Facies della Ceramica Impressa ligure Ceramica impressa nella pianura padana Liguria orientale Facies della Ceramica Impressa adriatica Cultura di Fiorano

Il primo Neolitico

Gruppo del Vhò Gruppi di Fagnigola e di Sammardenchia (Friuli-Venezia Giulia) Gruppo del Gaban

 

Gruppo dell'Isolino Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata 

Il tardo Neolitico

Cultura di Chassey-Lagozza

Facies romagnola


 

Il primo Neolitico

 

Il processo di neolitizzazione dell'Italia settentrionale si presenta complesso e variegato rispecchiando la varietà ambientale del territorio stesso. Mentre in ambiente padano-alpino persiste ancora una tradizione mesolitica di tipo castelnoviano, nella Liguria occidentale compare fin dal 5000 a.C. una facies a Ceramica Impressa conosciuta quasi esclusivamente in depositi in grotta che presentano frequentazioni dell'Epigravettiano ma non del Mesolitico. Secondo alcuni autori (L. Bernabò Brea, Gli scavi nella caverna delle Arene Candide, I, 1946-II, 1956; S. Tinè, Il Neolitico e l'età del Bronzo in Liguria alla luce delle recenti scoperte, Atti XVI Riunione Scientifica I.I.P.P., 1974, pp. 37-54; B. Bagolini - G. Cremonesi, Il processo di neolitizzazione in Italia, Atti XXVI Riunione Scientifica I.I.P.P., 1987, pp. 21-30) l'origine del Neolitico in Liguria viene attribuita ad un fenomeno di colonizzazione, altri (P. Biagi - R. Nisbet, Popolazione e territorio in Liguria tra il XII e il IV millennio b.c., in AA.VV., Scritti in ricordo di Graziella Massari Gaballo e di Umberto Tocchetti Pollini, Milano 1986, pp. 19-27) sostengono invece un'origine autonoma a seguito di una crisi economica e tecnologica di gruppi mesolitici. 

Mentre nell'area padano-alpina occidentale il processo di neolitizzazione avviene attraverso influssi della Ceramica Impressa Ligure, in Romagna si diffonde intorno alla metà del V millennio a.C. la facies della Ceramica impressa adriatica grazie all'apporto di gruppi collegabili alla Ceramica Impressa abruzzese-marchigiana. In quasi tutti i complessi, diffusi dalla costa romagnola alla fascia pedeappennica e fino al reggiano, l'industria litica presenta classici elementi mesolitici. 

Nei secoli intorno al 4000 a.C. in Emilia e in buona parte dei territori precedentemente interessati dalla Ceramica impressa adriatica si diffonde la cultura di Fiorano, caratterizzata da un'industria litica con caratteri mesolitici più elaborati e simile al gruppo del Vhò (pianura lombarda) e al gruppo di Fagnigola (Friuli). Questa tradizione, denominata "padana" o "fioranoide", non si estende al gruppo dell'Isolino di Varese mentre incide parzialmente nell'industria litica, di tipo castelnoviano, del gruppo di Gaban in area atesina. 

Nei primi secoli del IV millennio a.C. si diffonde in quasi tutta l'Italia settentrionale la cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, che presenta strette affinità con l'area balcanica e che segna un netto distacco con le precedenti tradizioni ancora legate alle culture mesolitiche. In base alla decorazione delle ceramiche sono state riconosciute tre componenti principali: lo "stile geometrico-lineare", lo "stile meandro-spiralico" e lo "stile a incisioni e impressioni".

Nel corso del IV millennio si diffonde una tradizione culturale, affine alla cultura di Chassey della Francia meridionale, che sostituisce quella dei Vasi a Bocca Quadrata ad eccezione di alcune aree nord-orientali dove lo "stile ad incisione e impressioni" persisterà fino ai primi secoli del III millennio. La nuova facies culturale prende il nome di "Chassey-Lagozza".

 

Facies della Ceramica Impressa ligure

Questa facies è stata individuata in numerose grotte e in siti transappenninici all'aperto e posti nei pressi dei corsi d'acqua. Lo scavo nella grotta delle Arene Candide ha permesso di raccogliere una ricca documentazione tanto da poter essere considerata come riferimento per la descrizione dell'intera facies. 

Sono attestati dei collegamenti ad ampio raggio fra questa facies e altri ambienti culturali, in particolare padani, dalla circolazione di pietre verdi e giadeiti liguri per la realizzazione di manufatti levigati.

La ceramica si distingue in due classi: una d'impasto grossolano di colore grigio o rossiccio decorata ad impressioni e cordoni ed un'altra con impasto depurato e con superfici ben levigate.

Le forme tipiche della prima classe sono le tazze semisferiche e semiovoidali, ciotole a calotta, ollette globulari ad apertura ristretta, vasi a fiasco, orci ovoidali o troncoconici e vasetti  con prese a linguetta forata e cordoni orizzontali. 

La decorazione impressa è eseguita con unghiate, con punzoni di vario tipo o con il peristoma del cardium; la fascia al di sopra delle prese può essere decorata con motivi angolari o a denti di lupo, mentre nella zona ventrale sono presenti fasce orizzontali interrotte da fasci verticali in corrispondenza delle anse.

Le forme tipiche della seconda classe sono vasi a fiasco, tazze, bicchieri e piccoli vasetti.

L'industria litica, a carattere laminare, a ritocco erto e caratterizzata da manufatti di tradizione mesolitica, comprende grattatoi frontali, perforatori, troncature, vari tipi di trapezi isosceli e lame ritoccate; la tecnica del microbulino non è attestata. Diffuse sono le accette e le asce in pietra verde levigata. Tra gli oggetti di ornamento prevalgono le conchiglie forate; sono presenti anche metacarpali di lepre forati ad un'estremità e un canino di cervo. 

Durante lo scavo del 1973 venne rinvenuta una sepoltura con l'inumato disposto sul dorso e con la testa rivolta a destra e le gambe leggermente flesse verso sinistra; lo scheletro così come il fondo della fossa erano ricoperti di ocra rossa.

Dallo studio dei resti faunistici si deduce che in associazione agli animali selvatici (cervo, capriolo, orso) erano presenti, anche se in misura minore, gli animali domestici (ovicaprini, suini, bovini). Nell'economia infatti giocava ancora un ruolo importante la caccia, la pesca (attestata da vertebre, mandibole di pesce e due ami) e la raccolta dei molluschi (Trochus, Patella). 

Nello strato IIb della grotta della Pollera la ceramica recuperata è decorata quasi esclusivamente con una tecnica a graffito molto accurata, con incrostazioni di pasta gialla e rossa. I motivi decorativi sono costituiti da denti di lupo, triangoli e bande campiti prevalentemente a graticcio. Lo stile, denominato "stile della Pollera" è documentato anche nello strato 13 delle Arene Candide in cui sono presenti anche fasci di linee spezzate a zig-zag e il motivo a "bandierine". Tale orizzonte, in base alle datazioni radiocarboniche, si può datare alla seconda metà del V millennio a.C.

Le datazioni radiocarboniche più antiche che provengono dalle Arene Candide e dalla Pollera si inquadrano tra la fine del VI e la prima metà del V millennio a.C. 

 

Ceramica impressa nella pianura padana

In una vasta area della pianura padana, dalla Lombardia al Piemonte, sono stati riconosciuti numerosi insediamenti che attestano una diretta influenza della facies della Ceramica Impressa ligure. I siti si collocano generalmente nei pressi di antichi bacini lacustri o di aree palustri; la pesca, la raccolta dei molluschi e la caccia erano probabilmente le principali attività dell'economia di questi gruppi dove l'agricoltura e l'allevamento non sembrano ancora avere un ruolo determinante.

Il sito di Alba ha restituito le maggiori testimonianze di questa facies. Tipiche della Ceramica Impressa ligure sono le decorazioni cardiali, le doppie file di impressioni puntiformi sotto il labbro, i cordoni con impressioni a forma di otto o a doppio punto, le prese a lingua e le decorazioni incise con motivi a zig-zag e a spina di pesce. Elementi tipici del primo Neolitico si possono considerare anche l'anellone in pietra levigata e, fra gli strumenti litici, le troncature, i becchi, le punte e lame a ritocco erto, i trancianti trasversali trapezoidali e alcuni tipi di grattatoi. 

Altri insediamenti riconducibili alla facies della Ceramica Impressa ligure sono stati riconosciuti nella stazione di Cristo, presso Alessandria (con ceramica associata ad un'industria litica a carattere laminare con presenza di bulini ad incavi e stacchi laterali), nel Riparo di Vayes in Val di Susa (con un'industria litica costituita esclusivamente da strumenti in pietra levigata) e a Palude Brabbia sul lago di Varese (con ceramica che attesterebbe dei contatti con l'ambiente di Fiorano).

 

Liguria orientale

Le forme ceramiche individuate in questa area presentano dei caratteri tipici di altre culture. Sono evidenti gli influssi culturali della Ceramica Impressa dell'Italia nord-occidentale (le prese a lingua e il cordone a doppia fila di punti impressi), della cultura di Ripoli (il collo di fiasco con ansetta sull'orlo), della cultura di Fiorano e di Sasso (forme vascolari carenate) e della facies di Sarteano, del Sasso e di Catignano (ansa a maniglia con apice rivolto verso l'alto).

A Pianaccia di Suvero, presso Rocchetta di Vara a La Spezia, la presenza di elementi di falcetto attesta la pratica dell'agricoltura.  Le testimonianze archeologiche sembrano dimostrare che ad una stazione del Mesolitico si sovrapponga una frequentazione sporadica nel Neolitico come indicano i siti di Castellaro di Uscio (Avegno, Genova) e soprattutto di Bosco delle Lame (massiccio di Aiona). Sembra probabile inoltre che nel Neolitico antico le zone a maggiore altitudine venissero frequentate quasi esclusivamente per ragioni di caccia, come indica la presenza esclusiva di armature.

L'industria litica, a forte impronta mesolitica, si caratterizza per i bulini a stacco laterale, grattatoi carenati e a ventaglio, piccoli grattatoi a fronte arcuata o tettiforme e a muso, troncature, trapezi, lamelle denticolate, elementi di falcetto. L'industria di questa area presenta dei caratteri originali e si differenzia dai complessi del Finalese e degli altri gruppi neolitici dell'area padana.

 

Facies della Ceramica Impressa adriatica

Verso la metà del V millennio a.C. si diffonde la facies della Ceramica Impressa adriatica sia nella fascia costiera (Misano Adriatico, Miramare di Rimini) che nelle zone interne (Fornace Cappuccini di Faenza, Imola, Bazzarola di Reggio Emilia) della Romagna. 

Nel 1977 a Imola si rinvennero numerose buche di palo alcune allineate a formare strutture a pianta quadrangolare con traccia di focolari all'interno; nelle cavità di alloggio dei pali erano stati intenzionalmente deposti, a rinforzare la base di appoggio dei pali stessi, numerosi frammenti di ceramica. Assenti risultavano i resti faunistici mentre l'industria litica era scarsa e poco significativa. Le forme ceramiche, decorate a impressioni e a incisioni, maggiormente rappresentate sono i bicchieri, le ciotole e i fiaschi con linguette o bugne, anse verticali. Le decorazioni a impressioni, a unghiate o a trascinamento, sono disposte senza ordine o riunite in bande; le incisioni costituiscono linee parallele, a reticolo irregolare, a volte molto sottili e fitte fino a formare delle bande.  

Fra i principali siti che hanno restituito testimonianze di questa facies si ricordano quello di Misano Adriatico e di Fornace Cappuccini a Faenza.

Le forme ceramiche maggiormente rappresentate a Misano sono tazze, ciotole, talvolta con bugne sotto l'orlo, e vasi globulari; le impressioni sono prevalentemente a unghiate e le incisioni subparallele. Al contrario della ceramica, l'industria litica, a forte prevalenza laminare e microlitica, è piuttosto abbondante e comprende bulini semplici e su ritocco, troncature, punte e lame a dorso, trapezi, microbulini e lame denticolate. La selce utilizzata proveniva dall'Appennino marchigiano. 

A Fornace Cappuccini prevalgono vasi ovoidali e cilindrici, tazze, ciotole, scodelle, fiaschi a collo cilindrico e frequenti sono le prese a linguetta e grosse bugne. La decorazione impressa è costituita da unghiate e ditate che coprono, senza ordine, l'intera superficie del vaso; le incisioni formano linee verticali, orizzontali e oblique. 

Anche in questo sito l'industria litica è molto abbondante e come per Misano venne utilizzata una selce di provenienza marchigiana. Gli strumenti rappresentati sono: bulini, trapezi, lame ad incavi e denticolate di tipologia mesolitica; il sito si caratterizza per l'alta percentuale di manufatti in ossidiana (8,5%). La datazione radiometrica di questo sito è di 4370±60 a.C.

Questi complessi si collegano alla tradizione della Ceramica Impressa abruzzese e marchigiana con particolare riferimento ai siti marchigiani di Maddalena di Muccia e Ripabianca di Monterado. La differenza maggiore tra i siti marchigiani e quelli romagnoli consiste nell'assenza, nei secondi, di ceramiche figuline acrome o dipinte e di ceramiche lucide.

I materiali di Fornace Cappuccini richiamano l'aspetto più antico dell'area marchigiana come appare a Maddalena di Muccia in cui la decorazione si dispone quasi esclusivamente sull'intera superficie del vaso. Anche l'industria litica di Misano rivela maggiori affinità a livello tipologico con quella di Maddalena di Muccia, mentre è assente il bulino ad incavi e stacchi laterali, detto "bulino di Ripabianca", dalla stazione eponima. La ceramica di Imola trova invece una più stretta analogia con il complesso di Ripabianca.

Gli insediamenti, generalmente collocati nelle pianure costiere e nell'alta pianura pedeappenninica, sono caratterizzati da cavità e pozzetti, grandi buche per l'alloggiamento di pali portanti di capanne con focolare centrale, aree lenticolari, "fondi di capanne" e fossati. L'economia di sussistenza si basava sulla caccia e l'allevamento; la presenza di macine, macinelli ed elementi di falcetto attesta anche la pratica dell'agricoltura.

 

Cultura di Fiorano

La cultura di Fiorano, diffusa su una vasta area comprendente l'Emilia centrale, la Romagna e l'area berico-euganea, si sviluppa negli ultimi secoli del V millennio a.C. e in alcune aree sembra perdurare fino all'inizio del IV millennio. Si diffonde verso l'Adriatico andando a sostituire la precedente cultura di Fiorano come dimostrano i siti di Bazzarola nel Reggiano e di Lugo di Romagna. 

In Emilia-Romagna la cultura di Fiorano è attestata in numerosi siti fra i quali si ricordano quelli Chiozza di Scandiano (4050±200 a.C.) Fiorano Modenese (strato IV 3620±50 a.C.), Savignano sul Panaro (3980±130 a.C.) e Lugo di Romagna (4220±50, 3940±250, 3730±260 a.C.). Più sporadiche sono le testimonianze di questa cultura in Veneto (Le Basse di Valcalaona, bacino di Fimon, Val Liona).

Nella ceramica fine si distinguono forme tipiche come le tazze carenate monoansate con tubercolo sull'ansa, tazze a profilo arrotondato, scodelle a calotta con quattro anse a nastro sopraelevate sull'orlo, fiaschi a collo con quattro anse sotto l'orlo; le decorazioni sono costituite da solcature lineari, spesso doppie, punti impressi e forme più o meno elaborate. Nella ceramica ad impasto grossolano figurano grandi vasi quadriansati con fondo convesso decorati a cordoni verticali, tazzine e piccoli vasetti.

L'industria litica della cultura di Fiorano rielabora la cultura mesolitica con una tipologia di strumenti sostanzialmente nuova; tra gli strumenti, realizzati con selce di provenienza prealpina, sono tipici i bulini ad incavi e stacchi laterali tipo Ripabianca, grattatoi frontali, troncature becchi, romboidi e microbulini. Nell'industria in pietra levigata, ottenuta nella maggioranza dei casi con materiali locali (ofioliti), figurano gli anelloni mentre le asce sono rare. L'ossidiana è scarsamente attestata.

I dati a disposizione attestano un'economia basata sull'allevamento e sull'agricoltura; gli abitati si collocano nell'alta pianura e nei terrazzi preappenninici mentre nell'area berico-euganea si hanno anche insediamenti perilacustri o palustri (bacino del Fimon, Val Liona, Le Basse di Valcalaona).

Di particolare importanza è l'insediamento di Savignano sul Panaro. Nel sito è stata rinvenuta una vasta depressione subcircolare da interpretare come un fondo di capanna, circondata da una serie di pozzetti con diametro fra 1 e 1,50 m. Alcuni di essi, come dimostra il rivestimento di argilla delle pareti interne, venivano utilizzati come silos per la conservazione delle derrate alimentari, mentre altri, una volta cessata la loro principale funzione, vennero impiegati per l'accumulo dei rifiuti. L'analisi dei resti faunistici ha rivelato una forte predominanza di animali domestici (suini, bovini, ovicaprini) sulla fauna selvatica (cervo, cinghiale). L'attività agricola è attestata dalla presenza di macine e resti di Hordeum e di Avena-Triticum

Ben evidenti risultano le affinità stilistiche fra la cultura di Fiorano e i caratteri della ceramica a bande lineari della media Europa (Linearbandkeramik) nei suoi aspetti con decorazioni a "note musicali" (Notenkopf). I rapporti con gli ambienti peninsulari sono attestati dalla presenza di ceramica figulina in parte ricollegabile alla cultura di Ripoli (vaso con fiasco con piccole anse sotto l'orlo). Ceramiche di importazione o di imitazione della cultura di Fiorano sono diffuse nei contesti del Vhò, del Gaban, in Friuli e nella Toscana settentrionale. Influssi Fiorano si riconoscono anche nelle ultime fasi della Ceramica Impressa Marchigiana.

 

Gruppo del Vhò

Questo gruppo del primo Neolitico padano risulta diffuso nell'area pedeappenninica lombarda, emiliana e piemontese. Tra le forme ceramiche fini sono attestati vasi e tazze con piede di vario tipo, tazze carenate con ansa a nastro e bugna sulla carena, scodelle a calotta con piccola ansa a nastro verticale, vasi troncoconici talvolta decorate con impressioni digitali e bugne, vasi a fiasco, vasi a fiasco con piccole anse sull'orlo, vasi semiovoidali o cilindrici con base a tacco e cordone orizzontale. Nella ceramica grossolana figurano grandi vasi decorati con cordoni orizzontali o verticali. 

Tra le decorazioni sono presenti anche dei motivi graffiti, solcature appaiate, fasci di linee oblique o a zig-zag. Sono attestate la ceramica figulina acroma e ceramiche di importazioni, prevalentemente dal gruppo di Fiorano. Caratteristica è anche una figuretta femminile (h cm 14) in terracotta, una "grande madre" con due teste a calotta, che trova precisi riscontri nella civiltà neolitica balcano-anatolica. 

L'industria litica, simile a quella di Fiorano ma con una più marcata impronta mesolitica, si caratterizza per la presenza di bulini a stacco laterale su incavo laterale tipo Ripabianca, grattatoi a fronte erto, troncature, perforatori, trapezi, becchi, romboidi, lamelle a dorso sinuoso e microbulini; alla tradizione mesolitica si ricollegano alcuni trapezi con piquant-trièdre e troncatura opposta concava. 

 

"Grande madre" bicefala (da Cocchi Genick, p. 109)

L'assenza o la scarsa presenza di grattatoi in alcuni siti parrebbe collegarsi alla specificità di alcuni insediamenti dove erano assenti le attività connesse con questo genere di strumenti. L'industria su pietra levigata si caratterizza per la presenza di asce, anelloni, accette e macine. Alcune delle materie prime utilizzate (giadeite e anfibolite granatifera) provengono dalle Prealpi piemontesi meridionali e dalla zona di Ivrea; anche la selce proviene dalle aree alpine, in particolare da zone adiacenti al Garda e poste ad una distanza di circa 155 Km. 

L'industria su osso comprende zagaglie e perforatori mentre gli oggetti ornamentali sono costituiti da Dentalium e da una valva di Pectunculus

Gli insediamenti si collocano generalmente nella bassa pianura e nelle valli appenniniche. Gli abitati si caratterizzano per la presenza di numerose buche, fosse irregolari e cavità lenticolari disposte in maniera irregolare; alcune di queste fosse vennero utilizzate come deposito di rifiuti mentre altre possono aver avuto la funzione di "clay pits", cioè buche per la preparazione dell'argilla da utilizzare come intonaco.

I dati paleobotanici ci presentano ambienti con presenza di boschi di querceto e zone paludose e canneti. L'economia si basava quasi prevalentemente sulla caccia delle specie selvatiche (cervo, capriolo, cinghiale) e sull'allevamento di bovini, suini e ovini; è attestata anche la raccolta di molluschi di acqua dolce e tartarughe. La pratica agricola, anche se su modesta scala, risulta comunque praticata come dimostrano i resti di cariossidi di Triticum monococcum, elementi di falcetto ad usura obliqua e macine di piccole dimensioni. 

Per alcuni siti del gruppo di Vhò sono disponibili le seguenti datazioni radiometriche: 4220±110, 3980±50 a.C. per il Piadanese, 4140±100 a.C. per Ostiano, Dugali Alti,3980±130 a.C. per Cecima, 4180±160 e 3880±210 a.C. per Travo, Casa Gazza.

 

Gruppi di Fagnigola e di Sammardenchia (Friuli-Venezia Giulia)

Il primo Neolitico nel Friuli-Venezia Giulia è documentato in vari insediamenti all'aperto della pianura friuliana e in grotta nel Carso triestino. Le ceramiche sembrano evidenziare influenze adriatico-balcaniche con insistenza di motivi decorativi impressi e incisi che sembrano indicare stretti rapporti con il gruppo del Vhò. Significativa è anche la presenza di ceramiche di importazione di tipo Fiorano. Le industrie litiche, pur ricollegandosi alla tradizione padana, sono caratterizzate da una maggiore impronta di tipo mesolitico.

Fra i siti rinvenuti si segnalano quelli di Fagnigola (Pordenone) e Sammardenchia (Udine). Nella ceramica del gruppo di Fagnigola figurano coppette con orlo rientrante, tazze troncoconiche con prese a linguetta o con orlo ispessito, bicchieri carenati e grandi vasi ad orlo rientrante. Sono presenti le decorazioni incise a motivi lineari di vario tipo poste sul ventre e sulle anse; gli ornamenti plastici sono costituiti da bugne e linguette. 

L'industria litica, assimilabile al gruppo di Fiorano ma con un più marcato microlitismo, comprende bulini ad incavi e stacchi laterali tipo Ripabianca, grandi troncature oblique, romboidi, trapezi e grattatoi frontali su lama.

Le uniche testimonianze superstiti dell'insediamento di Fagnigola consistono in grandi pozzetti, con diametro variabile fra 1 e 2 metri, spesso regolari e con pareti verticali. La presenza di frammenti di arenaria interpretati come resti di macine e macinelli comproverebbe la pratica di attività agricole. Le datazioni radiometriche ottenute per il sito di Fagnigola sono di 4100±90 e 3810±160 a.C.

A Sammardenchia la ceramica, sia quella fine sia quella grossolana, comprende scodelle e tazze anche carenate, bicchieri e fiaschi; le anse sono a nastro e ad occhiello, le prese a lingua e ad orecchietta, mentre i fondi sono piani o a tacco. Le decorazioni sono a impressioni, a incisione o a graffito talvolta colorate di rosso all'interno o all'esterno del motivo. Piuttosto frequenti sono le linee doppie orizzontali sotto l'orlo o oblique sulle pareti, i fasci di linee, triangoli, motivi a scaletta.

L'industria litica di questo gruppo si differenzia da quella di Fagnigola per un microlitismo ancora più accentuato, per l'assenza del bulino tipo Ripabianca, per l'abbondanza e la varietà dei grattatoi che comprendono anche tipi unguiformi di tradizione mesolitica. Abbondante risulta l'industria su pietra levigata con numerose asce ed accette di varie dimensioni, anelloni e scalpelli di tipo danubiano. 

Anche in questo sito sono stati rinvenuti pozzetti di 1-1,5 m di diametro, due dei quali con rivestimento di argilla. A differenza di Fagnigola sono state rinvenute numerose macine, macinelli ed elementi di falcetto che testimoniano la pratica dell'attività agricola. La datazione radiometrica è di 4170±60 a.C.

 

Gruppo del Gaban

E' diffuso in Trentino-Alto Adige in ripari sottoroccia e in siti all'aperto nelle vicinanze dei fondovalle. Questo gruppo, così come appare nelle serie stratigrafiche di Romagnano, Dos de la Forca e Riparo Gaban, rappresenta un vero e proprio fenomeno di "ceramizzazione" del substrato mesolitico di tipo castelnoviano. L'economia è ancora di tipo tradizionale, basata essenzialmente sulla caccia (cervi, caprioli, cinghiali, lepri, tassi, castori, scoiattoli), la pesca, la raccolta di molluschi di acqua dolce e tartarughe. Solo in un momento più recente, ma con scarso peso sull'economia di sussistenza, compaiono le tracce di allevamento di animali domestici (maiale, pecora, capra e forse anche bue).

L'industria litica deriva direttamente dalle ultime fasi del Mesolitico acquisendo in un secondo momento i caratteri del Neolitico padano. Nella sua prima fase è rappresentata da bulini ad incavi tipo Ripabianca, grattatoi frontali lunghi, corti e a muso, becchi diritti, lame a dorso profondo unilaterale, trapezi isosceli anche con piquant-trièdre, trapezi rettangolari con lungo piquant-trièdre, microbulini e lamelle ad incavi. Nella fase più recente comprende anche grattatoi frontali lunghi con fronte erto, trapezi isosceli e rettangoli, romboidi, microbulini e lame ritoccate. Anche l'industria su osso e corno si ricollega alla tradizione mesolitica come dimostrano le asce e gli arponi. 

La ceramica comparve in quest'area grazie ad apporti ricollegabili alle tradizioni balcaniche, adriatiche, padane e mitteleuropee. La prima fase si caratterizza per una ceramica decorata ad impressioni digitali e ceramica fine lucida decorata con motivi graffiti a "note musicali" e incisi a fasce di zig-zag orizzontali o verticali. In un secondo momento compaiono forme globulari monoansate con collo cilindrico e scodelle decorate a grandi triangoli incisi e grandi orci con labbro decorato ad impressioni.

La tradizione mesolitica resta viva anche negli oggetti di ornamento come testimoniano le conchiglie marine (Columbelle), vertebre di pesce, canini atrofici di cervo e figurette femminili.

 

1: figuretta femminile ricavata da un dente di cinghiale - 2: figuretta femminile su placca ossea - 3: figuretta femminile ricavata da un osso di cervo (da Cocchi Genick, p. 115)

 

Gruppo dell'Isolino

E' documentato nell'area prealpina della Lombardia occidentale e nel Canton Ticino. Nella ceramica sono tipici i vasi a fruttiera con alto piede e decorazione prevalentemente plastica, le forme ovoidi con orlo diritto o lievemente introflesso, vasi con profili ad "S" ed orlo estroflesso e le anse a nastro verticale variamente decorate. I motivi decorativi di tipo geometrico (motivi ad angoli, triangoli e scalariformi) sono ottenuti con fini e profonde incisioni mentre nella decorazione plastica figurano cordoni digitati e a tacche, bugne e prese a linguetta, lobi e piccoli rigonfiamenti sugli orli. La ceramica di questo gruppo trova delle strette analogie con il gruppo del Gaban e in misura minore con quello della Ceramica Impressa ligure e con il gruppo del Vhò.

Nell'industria litica, a differenza degli altri gruppi, non compaiono i microbulini, i trapezi a piquant-trièdre, i romboidi, i bulini ad incavo e stacco laterale o trasversale; l'industria, che sembra costituire un'elaborazione locale della tradizione mesolitica, è di tipo laminare e comprende pochi bulini, grattatoi in prevalenza frontali lunghi, troncature, becchi diritti, punte e lame a dorso profondo, raschiatoi prevalentemente lunghi e denticolati.

Il gruppo dell'Isolino perdura fino all'epoca in cui nell'Italia settentrionale si diffusero i primi aspetti della cultura dei Vasi a Bocca Quadrata. Per il gruppo dell'Isolino a Pizzo di Bodio si hanno le seguenti datazioni radiometriche: 4370±80 e 4110±50 a.C.

 

Fonte:

D. Cocchi Genick, Manuale di Preistoria, Neolitico, volume II, Octavo, Firenze 1994, pp. 85-120

B. Bagolini, Il Neolitico nell'Italia settentrionale, in A. Guidi - M. Piperno (a cura di), Italia preistorica, Laterza, Roma-Bari 1992, pp. 279-293

Per la bibliografia si veda:

D. Cocchi Genick, Manuale di Preistoria, Neolitico, cit., pp. 142-146

 


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