Talvolta
è accaduto che importanti ritrovamenti archeologici siano stati
frutto del caso. Un evento di questo genere è all'origine della
nostra vicenda: durante i lavori eseguiti per il consolidamento
della struttura di un palazzo di Matelica, in provincia di
Macerata, fu rinvenuto, nel 1985, un globo di marmo. Uno
di noi (Baldini) ebbe modo di esaminarlo con accuratezza e si rese
conto della possibile importanza di questo oggetto, a tutt'oggi
apparentemente unico.
Il
globo, o sfera, fu riposto nel Museo Piersanti di Matelica per
ulteriori esami. È balzato subito all'occhio che si doveva
trattare di uno strumento per la misura del tempo, di una
meridiana, in poche parole. Solo recentemente, però, ci è stato
possibile effettuare un dettagliato studio delle funzioni di
questo strumento: siamo ora in grado di spiegarne le
caratteristiche.
Abbiamo
detto che l'oggetto è apparentemente unico: un suo parente
stretto, ritrovato nel 1939 da Carl W. Blegen tra le rovine di
Prosymna, si trova al Museo di Nafplion, in Grecia. I due globi,
tuttavia, differiscono profondamente nei dettagli costruttivi e,
molto probabilmente, nelle modalità d'uso.
In
questo articolo ci dedicheremo esclusivamente alla descrizione del
globo di Matelica da un punto di vista tecnico: faremo cioè
quello che farebbe un informatico del Quarantesimo secolo che si
trovasse tra le mani un calcolatore dei giorni nostri. Molti
aspetti archeologici, che sicuramente riserveranno interessanti
sorprese, verranno completamente trascurati, sia per incompetenza
degli autori che per ovvi limiti di spazio. L'oggetto
in questione ha tuttavia un interesse cosi profondo per
l'archeoastronomia da giustificare di sorvolare per il momento
sugli aspetti propriamente storici.
La
sfera di Matelica è di marmo. Essa misura circa 14,6 cm di raggio
medio. Per la verità non è proprio sferica: l'emisfero inferiore
è deformato da un profondo incavo, evidentemente destinato alla
messa in posto dello strumento, e da una tacca aggiuntiva -
probabilmente alloggiamento di qualche supporto di legno o bronzo
- per evitare oscillazioni. Anche
l'emisfero superiore non è perfettamente sferico (con
scarti di qualche millimetro); questo può essere spiegato
dalle difficoltà di costruzione, o dall'erosione cui la
sfera è stata soggetta nel tempo.
Le
incisioni presenti – tuttora ben leggibili - fanno
tuttavia pensare che quest'ultimo processo non sia stato
particolarmente distruttivo. Nella
nostra descrizione ci limiteremo all'emisfero superiore,
delimitato nel piano equatoriale da una linea incisa che
chiameremo "orizzonte". Perpendicolarmente ad
essa è incisa un'altra linea che chiameremo
"meridiano". Le due linee si vedono chiaramente
nella foto qui a lato. Dividendo
idealmente l'emisfero superiore con un piano perpendicolare
all'equatore, otteniamo due quarti di sfera, uno dei quali
presenta tre cerchi concentrici intersecati da un quarto arco di
cerchio (foto 1); l'altro quarto è invece praticamente liscio, a
parte una serie di 13 fori (foto 2), disposti in una figura a cuspide con il foro centrale
esattamente al culmine e gli estremi sull'orizzonte, a 90 gradi
dal meridiano.
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Foto
1. La faccia anteriore della sfera contiene tre
cerchi concentrici, intersecati da un arco di
cerchio. Il centro dei cerchi giace sulla linea
meridiana
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Foto
2. Vista dall'alto la sfera presenta una serie di
13 fori, organizzati a forma di cuspide. Il foro
centrale è alla sommità della sfera, mentre i
due fori estremi, considerevolmente più grandi
degli altri si trovano sull'"orizzonte"
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Chiameremo
il quarto con i cerchi "faccia anteriore" e quello con i
fori "faccia posteriore". I fori sono numerati, a
partire dal primo a destra del culmine guardando la faccia
anteriore, da alfa ad epsilon maiuscole (A, B,
Γ, Δ, E); il sesto foro (a destra sull'orizzonte) è
indicato con il simbolo digamma. Il primo foro a sinistra
(sempre sull'orizzonte) è ancora indicato con un digamma,
anche se speculare rispetto all'altro simbolo. Quindi la
numerazione riprende da zeta a iota maiuscole (Z, H,
Θ, I) per continuare con IA (iota-alfa)
e per finire con il foro di colmo, contrassegnato con IB (iota-beta).
Accanto
ad alcuni di questi fori, che hanno dimensioni di circa 2 mm, vi
sono dei minuscoli forellini, sul cui possibile significato
torneremo più avanti. I due fori sull'orizzonte sono
considerevolmente più grandi degli altri: in quello di sinistra
si nota inoltre l'avanzo di un perno, di materiale diverso da
quello della sfera. Non si
hanno notizie sul fatto che sia o no coevo alla sfera.
La
faccia anteriore - come si è detto - presenta tre cerchi
concentrici. Possiamo anticipare subito che il centro di questi
cerchi si trova ad un'altezza sull'orizzonte pari a 44,9 gradi:
questo dato va confrontato con la latitudine di Matelica (43,22
gradi). Anche sul significato di questi tre cerchi, e dell'arco
che li interseca, torneremo in un momento: per ora completiamo la
descrizione notando alcune iscrizioni in greco nel complesso dei
cerchi, che sono evidentemente in relazione con le costellazioni
dello Zodiaco.
Per
comprendere la funzione e il modus operandi dei vari
simboli sulla sfera conviene rifarsi al cammino apparente del Sole
nel cielo durante l'arco di un anno (figura 1). Alle latitudini intermedie (come
quella di Matelica) il Sole sorge esattamente ad est nei giorni
dell'equinozio, mentre sorge spostato verso sud o verso nord (di
un angolo azimutale che dipende dalla latitudine e
dall'inclinazione dell'asse terrestre sul piano orbitale)
rispettivamente al solstizio d'inverno e al solstizio d'estate.
Tra il solstizio d'inverno (SI) e quello estivo (SE) il punto
dell'orizzonte in cui sorge
il Sole si sposta gradualmente, passando per l'est; giunto in SE
inverte il moto e torna di nuovo verso SI passando ancora per
l'est. Nei giorni equinoziali, a mezzogiorno, il Sole transita al
meridiano esattamente ad un'altezza sull'orizzonte pari alla
colatitudine (90 gradi - latitudine) del posto; a mezzogiorno di
SI si troverà ad un'altezza pari alla precedente meno l'obliquità
dell'eclittica e, a mezzogiorno di SE, ad un'altezza pari alla
precedente più l'obliquità dell'eclittica.
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Figura
1
Modello
della metà superiore della sfera di Matetica Oltre
ali orizzonte (giallo), al meridiano (arancione) e
al sistema di cerchi concentrici (azzurro) che è
rivolto verso il nord, sono indicate le tre
proiezioni del percorso giornaliero del Sole sulla
volta celeste nei tre giorni corrispondenti al
solstizio d'inverno (SI), agli equinozi (EQ) e al
solstizio destate (SE). I cerchietti indicano la
posizione del Sole sull'orizzonte (all'alba) e sul
meridiano (a mezzogiorno) in questi quattro giorni.
L'angolo λ è pari alla latitudine di Matelica.
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Immaginando
di esporre la sfera alla luce del Sole, questi ne illumina la metà,
e il limite tra la luce e l'ombra (il terminatore) si trova
esattamente a 90 gradi dalla direzione del Sole. Come si vede
nella figura 2, se il raggio angolare del cerchio più
grande è pari all'obliquità dell'
eclittica (ε),
il terminatore sarà tangente alla parte superiore del cerchio a
mezzodì di SI, passerà per il centro a mezzodì degli equinozi e
sarà tangente alla parte inferiore del cerchio a mezzodì di SE.
Ora con buona approssimazione (torneremo più oltre su questo
argomento), il raggio del cerchio esterno è proprio pari
all'obliquità, per cui l'osservazione della posizione del
terminatore a mezzogiorno forniva agli utenti della sfera una
stima abbastanza precisa della stagione dell'anno.
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Figura
2
Posizione
dei terminatori a mezzogiorno dei giorni solstiziali
(SE, SI) ed equinoziali (EQ). L'angolo ε è
pari all'obliquità dell'eclittica (circa 23 gradi). |
Vi
è però molto di più (figura 3): i due cerchi più interni si trovano ad una
distanza angolare dal centro tale che il terminatore è ad essi
tangente (sempre a mezzogiorno, per semplicità) un mese dopo o un
mese prima di SI (parte superiore del secondo cerchio); due mesi
dopo o due mesi prima di SI (parte
superiore del terzo cerchio); due mesi prima o due mesi dopo SE
(parte inferiore del
terzo cerchio); un mese prima o un mese dopo SE (parte inferiore
del secondo cerchio).
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Figura
3
Posizione
dei terminatori intorno al 20 di ogni mese. Le
posizioni del Sole (indicate con dei pallini) e i
relativi terminatori sono: 1-solstizio d'inverno;
2-gennaio, novembre; 3-febbraio, ottobre; 4-marzo,
settembre (equinozi); 5-aprile, agosto; 6-maggio,
luglio; 7-solstizio d'estate. |
Utilizzando
i nomi e i tempi di oggi potremmo dire che il terminatore è
tangente al cerchio esterno a dicembre (in alto) e a giugno (in
basso); al secondo cerchio a novembre e gennaio (in alto) e maggio
e luglio (in basso); al terzo cerchio a ottobre e febbraio (in
alto) e aprile e agosto (in basso); passerà infine per il centro
a marzo e settembre. Il
sistema di cerchi appare quindi orientato verso il polo nord
(assumiamo, per ora, che il centro dei cerchi coincida proprio con
la latitudine del posto) e con ampiezza corrispondente alla
declinazione che il Sole assume a distanza di un mese tra un
solstizio e un equinozio. Si tratta in definitiva di un ottimo
calendario, quando la precisione richiesta non sia eccezionale.
La
funzione dell'arco di cerchio che passa per il centro è meno
evidente: potrebbe semplicemente fornire il rapporto tra la durata
del giorno e la durata della notte. Infatti, riportando su ciascun
cerchio mensile i due archi in cui viene diviso l'orizzonte dai
punti in cui si trova il Sole all'alba e al tramonto, si ottiene
una serie di coppie di punti su ciascun cerchio, unendo i quali si
ottiene proprio l'arco inciso sul globo (figura 4). Veramente il raggio di questo arco
dipenderebbe dalla latitudine e sarebbe un po' più piccolo di
quello osservato (di circa 3 mm) se la latitudine del posto fosse
proprio quella di Matelica. Come abbiamo visto, però, la
latitudine denunciata dal globo è un po' più grande, molto
vicina a 45 gradi, valore per il quale il raggio dell'arco di
cerchio è - come osservato – pari a quello del cerchio più
grande.
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Figura
4
L'arco
di cerchio (in verde) interseca i tre cerchi
concentrici dividendoli in due parti esattamente uguali
(come ampiezza angolare) a quelle in cui è diviso
l'orizzonte dai punti in cui sorge e tramonta il
Sole nei mesi corrispondenti: ad esempio, l'arco
1-1' in viola (passando da sud) sull'orizzonte è
uguale all'arco 1-1', nello stesso colore (passando
dal basso) sul cerchio esterno.
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La
discrepanza tra la latitudine del centro dei cerchi e quella di
Matelica non è trascurabile. Su una sfera di quasi 15 cm di
raggio essa rappresenta un arco di poco più di 4 mm, che ci pare
un errore un po' troppo cospicuo, data la precisione con cui lo
strumento è stato costruito. Questa differenza, a nostro parere,
può essere dovuta a tre possibili cause: 1) gli artefici hanno
sbagliato la determinazione della latitudine di Matelica; 2) il
globo non era destinato a Matelica, ma ad una città posta
all'incirca sul quarantacinquesimo parallelo; 3) gli artefici
hanno sbagliato a riportare sul globo la latitudine osservata (che
invece era giusta). Abbiamo già detto che quest'ultima ipotesi ci
pare improbabile, data l'accurata fattura dell'insieme: un'analisi
statistica degli errori di misura di varie lunghezze e archi sulla
sfera, infatti, ci rivela che le misure sono consistenti con la
latitudine del centro dei cerchi con scarti massimi di 2 mm. La
seconda ipotesi richiederebbe un accurato studio sull'origine del
globo, sul significato della sua attuale presenza a Matelica, dove
sono state rinvenute nel passato suppellettili e monete di origine
greca, nonché resti di ville romane, e una giustificazione
plausibile dell'eventuale trasporto di uno strumento del genere in
una località in cui - per quanto ne sapevano gli utenti - non
avrebbe potuto espletare al meglio la sua funzione. Non possiamo
discutere ulteriormente questa possibilità, ma possiamo cercare
di esaminare meglio la prima.
La
determinazione della latitudine di una località comportava,
duemila anni fa, la misura della lunghezza dell'ombra proiettata
da uno gnomone a mezzogiorno di un giorno equinoziale. Il rapporto
tra la lunghezza dell'ombra e la lunghezza dello gnomone è la
tangente della latitudine. Non abbiamo mai fatto cenno all'epoca
della costruzione della sfera di Matelica ma, stando alla
datazione della sfera simile custodita a Nafplion, dovremmo essere
nei primi secoli avanti Cristo; a quell'epoca il citato metodo per
la determinazione della latitudine era ben noto. Ora, supponendo
che lo gnomone di riferimento avesse una lunghezza di circa due
metri (vi sono cenni di gnomoni alti come un uomo, usati a questo
scopo), una differenza di un grado di latitudine (intorno ai 45
gradi) si traduce in una differenza di circa 7 cm nella lunghezza
dell'ombra. Poiché lo scarto tra la latitudine osservata sulla
sfera (posizione angolare del centro dei cerchi) e quella vera di
Matelica è di 1,68 gradi, questo significa che gli artefici della
sfera avrebbero commesso un errore di misura dell'ombra di una
dozzina di cm, il che ci pare francamente troppo.
D'altra
parte sappiamo che Ipparco scoprì la precessione degli equinozi
(cioè la rotazione dell'asse terrestre attorno al polo
dell'eclittica in circa 26.000 anni) attorno al secondo secolo
avanti Cristo, cioè più o meno all'epoca in cui si presume sia
stata costruita la sfera di Nafplion. Possiamo anche supporre che
la sfera di Matelica sia antecedente a quella di Nafplion, o - più
semplicemente - che le nuove scoperte scientifiche impiegassero
all'epoca un certo tempo per tradursi in innovazioni tecnologiche.
La precessione degli equinozi fa sì che il giorno - ad esempio -
dell'equinozio di primavera si sposti all'indietro di una unità
in circa 72 anni. Se l'operazione di misura dell'ombra non viene
eseguita esattamente nel giorno dell'equinozio, d'altro canto, si
otterrà una misura della latitudine errata (per eccesso o per
difetto, a seconda che ci si trovi prima o dopo l'equinozio di
primavera, e viceversa all'equinozio d'autunno) di poco meno di
mezzo grado al giorno, alla latitudine di Matelica. Se questa
ipotesi fosse vera, quindi, potremmo concludere che la misura
dell'ombra sia stata fatta circa quattro giorni prima
dell'equinozio vero - se in primavera – o quattro giorni dopo se
in autunno. In ogni caso si può pensare che la determinazione del
giorno equinoziale sia stata in errore di quattro giorni, cioè
sia stata fatta circa 300 anni prima della costruzione della
sfera. Non conoscendo l'esistenza della precessione degli
equinozi, gli artefici di questa non avrebbero avuto nessun motivo
di determinare ogni volta quale fosse esattamente il giorno
equinoziale.
Naturalmente
nulla ci permette di favorire un'ipotesi all'altra, almeno finché
non saremo in possesso di una datazione precisa effettuata con
metodi archeologici. Per il momento però possiamo assumere che la
sfera sia stata costruita per una (presunta?) latitudine di 44,9
gradi.
Abbiamo
visto che il sistema di cerchi nella faccia anteriore della sfera
permette la determinazione del mese e, con buona volontà, anche
della settimana (tanto per indicare una suddivisione più fine del
mese). Esso inoltre permette di determinare subito la stagione
dell'anno, la distanza temporale da uno dei quattro momenti
importanti per l'agricoltura o per eventi civili (i due solstizi e
i due equinozi) e fornisce una stima della frazione del giorno in
cui c'è luce rispetto a quella al buio.
La
sfera, però, è molto più di questo: essa funziona anche come un
orologio molto preciso, in grado di fornire l'ora del giorno. Per
illustrare come sia possibile determinare l'ora è necessario
ricordare che i greci (supponendo che gli utenti della sfera
utilizzassero questo sistema) usavano dividere la frazione di
giorno tra l'alba e il tramonto in dodici "ore" di
uguale lunghezza: in altri termini la loro "ora" non
aveva durata costante durante l'anno, ma era più corta d'inverno
e più lunga d'estate. Solo attorno agli equinozi la durata
dell'"ora" greca (come del resto anche per i romani)
equivaleva ad un'ora nostra.
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Figura 5
Proiezioni
sulla superficie della sfera delle posizioni del
Sole all'inizio di ogni "ora" (definita
secondo il costume dei greci) nei giorni solstiziali
ed equinoziali: i cerchietti corrispondono ai
dodicesimi dell'arco diurno descritto dal Sole. Sono
indicate le ore nel giorno del solstizio estivo
(SE). |
Immaginiamo
ora (figura 5) di tracciare il cammino apparente del Sole nel cielo ai due
solstizi e all'equinozio: dividendo ciascuno di questi archi in 12
parti otterremo le 12 "ore". Se noi adesso uniamo le
posizioni del Sole durante l'anno all'inizio di ogni
"ora", otteniamo degli archi di cerchio massimo, che il
Sole descrive, una volta in un verso e poi nell'altro, nell'arco
di un anno (figura 6). Il primo cerchio (inizio della prima
"ora") coincide con l'orizzonte, contenendo tutte le
posizioni del Sole all'alba; il sesto cerchio (inizio della sesta
"ora") coinciderà invece col meridiano del posto e il
cerchio corrispondente ai tramonti (fine della dodicesima
"ora") sarà di nuovo l'orizzonte, dall'altra parte
dell'alba. Ora, un cerchio su una sfera si dice
"massimo" se è ottenuto con l'intersezione di un piano
passante per il centro (come nel caso dell'equatore e di tutti i
meridiani geografici). Ogni cerchio su una sfera ha un suo
"polo", ottenuto dall'intersezione tra la retta passante
per il centro, e perpendicolare al piano di sezione, e la
superficie della sfera. Solo i cerchi massimi, però, hanno la
proprietà di distare, in ogni loro punto, 90 gradi dal polo. È
possibile calcolare la posizione dei poli di questi tredici cerchi
massimi: essi rappresenteranno gli unici punti della superficie
della sfera per i quali, ad una data "ora" durante
l'anno, passerà sempre il terminatore, che si trova - come
abbiamo detto - a 90 gradi dalla direzione del Sole. Questi poli,
intersezione di tutti i terminatori corrispondenti ad una data
"ora", coincidono in modo quasi perfetto con le
posizioni dei fori sulla faccia posteriore della sfera. È utile
notare che la determinazione dei poli, relativamente semplice (ma
non banale) con la matematica odierna, non doveva essere
un'impresa facile all'epoca della costruzione della sfera: in essa
intervenivano sia la latitudine del posto sia il valore
dell'obliquità dell'eclittica e richiedeva, naturalmente, che la
superficie fosse perfettamente sferica.
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Figura
6
In
figura sono indicate con dei pallini le
posizioni del Sole nella prima ora (1, 2, 3) e
nelle seconde ore (4, 5, 6) della giornata; i
punti 1 e 4 si riferiscono al solstizio estivo;
i punti 3 e 6 al solstizio invernale; i punti 2
e 5 agli equinozi. Collegando come in figura
queste posizioni si ottiene il cammino apparente
del Sole alla stessa "ora" durante
l'anno. Queste curve sono archi di cerchi
massimi, i cui poli corrispondono ai fori incisi
sulla sfera. Come si vede dalla figura, i
terminatori (indicati dai numeri corrispondenti
ad una stessa ora durante l'anno), passano
comunque per lo stesso foro, che permetteva così
di definire l'"ora" del giorno. |
Ecco
dunque che la sfera si trasforma in un orologio in grado di
indicare in quale "ora" ci si trovi. Ricordiamo che per
i greci l'"ora" non è un istante, come per noi ad
esempio le 8:00, tra le 7:59 e le 8:01, ma tutta la durata di un
intervallo temporale pari a un dodicesimo del dì. Guardando tra
quali fori cadeva il terminatore, gli utenti erano subito al
corrente di quale fosse l'"ora" dell'osservazione. Noi
non abbiamo idea delle abitudini di quelle popolazioni, ma la
sfera sarebbe in grado di indicare anche frazioni di
"ora", fino ad una precisione di circa dieci
"minuti".
Correlando
la funzione oraria con quella stagionale, osserviamo che, ad
esempio al solstizio d'estate, il terminatore all'alba non solo
passa per il foro di colmo, che corrisponde allo zenit e indica
l'inizio della prima "ora" (ricordiamo che il secondo
foro è marcato A: numero uno nella numerazione greca), ma è
anche tangente al cerchio più grande (come deve, essendo il
solstizio) nel punto di intersezione ("M" in figura
6) con l'arco di cerchio: è l'inizio della giornata. Alla fine
della prima "ora" il terminatore passerà per il punto A
e sarà ancora tangente al cerchio più grande, ma un po' più
avanti, nel punto corrispondente ad un dodicesimo dell'arco di
luce (figura 7). Questa situazione si ripresenta ad ogni
"ora", cosicché i cerchi mensili possono essere
considerati anche come l'inviluppo delle posizioni del terminatore
in un determinato giorno dell'anno.
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Figura
7
In
uno stesso giorno (quello del solstizio estivo
in figura) l'inviluppo dei terminatori (in
rosso) nella giornata è il cerchio mensile
corrispondente. Notare che il primo terminatore
(alba) è tangente al cerchio mensile nel punto
in cui questo è intersecato dall'arco di
cerchio, mentre l'ultimo terminatore (tramonto)
è tangente nell'altro punto d'intersezione. In
tal modo era possibile stabilire gli estremi
dell'arco di circonferenza che rappresenta
la frazione del giorno illuminata dal
Sole. |
Essendo
la nostra un'indagine esclusivamente astronomica, non possiamo
fare troppe affermazioni di tipo storico-archeologico sui dettagli
costruttivi della sfera. Tuttavia
possiamo fare qualche accenno ai vincoli che l'osservazione
astronomica pone a quelle procedure. Abbiamo già visto che,
nell'ipotesi che i costruttori fossero molto abili, forse
intervengono problemi sulla determinazione del giorno equinoziale
(probabilmente legati all'ignoranza del fenomeno della precessione
degli equinozi). Un altro indizio ci viene dalla determinazione
del raggio angolare dei cerchi mensili. Per il cerchio più grande
esso dovrebbe coincidere con l'obliquità dell'eclittica all'epoca
della costruzione.
Con
i metodi di misura angolare da noi adottati (per la verità non
estremamente precisi), e tenendo conto delle variazioni secolari
di quel parametro, siamo solo in
grado di dire che l'obliquità osservata risale ad una data
compresa tra il 6000 a.C. e l'epoca attuale; non è un gran
risultato!
L'indagine
astronomica non può spingersi oltre, ma potrebbe farlo quella
archeologica. In che epoca fu costruita la sfera? Forse l'esame
del tipo di pietra, dell'avanzo di perno nel foro est, o l'analisi
comparata con la sfera di Nafplion potranno dare qualche lume.
Per limitarci all'astronomia,
cerchiamo di immaginare come si può essere svolta la costruzione
di questo strumento. Quanto diremo è altamente speculativo e
serve solo come stimolo alla ricerca.
Innanzitutto,
data l'accurata fattura della sfera, non ci pare probabile che si
tratti di un caso isolato, come del resto è dimostrato
dall'esistenza di almeno un'altra sfera, anche se di concezione
diversa. Da qualche parte, nel mondo greco-romano, ci doveva
essere una "bottega" che fabbricava sfere. Diamo qui una
serie di operazioni possibili per arrivare al risultato che
osserviamo oggi.
Prima
di tutto gli artigiani fabbricavano un certo numero di sfere
perfettamente lisce (e "sferiche") nella parte
superiore; incidevano l'"orizzonte" e il
"meridiano", più il foro orario di colmo e i due fori
(di fissaggio?) sulla base. Avevano probabilmente regoli circolari
di legno o bronzo per verificare che il raggio di curvatura fosse
costante. Non è escluso che i due fori digamma siano più
grandi degli altri proprio per permettere l'alloggiamento di
regoli di questo tipo.
Supponiamo
ora che alla "bottega" arrivi l'ordinazione di una sfera
per una certa città. Gli artefici della sfera avevano solo
bisogno di conoscere la latitudine della località di destinazione
della sfera, oltre al valore dell'obliquità dell'eclittica. È
bene qui notare che, mentre il giorno equinoziale - la cui
determinazione precisa permette la misura della latitudine - varia
di un'unità ogni 72 anni (per la precessione degli equinozi),
l'obliquità varia molto più lentamente (solo 47 secondi d'arco
per secolo). E' se non altro ragionevole supporre che la
rideterminazione dell'obliquità non fosse uno scrupolo dei
costruttori. Forse lo stesso vale anche per la determinazione
dell'equinozio: qual era all'epoca il grado di comunicazione tra
"scienziati" e "ingegneri"? Noi non lo
sappiamo.
Una
volta in possesso di questi due parametri, il resto doveva
costituire abbastanza una routine. Forse la sfera (imperniata nei
fori est ed ovest) era orientata sul meridiano del posto di
costruzione e inclinata in modo che la "latitudine"
corrispondesse piuttosto a quella del posto di destinazione. In
questo modo un'accurata osservazione delle posizioni dei
terminatori all'inizio di ogni ora, nell'arco di almeno sei mesi,
poteva portare alla definizione delle posizioni dei fori orari e
dei cerchi mensili. Non sappiamo se questa è la strada seguita da
quegli artigiani, ma senz'altro è una strada percorribile.
Altrimenti bisognerebbe supporre alte conoscenze di trigonometria
sferica, tali da permettere (con regoli, tabelle, nomogrammi) il
posizionamento dei fori orari con grande precisione.
Che
funzione hanno i piccoli forellini che si trovano vicino ad alcuni
(non tutti) i fori orari? L'unica idea che ci è venuta in mente
è che costituissero fori di fissaggio di piccole capsule di
bronzo o ferro che aiutassero a determinare l'ora esatta.
Qual
era l'uso della sfera? Ovviamente serviva per la misura del tempo,
ma da parte di chi? Sulla sfera di Nafplion c'è un'iscrizione in
greco che - più o meno - dice "Θαλεια,
sacerdote della dea Era, mi ha posto come indicatore quotidiano
delle ore solari". Se questa sfera (che non ha simili
iscrizioni) ha la medesima origine, forse aveva anche una
destinazione simile. A Matelica, allora, si dovrebbero trovare
resti di un antico tempio, i cui sacerdoti fossero i custodi dello
strumento.
Una
prova sperimentale condotta tra il 21 e il 22 di giugno 1988 (data
del solstizio d'estate) ha mostrato che i terminatori sono di ben
difficile localizzazione (errori superiori a mezzo cm) se la sfera
è posta in pieno Sole. Molto meglio sarebbe se, dalla parte
opposta al Sole, cioè verso nord, ci fosse un paravento oscuro o
- meglio ancora - se la sfera fosse posta in un posto in penombra,
con solo un'apertura verso il Sole.
Sono
ovviamente illazioni, dovute al buon senso, ma forse i nostri
colleghi archeologi potrebbero lavorare su questi elementi per
determinare origine, scopi e dettagli costruttivi della sfera.
Scheda
autori
Andrea
Carusi. Nato nel 1946 è laureato in Fisica
ed attualmente è planetologo dell'Istituto di
Astrofisica Spaziale del CNR di Roma. Da molti anni
si occupa del corpi minori del Sistema Solare con
particolare riferimento alla dinamica e
all'evoluzione delle comete di corto periodo. Ha
pubblicato un atlante di evoluzioni orbitali delle
comete di corto periodo che copre gli anni dal 1585
al 2406, in collaborazione con alcuni colleghi
italiani e cecoslovacchi.
Danilo
Baldini. Presidente dell'Archeoclub di
Matetica è lo scopritore del "globo' ed è
colui che per primo ne ha rilevato l'importanza. |
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Sommario |
Il cromlech del Piccolo
San Bernardo |
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