Poeta. Cingoli sec. XV – Siena, 12 aprile 1495

Nell'opera "Biblioteca Picena" di Filippo Vecchietti è riferita l'opinione di Giambattista Boccolini (Degli scrittori e letterati piceni, ms. metà XVIII sec.) secondo cui Benedetto da Cingoli sarebbe appartenuto alla famiglia patrizia dei Benvenuti "e ne reca in prova un codice a penna di questo Scrittore, dove nel margine vide egli notato: B. Benvenutus de Cingulo, il qual codice si vuole scritto a' tempi di Sisto IV" (F. Vecchietti - T. Moro, Biblioteca Picena, pp. 164-165). Sempre secondo il Vecchietti "fu denominato il Piceno, ed anche il Pizeno, come leggesi in una Raccolta poetica, intitolata: Fioretto di cose nuove di diversi Autori ec. In Venezia per Niccolò detto il Zoppino 1508 in 8" (F. Vecchietti - T. Moro, Biblioteca Picena, p. 164).

Dalle Riformanze del Comune di Cingoli sappiamo che un tal Benedictus Ser Iohannis Macteutii insegnò nella scuola pubblica di Cingoli dall'inizio di marzo fino al 10 maggio del 1467. "Il nome del padre, Ser Giovanni, e la circostanza accertata della sua assenza da Cingoli e, perciò, dai documenti cingolani per tutto il resto del secolo, sembrano legittimare l'ipotesi che possa trattarsi proprio di Benedetto da Cingoli (il cui fratello Gabriele era appunto figlio di Ser Iohannis). Ciò vorrebbe dire che Benedetto, apparteneva alla famiglia Matteucci e suo padre, Giovanni Matteucci, era il notaio attivo nella prima metà del sec. XV" (R. M. Borraccini Verducci, I maestri di grammatica a Cingoli nel Quattrocento, p. 535 nota 11).

Sulla vita di Benedetto da Cingoli si ricavano poche notizie dalla premessa che il fratello Gabriele scrisse al suo volume di Sonecti, barzellette et capitoli pubblicato postumo a Roma da Angelo Colocci nel 1503. Ulteriori informazioni si possono ricavare dalla dedica che Benedetto fece a Francesco Colocci di Iesi, letterato e Consigliere a Napoli di re Ferdinando, contenuta nel suo Poema della Fortuna.

Si apprende così che Benedetto fu attivo a Milano, alla corte di Galeazzo e Ludovico Sforza, insieme a Vincenzo Colli detto il Calmeta, poi a Firenze alla corte di Lorenzo il Magnifico "che lo ammise nella notissima accademia Fiorentina" (F. Vecchietti - T. Moro, Biblioteca Picena, p. 165) e al quale dedicò la Vita di Lucrezia Romana. Sembra che sia stato anche a Napoli dove avrebbe meritato "di esser' ascritto ad una delle accademie Napolitane (...) trattenendosi forse presso il medesimo Colocci; nel quale incontro dovett' egli stringere amistà con Gioviano Pontano, e col celebre Monsig. Angelo, nipote di detto Colocci" (F. Vecchietti - T. Moro, Biblioteca Picena, p. 165). Come sostiene anche lo stesso Vecchietti, però, la mancanza di elementi certi non consente di stabilire l'esatto ordine cronologico di questi eventi.

"E' certo, ch'egli fu un grand'uomo, e bastevolmente si scuopre il di lui merito dal sapersi, che venne prescelto a pubblico Lettore nell'Università di Siena coll'onorario di cento dieci fiorini, come si trae da' libri de' pubblici Consigli di quella Città, riconosciuti dal dottissimo Uberto Benvoglienti, che ne diè la notizia al suddetto Boccolini" (F. Vecchietti - T. Moro, Biblioteca Picena, p. 165).

Visse quindi per molti anni a Siena dove fu “maestro di belle lettere” e strinse rapporti di amicizia col poeta Jacopo Fiorino de’ Buoninsegni, con Agostino Dati e con il cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena, che in un sonetto composto per la morte di Serafino Aquilano lo ricorda come il più autorevole continuatore dell'arte dell'Aquilano: "Che la dolcezza uscita di suo seno Acconciata s'è a vita col Piceno" (F. Vecchietti - T. Moro, Biblioteca Picena, p. 167).

"Parlarono con giusta lode del nostro Poeta il sopraddetto monsig. Angelo Colocci, che nella di lui morte accaduta in Siena a' 12 di aprile del 1495, compose una graziosa, ed elegante canzone" (F. Vecchietti - T. Moro, Biblioteca Picena, p. 166). Angelo Colocci scrisse infatti una canzone In morte di Benedetto da Cingoli detto 'Cingulo' che fu pubblicata nel volume postumo di Sonecti, barzellette et capitoli, e riprodotta anche nel volume di Poesie italiane e latine di mons. Angelo Colocci pubblicato a Iesi nel 1772.

All'interno di una produzione non vastissima, sono particolarmente notevoli le rime in volgare d'argomento senese, le più antiche delle quali sembrano risalire a prima del 1470. Insieme ad altre del ben noto medico e letterato senese, amico di Benedetto, Bernardo Ilicino (Bernardo Lapini da Montalcino), queste rime sono raccolte in gran parte nel manoscritto Chigiano M.V. 1022 conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Il manoscritto apparteneva al patrimonio librario di Fabio Chigi, futuro papa Alessandro VII, che raccolse le biblioteche di numerosi esponenti della famiglia senese Todeschini-Piccolomini.

Fabio Chigi, in una scheda descrittiva del codice, scrisse: "Sono scritte elegantemente in questro libro al | cune poesie toscane composte in siena | circa ’l 1470. Dà due poeti allora famosi, | cioè da Ms. Benedetto da Cingoli, e da | maestro Bernardo da Montalcino medico. | Le prime sono dal fo.1. sino al fo. 31. in | lode di Bianca Saracini, e di Caterina | Branchini, due le più belle dame di siena in què tempi. | Bianca fu figliola di Onorata Orsini, e | di Iacomo Saracini (...) Loda anco il Cingoli Ginevra Lucia, che | era di casa Luti, e fu moglie di Troilo | Malavolti".

Benedetto scrisse i componimenti volgari contenuti nel codice Chigiano non prima della metà degli anni Sessanta del 1400. Non sappiamo se la produzione poetica di Benedetto fu raccolta da Bernardo Illicino o da un anonimo cultore di poesia che volle celebrare il prestigio culturale di Siena, includendovi proprio i due maggiori rappresentanti.

 

Struttura dei testi del codice Chigiano:

1) cc. 1r-2v, Epistola in prosa (rubr.:«Epistola del pleclarissimo

homo M. Benedecto da Cingoli nel seq(uente) opuscolo»);

2) cc. 2v-16v, Capitolo (rubr.: «Messer Benedecto da Cyngoli

poeta excellentissimo in diva Bianca Saracini»);

3) cc. 17r-30r, Canzoniere per Caterina Branchina (rubr.: «In Chaterina

Branchina a la quale se offerisce cantar le sue laudi).

 

Le edizioni a stampa dei versi in volgare composti da Benedetto sono la Editio princeps (Sonecti, barzellette et capitoli del claro B. Cingulo) uscita a Roma nel 1503 e l’edizione senese del 1511 (Opere del preclarissimo poeta B. Cingulo). La prima edizione, composta da 56 carte, fu curata dal fratello Gabriele e dedicata ad Angelo Colocci.  L’edizione a stampa del 1511, composta da 60 fogli, fu stampata a Siena nel gennaio del 1511.

Il corpus di questa produzione volgare comprende, oltre a un capitolo giovanile (cod. Vaticano 2951), un poemetto in ternari imperniato sulla visione in sogno di Bianca Saracini in Parnaso, 37 sonetti, 16 barzellette di tema amoroso o morale e infine 12 componimenti d’argomento devozionale.

Accanto a molte rime d’amore, spesso occasionali che peraltro illustrano l’esistenza quotidiana della società elegante di allora, scrisse poesie spirituali e devote e laudi drammatiche.

"Imitatore dell'Aquilano e del Tebaldeo, stringato ed essenziale nelle sue rime, Benedetto rivela in molte occasioni una tendenza meditativa, una disposizione alla riflessione sulle cose umane, che gli suggeriscono una tematica diversa, e gli ispirano a volte atteggiamenti venati di pessimismo, altre volte atteggiamenti sentenziosi o riflessioni moralistiche. La fortuna, la pazienza, la speranza, la fama, il tempo, la morte sono i suoi temi più frequenti, sviluppati tuttavia in toni diversi, secondo lo stato d'animo del poeta. Anche nella lirica d'amore segue soltanto in apparenza il Tebaldeo e l'Aquilano: il quale ultimo fu senza dubbio un modello per lui come per gran parte dei lirici italiani della fine del Quattrocento, ma un modello di massima, per così dire, dal quale il poeta marchigiano, dotato di diverso temperamento e soprattutto di forze proprie sufficienti, si discostava liberamente" (E. Malato, Benedetto da Cingoli).

 

 

A. Colocci, Poesie italiane, e latine di monsignor Angelo Colocci con piu notizie intorno alla persona di lui, e sua famiglia, raccolte dall'abate Gianfrancesco Lancellotti, presso Pietropaolo Bonelli stampatore pubblico vescovile, e del Sant'Uffizio, Jesi 1772 (fonte google libri)


 

 

Giovan Mario Crescimbeni, L'istoria della volgar poesia scritta da Gio. Mario Crescimbeni, volume 1, Lorenzo Basegio, Venezia 1731 (fonte google libri)

 


 

Componimenti dal cod. Vaticano 3353 e 3388 in Ludovico Lazzarelli, Ludovici Lazzarelli Septempedani poetae laureati bombyx..., apud Petrum Paulum Bonelli, Jesi 1765 (fonte google libri)

 

 

 

Rime contenute in Fioretto di Cose nuove de' diversi Autori noviter stampate; cioè Sonetti, Capitoli, Epistole, Egloghe, Disperate, Strambotti, Barzellette, & una Contradisperata, Venezia pel Zoppino 1508 in 8,  ristampate in Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d'ogni secolo, di Agostino Gobbi e Lorenzo Baseggio, presso Lorenzo Baseggio, Venezia 1727 (fonte google libri)

 


Opere di Benedetto da Cingoli:

- Rime incluse nel manoscritto Chigiano M.V. 1022, Biblioteca Apostolica Vaticana (da questo manoscritto trasse un sonetto Giovan Mario Crescimbeni pubblicato in L'istoria della volgar poesia scritta da Gio. Mario Crescimbeni, volume 1, Lorenzo Basegio, Venezia 1731)

- Sonecti, barzellette et capitoli del claro B. Cingulo, in Roma per Maestro Giovanni Besicken, 1503 (google libri)

- Opere del preclarissimo poeta B. Cingulo stampato a Siena nel 1511 da Simeone di Niccolò e Giovanni di Alessandro

- Rime incluse nella raccolta Fioretto di Cose nuove de' diversi Autori noviter stampate; cioè Sonetti, Capitoli, Epistole, Egloghe, Disperate, Strambotti, Barzellette, & una Contradisperata, Venezia pel Zoppino 1508 in 8

- Componimento contenuto nel manoscritto  A. T. 4 della Biblioteca Comunale di Mantova

- La Vita di Lucrezia Romana

- Il Poema della Fortuna

- Componimento in italiano contenuto nel cod. Vaticano 2951 p. 279

- Epigrammi latini contenuti nei cod. Vaticano 3353 f. 168r-v e 3388 ff. 13r-14r

- Poesie contenute in Ludovico Lazzarelli, Ludovici Lazzarelli Septempedani poetae laureati bombyx..., apud Petrum Paulum Bonelli, Jesi 1765


 

Madre, se piango e sento oggi gran pena

più che altra donna al mondo, è ben ragione;

non mi conosci? Io son pur la tua Siena,

piango per la pietà del tuo dolore!

 

Codice Chigiano M V 102

 

 


Fonte:

F. Vecchietti - T. Moro, Biblioteca Picena o sia notizie Istoriche delle opere e degli scrittori piceni, tomo secondo, lett. B, Osimo 1791, pp. 164-168

E. Malato, Benedetto da Cingoli, in Dizionario Biografico degli Italiani, edizione on-line, Treccani, Volume 8 (1966)

G. M. Claudi – L. Catri (a cura di), Benedetto da Cingoli, in Dizionario storico-biografico dei marchigiani, Tomo I, Il Lavoro Editoriale, Ancona 1992, pp. 85-86  

R. Avesani, Cingoli nella storia della cultura tra medioevo ed età umanistica prime schede, in AA.VV., Cingoli dalle origini al sec. XVI. Contributi e ricerche, Atti del XIX Convegno di Studi Maceratesi, Cingoli 15-16 ottobre 1983, "Studi Maceratesi", 19, Centro di Studi Storici Maceratesi, Macerata 1986, pp. 525-526

R. M. Borraccini Verducci, I maestri di grammatica a Cingoli nel Quattrocento, in AA.VV., Cingoli dalle origini al sec. XVI. Contributi e ricerche, Atti del XIX Convegno di Studi Maceratesi, Cingoli 15-16 ottobre 1983, "Studi Maceratesi", 19, Centro di Studi Storici Maceratesi, Macerata 1986, pp. 535-536

M. M. Quintiliani, Il canzoniere per Ginevra Luti di Bernardo Ilicino. Edizione critica e commento. School of Modern Languages and Cultures, Department of Italian, Durham University, 2015 (on line)

C. Massaria, 1450 - Il canzoniere di BENEDETTO DA CINGOLI, docsity.com (on line)

 

 


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