Condottiero romano. Cingoli (?) I sec. a C. - Cilicia 39 a.C.

Quinto Labieno, figlio del luogotenente di Cesare Tito Labieno, viene ricordato da fonti storiche e studiosi in merito ad un particolare momento della storia di Roma che lo vide come uno dei protagonisti: l'anticesariano alleato dei Parti che andò alla conquista dell'Asia minore. Nacque probabilmente a Cingoli intorno alla prima metà del I sec. a.C. 

Alla fine del 43 a.C. Bruto e Cassio si incontrarono a Smirne per definire un progetto militare comune; probabilmente fu in quell'occasione che decisero di inviare Quinto Labieno in Partia per la richiesta di aiuti presso il re Orode II. Di lì a poco si svolse la battaglia di Filippi che portò alla sconfitta di Bruto e di Cassio e l'accordo triumvirale fra Antonio, Ottaviano e Lepido. E' poco dopo, alla fine del 41 o nei primi mesi del 40 a.C., che si colloca l'episodio bellico di Quinto Labieno e dei Parti contro Roma. "Le fonti generalmente riconducono la responsabilità della campagna al solo Labieno: Floro è preciso nel ricordare che era stato l'uomo politico romano a convincere il re partico, anche se poi attribuisce gran parte delle operazioni all'altro protagonista della vicenda in ambito siriaco, il figlio del re Pacoro. Anche nella narrazione più analitica di Cassio Dione Labieno convince il re dei Parti a muovere contro i Romani e promette di assumere il comando della spedizione insieme a Pacoro. Un'eccezione è fornita dall'opera di Giustino: la spedizione di Labieno rientra in una serie di episodi che sono riconducibili a precisa iniziativa dei Parti" (1).

L'esercito parto guidato da Labieno e Pacoro attaccò per primo la Siria. La provincia era difesa da due legioni comandate dal legato Decidio Saxa e costituite principalmente da soldati che avevano parteggiato per Bruto e Cassio. La prima città a cadere fu Apamea. Labieno, ben conosciuto da molti dei soldati romani, era riuscito a infiltrare nell'accampamento dei biblia, cioè una sorta di manifesti propagandistici. Non sappiamo cosa fosse scritto su quei volantini, probabilmente Labieno deve essersi presentato come il continuatore della politica dei cesaricidi contro i triumviri (2). Molti soldati passarono così dalla parte di Labieno. 

Non trovando particolare resistenza nella provincia siriana fu presa la decisione di divedere l'esercito (3); una parte con a capo Pacoro continuò la conquista della Siria mentre Labieno puntò verso l'Asia Minore all'inseguimento del fuggitivo Saxa che ucciderà poi in Cilicia. Antioco I di Commagene e Ariarate X di Cappadocia si allearono con Labieno mentre Castore di Galatia, pur rimanendo neutrale, permise il passaggio sulla sua terra delle truppe di Labieno (4). Si spinse verso l'area sud-occidentale dell'Asia Minore attraverso la Cilicia e la Pamfilia; entrò poi in Frigia, Licia e Caria. Il proconsole d'Asia L. Munazio Planco nel 40 a.C. fu costretto a fuggire presso le isole egee. L' avanzata di Labieno non fu particolarmente difficoltosa tranne che in alcune città come ad esempio a Laodicea in Frigia e Stratonicea, Alabanda e Milasa in Caria.

Sulle vicende di Milasa e Laodicea scrive Strabone: (a proposito di Ibrea, rettore di Milasa): "diventato così molto potente e con reputazione sia di buon cittadino che di retore inciampò nella resistenza a Labieno. Tutti gli altri (Milasii) si arresero a costui che giungeva con un esercito e una forza alleata partica, quando ormai i Parti occupavano l'Asia, si arresero perché disarmati e pacifici. Zenone di Laodicea e Ibrea, entrambi retori, invece non cedettero, ma spinsero alla rivolta la loro città" (5). Continua poi ricordando la provocazione di Ibrea: "egli provocò con un certo motto Labieno che era giovane facilmente irritabile e irragionevole: poiché, infatti, egli si definiva comandante partico, disse: io allora mi chiamerò comandante cario. Dopo di che il comandante mosse contro la città con corpi di divisione di soldati romani che erano già organizzati in Asia. Non gli riuscì di prendere Ibrea che era scappato a Rodi, distrusse però la sua casa ricca di arredi; distrusse del pari tutta la città" (6).

Il riferimento provocatorio di Ibrea a Labieno "comandante partico" si lega ad un fatto particolare; durante la campagna in Asia Minore Labieno batte moneta per finanziare i soldati con denaro proveniente dalla tassazione e dal saccheggio dei templi: si tratta di aurei e denarii che portano sul diritto il capo scoperto di Labieno con la legenda Q. Labienus Parthicus Imp.; sul rovescio si vede un cavallo partico leggero con briglia e sella. "Evidentemente il messaggio che ha fatto discutere già gli antichi sta nel Parthicus Imp(erator), formula che è stata intesa soprattutto con un significato unitario e ideologico, cogliendo nella definizione il senso di un potere ufficiale, di un comando preciso: e così ben presto la tradizione parla di Labieno come del dux Parthorum, dell'autocrator parthikos. Egli stesso d'altra parte aveva favorito il convincimento di tale interpretazione con l'assunzione di comportamenti esteriori ambigui, addirittura dell'abbigliamento partico (...) Resta il fatto che probabilmente la formula non era unitaria e che Parthicus non intendeva qualificare il successivo imperator nelle intenzioni del coniatore Labieno: c'era in lui probabilmente la volontà di una comunicazione differenziata a soldati di differente provenienza con una precisa scelta dal punto di vista dell'immagine. Egli che ha forze romane e ausiliari partici è il romano acclamato imperator dai suoi soldati, riconosciuto e legittimato da essi che hanno disertato a lui come al loro unico vero comandante: conosciamo l'importanza del titolo, indice di consenso e investitura per i vari protagonisti del periodo, soprattutto,ma non solo, di parte pompeiana. Egli però è anche il generale che collabora coi Parti e ha rinforzi partici. Questa versione di propaganda viene enfatizzata visivamente sul rovescio della moneta con la figura del cavallo, elemento di punta del sistema di combattimento dei Parti: l'esercito partico era infatti composto di cavalleria, arcieri a cavallo e lancieri; la fanteria era quasi inesistente" (7).

Un'epigrafe lascia supporre che Labieno sia arrivato a Efeso riuscendo quindi ad ottenere il controllo dell'Asia occidentale intorno al 40 a.C. Nelle varie località vennero messe delle guarnigioni composte però da poche milizie: non servivano infatti molti soldati per occupare e tenere sotto controllo delle terre praticamente disarmate, lasciate sguarnite da Antonio e Ottaviano. Nel settembre del 40 a.C. Antonio e Ottaviano si incontrarono a Brindisi e stipularono un accordo che prevedeva fra l'altro la divisione delle zone di pertinenza lasciando al secondo il controllo delle province orientali. Nella primavera del 39 a.C. Ottaviano inviò P. Ventidio Basso con un esercito di 11 legioni per combattere i Parti e Labieno. I primi interventi sono in Asia contro Labieno che aveva con sè solo poche forze romane e nessun rinforzo partico. Alle pendici del monte Tauro l'esercito romano si scontrò con le truppe partiche che vennero prontamente sconfitte. La situazione volgeva oramai al termine per Labieno e il suo esercito, molti dei suoi soldati infatti disertarono e passarono dalla parte di Ventidio. Labieno, cambiandosi d'abito come ci ricorda Dione, scappò in Cilicia dove venne catturato da Demetrio, un liberto di Cesare inviato a Cipro da Antonio, e successivamente giustiziato. Ventidio continuerà vittoriosamente la campagna contro i Parti nel 39-38 a .C. e a Gindaro, nella Cirrestica, si combattè la battaglia decisiva con la morte di Pacoro.

Si domanda Noè, "che dire di Labieno? Sembra evidente che egli intendeva proporsi come un romano e un pompeiano, che in tempi di estremizzazione della lotta politica e privatizzazione della cosa pubblica rivendicava a sé una sfera territoriale di influenza in Oriente: proprio quello che stava perseguendo Sesto Pompeo in Occidente (...) Certo, la sua fine ingloriosa dimostra la improbabilità del suo progetto, la mancanza di coordinamento, di capacità operativa tra le forze, la divaricazione tra una funzione di leadership e le qualità necessarie per gestirla" (8).

 

La moneta di Quinto Labieno

D./ Testa nuda di Labieno a destra; intorno, Q. Labienvs Parthicvs Imp. Bordo di punti

R./ Cavallo dei Parti armato leggero a destra, con briglie e sella, a cui sono attaccati una faretra e un arco. Bordo di punti

 

Lo studio più completo e dettagliato sulla moneta di Labieno è quello di  Hersh, The coinage of Quintus Labienus Parthicus, pubblicato nel 1980 sul "Schweizerische Numismatische Rundschau". Hersh ha studiato 34 differenti denarii contenuti nelle varie collezioni. Ha riscontrato pesi variabili fra 4 e 3,30 g. con un addensamento intorno ai 3,60-3,80 g. Tre esemplari in oro hanno un peso di circa 8 g. I denari sono molto rari, gli aurei rarissimi. 

"Tutti i conii furono eseguiti con molta accuratezza e arte. Il ritratto di Labieno è molto realistico; sicuramente l'incisore ha preso come modello lo stesso Labieno, dal vivo. Il rovescio rappresenta un cavallo della cavalleria leggera dei Parti che rimase famosa nell'antichità, con la sua testga piccola, collo sottile e forte, gambe corte e lunga coda. E' raffigurato un animale vivo, non una statua come su molte emissioni romane del periodo" (9).

Nel suo studio l'autore affronta anche la questione dei falsi appurando l'esistenza di falsi contemporanei e falsi che sono stati prodotti tra il XVII ed il XIX secolo. A quest'ultimo periodo risalgono anche gli esemplari del Museo Nazionale Romano e della collezione Piancastelli di Forlì.

 


(1) E. Noè, Province, Parti e guerra civile: il caso di Labieno, in “Athenaeum”, volume 85, 1992, Pavia, p. 416

(2) E. Noè, Province, Parti e guerra civile: il caso di Labieno, cit., p. 420

(3) E. Noè, Province, Parti e guerra civile: il caso di Labieno, cit., p. 421 nota 84

(4) "Nessuno dei principi vicini aveva collaborato coi Romani diceva Cicerone pochi anni prima. In Galazia il re Castore II aveva fallito nell'azione di resistenza ai Parti; in Cappadocia il re Ariarate X, forse impegnato in problemi dinastici, non li sostenne apertamente, anche se la fazione filopartica era attiva; verrà comunque rimosso da Antonio e sostituito con Archelao", C. Hersh, The coinage of Quintus Labienus Parthicus, in Schweizerische Numismatische Rundschau, 1980, p. 42 cfr. E. Noè, Province, Parti e guerra civile: il caso di Labieno, cit., p. 433-434.

(5) Strabone, Geografia, 14, 3, 24

(6) Strabone, Geografia, 14, 2, 24

(7) E. Noè, Province, Parti e guerra civile: il caso di Labieno, cit., pp. 424-425

(8) E. Noè, Province, Parti e guerra civile: il caso di Labieno, cit., p. 435

(9) A. Morello, Titus Labienus et Cingulum - Quintus Labienus Parthicus, Nummus et Historia IX, 2005 , p. 90

 

 


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