Facies abruzzese-marchigiana Facies di Marcianese Cultura di Catignano...............
Versante adriatico
Cultura di Ripoli Aspetto di Paterno

Versante tirrenico Facies della Ceramica Impressa Facies della Ceramica Lineare

     


Versante adriatico

 

Facies abruzzese-marchigiana

Il processo di neolitizzazione nell'area abruzzese-marchigiana inizia intorno alla fine della prima metà del V millennio a.C. con una facies della Ceramica Impressa definita da Radmilli come "facies abruzzese-marchigiana". Questo aspetto del Neolitico si diffonde fino in Romagna e nell'area padana influenzando le culture del Vhò, di Fagnigola e del Gaban; testimonianze di questa facies si trovano anche in Umbria (Pozzi della Piana) e nel Lazio (Le Caprine). 

Tra le forme vascolari più frequenti ci sono vasi a corpo semiovoidale, grandi ciotole troncoconiche con prese forate, vasi a fiasco con anse a maniglia orizzontali, vasi sferoidali con fori sotto l'orlo, piccoli vasi emisferici con anse sopraelevate, ciotole emisferiche e carenate. Le decorazioni sono a impressioni digitali o a punzone, disposte in maniera casuale o in file parallele, e a incisione formanti fasci paralleli, triangoli e reticoli. 

L'industria litica, in selce e in ossidiana, comprende bulini, troncature, becchi, strumenti a dorso, romboidi e rettangoli, usati spesso come falcetti, denticolati; poco rappresentati sono i grattatoi, i triangoli e gli strumenti campignani (grandi schegge e tozze lame con ampio piano di percussione e bulbo ben evidente). 

Fra gli strumenti in pietra levigata, in calcare e pietre dure, vi sono le asce, le accette, gli scalpelli, i dischi forati e le macine, quest'ultime realizzate anche in arenaria. Punte, punteruoli, spatole, ami, zappette, spatole e arponi sono realizzati in osso o in corno. Fra gli oggetti ornamentali, comunque piuttosto rari, compaiono lamine d'osso forate, zanne di cinghiale levigate e talvolta forate, cilindretti di osso, conchiglie marine forate e piccoli grani cilindrici in terracotta. 

Questa facies è attestata in numerosi siti sia all'aperto che in grotta; fra i principali si ricordano quelli di Leopardi di Penne (Pescara), Maddalena di Muccia (Macerata), Ripabianca di Monterado (Ancona), Grotta dei Piccioni di Bolognano (Pescara), Fonti Rossi di Lama dei Peligni (L'Aquila), Capo d'Acqua di Capestrano (L'Aquila), Grotta Continenza di Trasacco (L'Aquila), Fonti di San Callisto (L'Aquila), S. Stefano (L'Aquila), Paterno (L'Aquila), Grotta Sant'Angelo a Civitella del Tronto (Teramo).

L'economia di sussistenza era basata sull'allevamento, con prevalenza degli ovicaprini sui bovini e suini (questi ultimi invece prevalenti a Maddalena di Muccia), sulla caccia di mammiferi e di uccelli (documentata a Capo d'Acqua, Maddalena di Muccia e Grotta Continenza), sulla pesca e sull'agricoltura (ben attestata al Villaggio Leopardi per la presenza di Triticum dicoccum e Hordeum e indirettamente in tutti gli altri siti per la presenza di falcetti e macine). La presenza diffusa dell' ossidiana (assente nel villaggio Leopardi e a Maddalena di Muccia) proveniente da Lipari e da Ponza attesta che proprio in questo periodo iniziarono i traffici anche su lunghe distanze.

Per quanto riguarda le pratiche funerarie e culturali, svolte soprattutto in grotta, si segnala il rinvenimento di Grotta Continenza dove è attestato un culto ad incinerazione. La specificità risiede nel fatto che il rito crematorio risulta insolito nel panorama del Neolitico italiano essendo infatti documentato, oltre che a Grotta Continenza, solo alla Grotta Pavolella (Cassano Jonio) e in una fase più tarda. A ridosso della parete sinistra di Grotta Continenza erano stati deposti quattro vasi coperti dalle ossa bruciate di un individuo adulto; due vasi contenevano le ossa di due bambini (uno di otto e l'altro di quattro anni) e uno dei vasi era spalmato esternamente di limo giallo e coperto da un coccio; il terzo vaso conteneva dei piccoli frammenti di cranio di un adulto, una scheggia e due lame di selce mentre il quarto vaso, con tracce di ocra, risultava vuoto. Nei pressi di questi vasi ve n'erano degli altri, anch'essi recanti tracce di ocra e resti umani, ma purtroppo l'area risultava sconvolta dal passaggio di tombaroli. L'interpretazione di questa deposizione sembra ricollegarsi a sacrifici di bambini connessi ai riti di fertilità, da attribuire forse anche all'alta mortalità infantile. La presenza di buche, alcune intonacate di argilla, pavimentazioni in pietra, focolari e deposizioni di animali (pecore, cani, maiali) sono altre testimonianze di riti cultuali e funerari venute alla luce nella Grotta Continenza.

 

Facies di Marcianese

Oltre alla facies abruzzese-marchigiana, negli ultimi anni è stato riconosciuto un nuovo aspetto del primo Neolitico abruzzese nei siti di Marcianese (Lanciano), Torre Sinello (Vasto), Fontanelle (Pescara) e Tricalle (Chiesti). 

L'aspetto di Marcianese si caratterizza per le presenza di vasellame decorato con i tipici motivi della facies della Ceramica Impressa abruzzese-marchigiana associato a vasellame con elementi decorativi ricollegabili alla facies pugliese del Guadone (decorazione a piccole impressioni e incisioni formanti motivi geometrici, triangoli, serie di rocker e microrocker, bande riempite a tratteggio, a spina di pesce, ecc.).

L'industria litica di Marcianese, simile a quella degli altri siti della Ceramica Impressa abruzzese e pugliese, presenta una predominanza dei bulini sui grattatoi; abbondanti sono gli erti differenziati, le troncature e i becchi; meno rappresentati sono i trapezi, le punte e lame a dorso, pezzi scagliati, ritagli di bulino ed elementi di falcetto. Il dato più significativo è costituito dalla componente campignana, anche se non molto abbondante, formata da tranchets piano convessi e rari accette e picconcini.

Sono state avanzate due ipotesi per spiegare i rapporti di questa facies, fortemente influenzata da elementi pugliesi, con quella abruzzese-marchigiana. "La prima è che questi rinvenimenti rappresentino un momento più arcaico di diffusione del neolitico in Abruzzo e in questo caso la componente tipicamente abruzzese-marchigiana può essere considerata come la prima comparsa di quegli elementi che poi si differenzieranno e svilupperanno nell'aspetto classico. La seconda ipotesi ammette che le due facies siano sostanzialmente contemporanee, dislocate in due aree contigue il cui limite potrebbe essere la valle del Pescara" (G. Cremonesi - C. Tozzi, Il neolitico dell'Abruzzo, in Atti del XXVI Riunione Scientifica, Vol. I, Firenze 1987, p. 240). La datazione radiometrica non calibrata di Marcianese (4340±60 e 4300±90 a.C.) sembra convalidare questa seconda ipotesi.

 

Cultura di Catignano

Intorno al 4200 a.C. si diffonde in Abruzzo la cultura di Catignano, dal nome del villaggio eponimo nei pressi di Pescara, caratterizzata dalla presenza di ceramica figulina bicromica e da ceramica tricromica con bande brune. L'area di distribuzione comprende la fascia costiera dell'Abruzzo, dalla valle del Pescara alla valle del Tronto, con qualche traccia sporadica che si spinge all'interno fino al bacino del Fucino.

La cultura di Catignano è ben inquadrata cronologicamente essendo compresa tra la fine della fase della Ceramica Impressa abruzzese-marchigiana avvenuta intorno al 4200 a.C. e l'inizio della cultura di Ripoli che si pone intorno al 3700 a.C. come dimostrano anche i livelli della Grotta dei Piccioni e della Grotta di S. Angelo di Civitella del Tronto.

La facies di Catignano si caratterizza per la presenza di ceramica figulina di ottima qualità presente con forme semplici e a fondo convesso: ciotole emisferiche, tazze a pareti tronco-coniche o leggermente convesse, boccali lievemente carenati e vasi a fiasco. L'elemento più tipico è rappresentato dalle decorazioni a bande rosse che formano vari ed elaborati motivi: festoni, reticoli, triangoli, ecc. 

Meno frequente risulta la decorazione tricromica a bande brune, riscontrata anche nel villaggio di Passo di Corvo in Puglia e definita "tecnica della Scaloria Bassa" dalla grotta eponima presso Manfredonia dove è comparsa per la prima volta. Di buona qualità risulta anche la ceramica fine bruna e rossastra con forme vascolare simili a quelle della ceramica figulina. La decorazione non è frequente e consiste in bande di linee incise, riempite di ocra, e sottili linee graffite che formano motivi a scaletta, a stella, a farfalla.

L'industria litica comprende bulini, prevalentemente su frattura e su ritocco, trapezi e troncature. I grattatoi sono piuttosto rari mentre abbondanti risultano le punte, i denticolati, le lame e le schegge ritoccate, gli elementi di falcetto. La componente campignana è poco rappresentata così come gli oggetti in pietra verde; piuttosto abbondante risulta invece l'ossidiana. 

Le strutture di abitato presentano una tipologia piuttosto varia e con elementi nuovi nel panorama del Neolitico italiano: capanne a pianta rettangolare con abside semicircolare, delimitate da fossette di fondazione, e, all'interno, allineamenti di buche di palo per il sostegno del tetto. Altri elementi tipici degli abitati sono delle cavità poco profonde, rettangolari, con pareti cotte dal fuoco e riempite di ciottoli spesso calcinati insieme a ceneri e carboni, piccoli silos cilindrici e grandi fosse di incerto utilizzo, di forma rotondeggiante o lobata. 

La presenza di elementi di falcetto e resti di farro, grano, orzo e avena documentano la pratica agricola mentre l'allevamento è accertato dai resti di bovino, in forte aumento sugli ovini. Anche la caccia era sviluppata come dimostrano i resti di capriolo, cervo, bos primigenius e orso.

 

La cultura di Ripoli

Questa cultura, che prende il nome dal villaggio rinvenuto nella contrada eponima in comune di Corropoli (Teramo), si sviluppa dagli ultimi secoli della prima metà del IV millennio fino all'inizio del III millennio a.C. La cultura di Ripoli oltre a diffondere i propri elementi tipici su un territorio piuttosto vasto riceve allo stesso tempo l'influsso di altre culture del neolitico italiano: dalla ceramica lineare, da Serra d'Alto e dalla cultura dalmata di Danilo e nelle sue fasi più recenti anche dalla cultura di Lagozza-Chassey e dalla cultura di Diana.

In base al tipo di ceramica rinvenuta nelle capanne del villaggio sono stati individuati tre principali gruppi. Nel primo gruppo la tipologia vascolare è piuttosto varia con netta prevalenza di ceramica figulina; sono presenti il boccale carenato, il vaso a fiasco con collo cilindrico alto e stretto e quattro bugne sotto l'orlo, il vaso emisferico con quattro piccole anse verticali ad anello e la tazza emisferica con anse verticali. Tra gli elementi di presa, in cui sono dominanti le anse ad anello, le prese e le bugne forate, sono caratteristiche le anse antropomorfe rappresentanti figure femminili molto stilizzate. La ceramica dipinta è in prevalenza di colore rosso e bruno con motivi geometrici disposti in riquadri sotto la parte superiore del vaso. La datazione più antica del primo gruppo è di 3680±80 a.C.

Nel secondo e terzo gruppo si rileva la progressiva scomparsa della ceramica dipinta e delle forme vascolari tipiche della ceramica figulina. Sono attestate ciotole e vasi troncoconici, in precedenza scarsamente documentati, e nuove forme come i vasi globulari e le ciotole troncoconiche con breve collo verticale. La decorazione dipinta tende a scomparire in favore di altre tecniche decorative come i cordoni plastici, i puntini e cerchietti impressi, i fasci di linee incise. La datazione più recente riferibile al terzo gruppo è di 3150±120 a.C.

L'industria litica non presenta significative differenze tra i vari gruppi salvo una maggiore presenza di ossidiana nel terzo gruppo; la tecnica campignana è ben rappresentata dai tipici strumenti (tranchets, accette) mentre alcuni tipi di cuspidi di freccia come quelle a tagliente trasversale rinvenute alla Grotta dei Piccioni e a S. Maria in Selva richiamano alla cultura di Chassey-Lagozza. Sono documentati grattatoi, rari bulini e strumenti a dorso, rombi, punte e punteruoli, lame e schegge ritoccate, denticolati. Le cuspidi di freccia si presentano in varie forme; oltre al tipo già citato figurano frecce a peduncolo centrale e alette, a cran e a base incavata. L'industria su pietra levigata comprende asce, accette, dischetti con funzione di fuseruole, anelloni, macine e macinelli. Caratteristici di questa cultura sono dei ciottoli piatti ellissoidi con due intaccature simmetriche che, probabilmente immanicati, potevano servire come percussori o come pesi da pesca. 

L'industria ossea è molto abbondante e rappresentata da diversi tipi di punteruoli, punte, zagaglie, spatole, scalpelli, aghi, manici di zappe e accette. Gli ornamenti comprendono pendagli realizzati con piastrine litiche o ossee, denti, frammenti di zanne di cinghiale, mandibole e conchiglie forate. Alla Grotta dei Piccioni e a Fossacesia sono stati rinvenuti dei ciottoli dipinti con ocra rossa a motivi geometrici. 

Nei complessi di Fossacesia e S. Maria in Selva (Macerata) compaiono alcuni frustoli di rame che attestano, durante le ultime fasi del Neolitico, l'inizio dell'attività metallurgica.

Gli insediamenti sono posti generalmente sui terrazzi fluviali o su colline, nei pressi di corsi d'acqua e su terreni favorevoli all'agricoltura; a Ripoli l'insediamento, con capanne a pianta circolare, reniforme o ellissoide ad uno o più ambienti, era protetto da un fossato largo 7 m e profondo 5 m; a Pianaccio di Tortoreto (Teramo) le capanne delimitavano uno spazio libero; a S. Maria in Selva sono attestate quindici strutture di forma e dimensioni varie, l'una accanto all'altra e in collegamento fra loro, distanziate di circa 40 m da una cavità isolata circolare di 3 m di diametro.

L'economia era basata sull'agricoltura, ampiamente documentata da macine, macinelli, falcetti e resti di farro, grano e orzo, e sull'allevamento di bovini, suini e ovicaprini; in molti casi è attestata la caccia (cervo e capriolo) e la pesca. Molto diffusa, soprattutto nei periodi recenti, risultava essere la tessitura come dimostra il gran numero di pesi da telaio e fuseruole.

A Ripoli è documentata la sepoltura in abitato; i defunti, in posizione rannicchiata, vennero deposti in fosse comuni scavate nell'area dell'abitato. Caratteristica è la sepoltura di una donna con il proprio cane. 

Piuttosto significative risultano le deposizioni della Grotta dei Piccioni, da interpretare come una testimonianza di riti di fertilità legate a sacrifici umani. A ridosso della parete, nella parte più interna della grotta, sono stati individuati undici circoli, di diametro variabile fra 30 e 80 cm, delimitati da ciottoli o da blocchi di argilla cruda o travertino. All'interno di un circolo era presente lo scheletro di un neonato; due crani di bambini di circa 8-10 anni si trovavano nei pressi di un altro circolo; negli altri, ad eccezione di uno privo di resti, erano stati deposti frammenti di ceramica, oggetti fittili come palline e un frammento di peso in argilla cruda, strumenti litici e in osso, oggetti di ornamento, resti faunistici. 

 

Aspetto di Paterno

Tra la fine del IV e gli inizi del III millennio a.C. si sviluppa una corrente culturale identificata con differenti termini: Sublagozza, Subneolitico o Eneolitico iniziale; si tratta di aspetti culturali, alcuni dei quali mostrano una prima attività metallurgica, che evidenziano ancora stretti legami con la tradizione neolitica precedente. 

Sul versante adriatico l'aspetto più significativo è quello identificato nel villaggio di Paterno nel Fucino (L'Aquila). Il materiale di Paterno presenta stretti legami con la facies di Ripoli, in particolare con le sue ultime fasi (conosciute a Fossacesia e S. Maria in Selva), presentandosi come un aspetto di passaggio alla cultura eneolitica. La ceramica presenta infatti degli evidenti collegamenti con quella di Ripoli come dimostrano le ciotole con decorazione graffita a zig-zag interna, il vaso globulare con ansetta interna, gli scarsi frammenti di ceramica figulina acroma e l'industria litica in cui l'ossidiana è ancora molto abbondante. La presenza del peso da rete cilindrico in terracotta richiama invece alla successiva cultura eneolitica di Ortucchio.

 

Fonte:

D. Cocchi Genick, Manuale di Preistoria, Neolitico, volume II, Octavo, Firenze 1994, pp. 148-169

R. Grifoni Cremonesi, Il Neolitico nell'Italia centrale e in Sardegna, in A. Guidi - M. Piperno (a cura di), Italia preistorica, Laterza, Roma-Bari 1992, pp. 306-327 

G. Cremonesi - C. Tozzi, Il neolitico dell'Abruzzo, in Atti del XXVI Riunione Scientifica, Vol. I, Firenze 1987, pp. 239-251

Per la bibliografia si veda:

D. Cocchi Genick, Manuale di Preistoria, Neolitico, cit., pp. 184-186

 


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