata e tramonto
L’orbita
della luna interseca il piano orbitale della terra
intorno al Sole (eclittica) in due punti che sono
denominati nodi: il nodo ascendente
corrisponde al punto in cui la Luna attraversa
l'eclittica salendo da latitudini negative a
positive, e viceversa per il nodo discendente.
Tutto ciò avviene perché l'orbita del nostro
satellite naturale è inclinata rispetto a quella
della Terra di un angolo (i) che è pari, in
media, a 5°,15. La linea immaginaria che congiunge
questi due punti (linea dei nodi) non rimane
fissa nello spazio: i nodi si spostano infatti lungo
l'eclittica, in direzione opposta a quella del moto
della Luna, a una velocità media di 19°,3 l'anno,
percorrendola tutta in 6798 giorni, cioè 18,6 anni
solari tropici. Questo fenomeno va sotto il nome di
retrogradazione dei nodi lunari.
L'eclittica
è a sua volta inclinata rispetto all'equatore
celeste di un angolo (є), pari attualmente a
23°,45 e lentamente variabile nel tempo: oscilla
infatti grosso modo tra 22° e 24° in un periodo di
41.013 anni. Nel corso della retrogradazione, ogni
18,6 anni accade che il nodo ascendente coincida con
la posizione del Punto dell'Ariete, che è l'intersezione
tra l'equatore celeste e l'eclittica (il
Sole vi
transita
a ogni
equinozio
di primavera).
In questa
circostanza, la Luna, muovendosi lungo la sua
orbita, può raggiungere la massima altezza sopra
l'equatore celeste, cioè la massima declinazione,
pari a є +i=28°,6 (ai giorni nostri).
Ciò è avvenuto l'ultima volta l'8 novembre 1987 e
avverrà nuovamente il 19 giugno del 2006. |
|
In quel
giorno la Luna si dice al lunistizio superiore, e il
suo punto di levata, detto punto d'arresto
superiore, ha un azimut con il minimo valore
consentito durante il ciclo di 18,6 anni: ricordando
che l'azimut si conta dalla direzione nord verso
est, ciò significa che è la levata più
settentrionale consentita.
L'azimut
dipenderà anche dalla latitudine del luogo di
osservazione e sarà tanto minore quanto più il
luogo di osservazione è vicino al Polo Nord. Una
situazione interessante si verifica quando il luogo
di osservazione è posto a una latitudine maggiore o
uguale a
(90° -є-i): in questo caso
l'astro diventa temporaneamente circumpolare (non
scende mai sotto l'orizzonte) e il fenomeno si
ripete ogni 18,6 anni. Attualmente tale latitudine
critica è di 61 °,4.
|
I
limiti della declinazione della Luna nel
corso di una rivoluzione della linea dei
nodi |
A
questo proposito è interessante ricordare
l'affermazione di Ecateo di Mileto che nel VI secolo
a.C. riferiva di un tempio circolare, ubicato nel
paese degli Iperborei (coloro che vivono "sotto
l'Orsa Maggiore"), dove la Luna ogni 19 anni
"danzava lungo l'orizzonte" senza mai
tramontare. Il tempio fu per molti anni erroneamente
identificato con Stonehenge. Recentemente lo
scrivente ha proposto invece l'identificazione con
il sito megalitico di Callanish, nell'Isola di Lewis,
a nord della Gran Bretagna, luogo in cui la
latitudine è sufficientemente elevata affinché il
fenomeno potesse effettivamente essere osservato.
Quando la Luna si trova al lunistizio superiore, non
solo la levata è al punto d'arresto superiore, ma
nel corso della notte l'astro culminerà alla
massima altezza possibile sull'orizzonte. Due
settimane dopo, avendo percorso metà della sua
orbita, la Luna si troverà nella situazione
opposta, alla declinazione minima in assoluto pari a
-
є -i = -28°,6, corrispondente
al lunistizio inferiore: il suo punto di levata, a
sud-est, avrà il massimo azimut consentito nel
ciclo di 18,6 anni (punto d'arresto inferiore), ed
essa rimarrà molto bassa sull'orizzonte per tutta
quella notte, tramontando a sud-ovest (i punti di
tramonto degli astri sono simmetrici ai punti di
levata rispetto alla linea del meridiano locale). In
pratica, nel corso di quel mese avremo la massima
escursione in azimut dei punti di levata (e di
tramonto) lunari: la Luna sorgerà nel punto più a
nord-est e dopo due settimane nel punto più a
sud-est.
Trascorsi
9,3 anni da questo momento, la linea dei nodi avrà
ruotato di 180° e il nodo ascendente
coinciderà con il Punto della Bilancia, opposto a
quello d'Ariete. In questa situazione, la Luna si
troverà ai lunistizi intermedi, toccando il minimo
valore assoluto della sua oscillazione in
declinazione: tra 18°,3 e, mezzo mese dopo, -18°,3.
Per quel mese l'escursione dell'azimut di levata e
di tramonto (o dell'altezza in ciclo) sarà la
minima dell'intero ciclo.
Lunistizi:
un’importanza rituale?
A
che cosa poteva servire la conoscenza delle epoche
dei lunistizi? A questa domanda, allo stato attuale
delle ricerche, è molto difficile rispondere.
Certamente, il ciclo di retrogradazione dei nodi non
ha alcuna rilevanza pratica, per esempio sotto il
profilo agricolo. E tuttavia l'esistenza di un gran
numero di allineamenti sui punti d'arresto lunari
rilevati in molti siti europei preistorici e
protostorici è un dato di fatto che non si può
trascurare. Viene dunque da pensare che quegli
allineamenti avessero un qualche valore rituale; del
resto, l'importanza rituale della Luna per le
popolazioni celtiche nel periodo protostorico è
oggetivamente documentata nei cicli presenti nel
Calendario di Coligny.
Anche
nelle vicinanze di Pianvalle è possibile rilevare
un fenomeno molto interessante, connesso con un
possibile luogo sacro per i Golasecchiani della Comum
Oppidum del V secolo a.C. La fonte Mojenca è
una sorgente d'acqua situata all'interno del Parco
della Spina Verde. Attorno alla conca naturale in
pietra della fonte, scolpita fino ad assumere una
forma trilobata, vennero innalzati muri laterali e
una copertura usando grandi lastre di granito
tuttora ben conservate; l'imboccatura è larga 1,3 m
e alta 1,5 m e si restringe progressivamente verso l'interno
fino a divenire impraticabile all'ispezione. L'asse
della galleria della fonte interseca l'orizzonte nel
punto in cui la Luna tramontava, una volta ogni 18,6
anni, quando la sua declinazione era la minima
possibile (-є -i). Poiché la
variazione dell'obliquità dell'eclittica è molto
lenta e le dimensioni dell'imboccatura della fonte
sono rilevanti, il nostro satellite naturale ha
potuto gettare la sua luce entro la galleria della
fonte, nel giorno del tramonto al lunistizio
inferiore, una volta ogni 18,6 anni, praticamente
dal 3000 a.C. fino ai giorni nostri. È noto il
carattere sacro che le fonti rivestivano in epoca
antica, ed è pure un fatto documentato la
connessione tra la Luna e l’acqua presso i Celti.
la probabilità che l’allineamento rilevato
risulti da una combinazione di fattori puramente
casuali viene calcolata come inferiore allo 0,3%.
Le
stelle nella cultura di Golasecca
Ricerche
storiche e archeologiche, iniziate oltre un secolo
fa, hanno evidenziato l'esistenza di un substrato
culturale unico diffuso su tutta l'area lombarda,
nella zona compresa tra i fiumi Serio e Sesia, che
prese il nome di "Cultura di Golasecca",
da una delle principali località, presso Varese, in
cui furono rinvenuti i primi reperti pertinenti a
tale cultura. La Cultura di Golasecca si sviluppò
durante la prima Età del Ferro nella provincia di
Novara, in tutta la Lombardia occidentale e in tutto
il Canton Ticino, interessando numerosi popoli che
rappresentano in assoluto il più antico ceppo
celtico noto e documentato, risalente addirittura al
XIII secolo a.C. Nei secoli successivi, e
soprattutto tra il IX e l'VIII, si nota che gli
abitati di pianura vennero gradualmente abbandonati,
forse per un avanzamento delle paludi. Il V secolo
a.C. fu un periodo molto florido, come si può
arguire anche dalla composizione dei corredi
funerari. Il IV secolo a.C. fu segnato
dall'invasione gallica dell'Italia settentrionale;
l'effetto sulla Cultura di Golasecca fu disastroso,
tanto da provocarne il rapido declino. La tradizione
golasecchiana rimase viva solo nelle vallate alpine
relativamente risparmiate dall'invasione gallica. In
questi luoghi avvenne una progressiva fusione della
cultura autoctona con quella portata dai Celti
transalpini e, successivamente, nel II e nel I
secolo a.C., con quella romana.
Non
sappiamo se i Golasecchiani svilupparono o meno un
calendario basato sui cicli astronomici
fondamentali. Sappiamo però che furono agricoltori:
doveva perciò essere stabilito e tramandato un
qualche tipo di sistema calendariale, che
permettesse la pianificazione delle attività
agricole, basato sui cicli astronomici più
evidenti, quelli del Sole e della Luna. In mancanza
di un reperto calendariale oggettivo, può essere
utile analizzare le orientazioni astronomicamente
significative degli insediamenti abitativi, delle
strutture litiche isolate e delle necropoli, per
cercare di capire quali fossero le conoscenze
astronomiche di queste genti.
L'analisi
archeoastronomica condotta dallo scrivente ha
individuato 216 allineamenti in oltre 25 siti. È
interessante che ve ne siano ben 17 relativi alle
costellazioni e 56 alle stelle. Pianvalle, con i
suoi allineamenti prevalentemente lunari e solari,
è per certi versi un'eccezione. Nei siti in cui è
marcata una sola direzione solare significativa,
essa è immancabilmente solstiziale invernale;
questa data avrebbe potuto essere per i
Golasecchiani il riferimento principale ai fini del
calendario. La determinazione dei solstizi non era
però sufficiente a garantire un'efficiente
programmazione dei lavori agricoli. Occorreva
disporre di suddivisioni dell'anno in intervalli più
corti, e a ciò potevano prestarsi le stelle più
luminose, i cui punti di prima visibilità alla data
della loro levata eliaca sembrano essere i preferiti
nell'orientazione dei luoghi sacri nei vari siti
lombardi.
Stella |
Levata
eliaca |
|
|
Antares |
metà
novembre |
Deneb |
seconda
decade di novembre |
Altair |
prima
decade di dicembre |
Markab
(alfa Peg) |
prima
decade di febbraio |
Capella |
fine
marzo |
Hamal
(alfa Ari) |
metà
aprile |
Aldebaran |
primi
di giugno |
Betelgeuse |
fine
giugno |
Rigel |
prima
decade di luglio |
Procione |
metà
luglio |
Sirio |
seconda
decade di luglio |
Regolo |
primi
di agosto |
Spica |
fine
settembre |
Vega |
fine
ottobre |
Altair |
prima
decade di dicembre |
Date
della levata eliaca delle stelle più
luminose in periodo golasecchiano per le
quali sono stati ritrovati allineamenti
significativi |
La
data della levata eliaca è quella in cui una stella
appare a oriente poco prima della levata del Sole e
immediatamente dopo sparisce nelle luci dell'alba.
L'osservazione della sequenza delle levate eliache
avrebbe potuto permettere la delimitazione di una
serie di date durante l'anno. Praticamente tutti gli
antichi popoli sui cui usi e costumi disponiamo di
documentazione scritta utilizzarono questo metodo
per la pianificazione agricola e per la navigazione;
basti ricordare Le Opere e i Giorni
del greco Esiodo.
Spesso,
all'epoca della levata eliaca di una determinata
stella veniva celebrata una festa: in ambito celtico
transalpino le quattro feste principali erano
connesse con la levata eliaca di Antares, Aldebaran,
Capella e Sirio, la prima delle quali stabiliva
anche l'epoca di inizio dell'anno agricolo e
rituale, oltre che della stagione invernale, mentre
la seconda sanciva l'inizio della stagione estiva.
Le stelle per le quali rileviamo l'esistenza di
allineamenti sono circa una dozzina: esse avrebbero
potuto permettere di scandire l'anno in maniera
abbastanza fitta e regolare. Per esempio, nel
periodo compreso tra le levate eliache di Markab (alfa
Pegasi) e Capella i Golasecchiani avrebbero potuto
procedere alla semina primaverile dei frumenti
primitivi. La prima visibilità di Aldebaran poteva
segnare l'inizio del periodo adatto alla raccolta
dell'orzo. Tra le levate di Betelgeuse e di Rigel
era tempo di mietitura dei frumenti, sia di quelli
seminati in primavera sia di quelli dell'autunno
dell'anno precedente (precisamente, tra le levate
eliache di Arturo e di Spica). Infine, Vega avrebbe
potuto segnalare il tempo di mietitura del grano
seminato all'inizio della primavera.
È
noto che la posizione degli astri nel cielo varia
con l'andare del tempo a causa del fenomeno della
precessione degli equinozi; in particolare, variano
la declinazione della stella e dunque anche il punto
dell'orizzonte in cui essa sorge o tramonta. Ebbene,
siti golasecchiani collocabili cronologicamente in
epoche molto differenti contengono allineamenti
correlati con le stesse stelle anche se la posizione dei loro punti di levata o di
tramonto all'orizzonte è nel frattempo variata. In
altre parole, gli allineamenti ruotano concordemente
con il cambiamento di posizione della stella. La
probabilità che ciò sia dovuto al
puro caso è bassissima.
Per quanto riguarda il
Sole e la Luna, le cui posizioni di levata e
di tramonto non risentono del fenomeno della
precessione degli equinozi, è significativo che gli
allineamenti rilevati nei vari siti, contrariamente
a quelli stellari, mantennero identico il valore
dell'azimut lungo tutto il periodo di tempo coperto
dallo sviluppo
della Cultura di Golasecca.
Infine,
c'è una marcata somiglianza tra le distribuzioni
statistiche delle direzioni rilevate nei siti
golasecchiani e quelle dei numerosi nemeton
celtici, soprattutto francesi. Simile è anche
l'insieme degli astri ritenuti importanti per le due
popolazioni: il numero delle stelle
"preferite" dai golasecchiani è solo un
po' maggiore di quello dei Celti transalpini. |
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Scheda
autore
Adriano
Gaspani. Lavora presso l'Osservatorio
Astronomico di Brera (Milano), dove attualmente
svolge l'attività di system manager presso il
locale Centro di Calcolo. Dal 1974 è membro del
GEOS (Gruppo Europeo d'Osservazione Stellare). Da
molti anni si occupa di archeoastronomia, avendo
inaugurato l'applicazione di tecniche di
ricognizione e analisi computerizzata di siti
preistorici e protostorici basate su Reti Neuronali
Artificiali e sulla Fuzzy Logic, con particolare
riferimento ai reperti risalenti alla cultura
celtica. |
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Sommario |
I
simboli solari dei Camuni |
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