Fu eretta a collegiata nel 1530
da papa Clemente VII. Con il passare del tempo la pieve di
S. Maria
“per l’accresciuta popolazione,
poiché molte famiglie dei castelli cingolani si erano
trasferite in città, era addivenuta troppo piccola in modo
speciale nel tempo della predicazione quaresimale, ed era
comune desiderio che se ne erigesse un’altra nella piazza
maggiore, luogo molto centrale e comodo per la popolazione"
(1).
Dal 1664 la chiesa passò ai Filippini
i quali, conservandone alcune strutture esterne romaniche
(parte inferiore della facciata e parete destra) e
rinascimentali (base del campanile) ne modificarono
radicalmente l'interno, a partire dal 1685, avvalendosi
dell'architetto romano Giovanni Battista Contini. Rimase la
struttura a navata unica con l'abside semicircolare;
l'interno venne profondamente modificato con decorazioni in
stucco e affreschi, in stile barocco, con volte decorate con
scene bibliche e figure allegoriche. La Congregazione vi fu
eretta nel 1671, in seguito al lascito dell’arciprete Angelo Gentiloni che permise di porre mano al restauro e
all’ampliamento dell'edificio. Anche il
campanile
fu modificato
e in suo luogo
venne innalzato quello attuale, nel lato est della chiesa. Fu consacrata dal Vescovo osimano Opizio Pallavicini nel 1694,
sotto il titolo di San Filippo Neri.
La chiesa consta di un’aula unica
di non eccessive dimensioni, la cui zona absidale fu allungata
per accentuare il senso di profondità e longitudinalità, nelle
cui pareti laterali sono posti due altari minori per lato; tali
altari sono compresi tra binati di semicolonne con capitelli
compositi, che scandiscono verticalmente il ritmo parietale, su
cui imposta una trabeazione vignolesca con fregio decorato,
scantonata agli angoli con effetto avvolgente. Questa soluzione
denuncia la formazione borrominiana del Contini, che collaborò
al cantiere della romana S. Maria dei Sette Dolori, e permise di
annullare la quadratura del guscio medievale preesistente
ottenendo un impianto pseudo ellittico.
La profonda zona presbiteriale fu
ricavata impostando, su due solidi pilastri di fondazione
collegati da doppio arco inchiavardato, una nuova struttura
sovrapposta alla volta reale della sottostante chiesa di S.
Rocco. La copertura è realizzata con volta a botte lunettata e
cinghiata, dall’apparato decorativo decisamente ricco di stucchi
e vivaci affreschi come il resto della superficie interna;
l’effetto generale è quello di un continuum spaziale che
accompagna senza ostacoli o sobbalzi lo sguardo fino al
presbiterio, annunciato da un arco trionfale strombato impostato
su due binati di colonne, nei cui dilatati intercolumni sono
collocati altrettanti coretti lignei.
L’altare maggiore, inquadrato da
due binati di colonne salomoniche dorate, è strombato al fine di
accentuare la smussatura della parete di fondo; al di sopra
delle imposte di trabeazione che sormontano le colonne sono
poste due statue angeliche dorate al centro del coronamento
dell’altare, commissionato dalla nobildonna Costanza Cima della
Scala (morta nel 1736), è collocato un ovale dorato con racemi.
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Chiesa di
S. Filippo, interno
(foto del 14/8/2016) |
La volta della
chiesa presenta tre archi al centro dei quali sono affrescate le
tre Virtù teologali: Virtù teologale della Carità,
Virtù teologale della Speranza, Virtù teologale della
Fede. Gli archi sono intervallati da due grandi crociere, al
centro di ciascuna delle quali sono presenti, all'interno di
medaglioni, gli affreschi Apparizione della Vergine Maria a
San Filippo Neri e Gloria di San Filippo Neri. Le
crociere, infine, hanno ciascuna quattro pennacchi, con
rappresentazioni dei quattro Evangelisti (San Matteo
raffigurato mentre scrive il vangelo, San Marco con il
leone, San Luca con il bue e un angelo, San Giovanni
con l'aquila ed un angelo) e dei quattro più importanti padri e
dottori della Chiesa (San Girolamo seduto su un masso e
con la bibbia in mano, Sant' Ambrogio con un angelo che
gli regge il pastorale, Sant' Agostino Aurelio in abiti
pontificali, San Gregorio Magno in aspetto giovanile con
la tiara ed il pastorale a doppia croce). Tutta
la ricca e scenografica
decorazione della volta fu realizzata dall’artista anconetano
Pier Simone Fanelli (1641-1703).
Dello stesso
pittore sono anche gli affreschi che enunciano le
caratteristiche della Carità, così come indicate da S.
Paolo nella prima lettera ai Corinzi, e che ornano le finestre
poste ai lati dell'altare maggiore, sopra il cornicione della
trabeazione e sopra la finestra della controfacciata.
La volta del
Presbiterio è composta di due archi, intervallati da una grande
crociera con quattro pennacchi. La volta al di sopra del
Presbiterio presenta le storie del Vecchio Testamento che
alludono al mistero dell'Eucarestia. Sul grande lunotto di
fondo, sopra l'altare maggiore, è affrescata la Caduta della
manna del pittore di San Severino Marche Paolo Marini
(1642-1695) con in primo piano Mosè ed Aronne. Nella crociera,
sopra il presbiterio, è affrescato il Sacrificio di Isacco
di Paolo Marini nell'atto in cui l'angelo ferma il braccio di
Abramo che sta per colpire a morte il figlio. I quattro
pennacchi della volta, affrescati da Paolo Marini, sono decorati
con altrettante figure femminili, allegorie delle Virtù
Cardinali: la Giustizia, simboleggiata dalla spada e
dalla bilancia, la Temperanza, simboleggiata dal fuoco
nell'acqua, la Fortezza, simboleggiata da una bocca di
leone che viene squarciata, la Prudenza, simboleggiata da
uno specchio e da una lancia avvolta da un serpente.
In molte decorazioni degli arredi
e nella base del campanile seicentesco è raffigurato l’emblema dei
Filippini: un cuore fiammeggiante con due gigli legati e una stella a
otto punte. Tale emblema è ripetuto spesso: è intagliato nella
balaustra lignea delle cantorie, sulla porta della sagrestia, nei
confessionali di noce.
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Chiesa di
S. Filippo, volta
(foto del 14/8/2016) |
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Cantoria
con l'organo realizzato da Domenico Antonio Fedeli nel
1764, come riportato dall'iscrizione intarsiata sopra la
tastiera: "Ego Domenicus Antonius Fidelis Camers fece
Anno Domini 1764" (foto del 14/8/2016) |
Anche la
sagrestia è stata realizzata dall'architetto
Giovanni Battista Contini
nei primi anni del XVIII secolo.
E' a pianta ottagonale irregolare, voltata con lunette e decorata con
affreschi e da quattro dipinti racchiusi in ovali, di autore ignoto, raffiguranti
gli episodi della vita di S. Filippo (San Filippo Neri ed il
miracolo della temporanea resurrezione di Paolo Massimo,
Ordinazione sacerdotale di San Filippo Neri da parte di
Monsignor Sebastiano Lunel vicereggente di Roma, San
Filippo Neri da Papa Paolo IV per difendere gli scritti di
Girolamo Savonarola, San Filippo Neri è ricevuto da Papa
Paolo IV).
All'interno della
sagrestia vi è un solo altare in pietra e marmo, giuspatronato
di Filippo Antonio Raffaelli, con una pregevole opera di
Sebastiano Conca (1680-1764), la Pentecoste di San Filippo
Neri. Il dipinto, realizzato tra il 1714 e il 1724,
raffigura S. Filippo Neri nelle catacombe di San Sebastiano a
Roma, nella Pentecoste del 1544, quando durante una notte di
intensa preghiera, ricevette il dono dello Spirito Santo. Ai
lati dell'altare vi sono gli armadi in noce del 1726 realizzati
dal frate agostiniano Vincenzo Rossi. Nella parte opposta
dell'altare si nota una curiosa pittura murale che rappresenta
un orologio con i numeri romani rovesciati.
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Chiesa di S. Filippo, portale
(foto del 28/12/2003) |
I Filippini durante
l’ammodernamento dell’interno godettero dei contributi di
prestigiose famiglie cingolane, le quali fecero a gara, con munifiche
donazioni, per dimostrare a tutta la cittadinanza, l’elevata posizione
sociale ed il prestigio politico. Prima fra tutte è quella dei Cima
della Scala che nella persona di Costanza fece realizzare a sue spese
l’intero alzato architettonico della cappella dell’altare maggiore;
Costanza commissionò al pittore palermitano Giacinto Calandrucci
(1646-1707), allievo del Maratta, la tela dell’altare maggiore
raffigurante l'Apparizione della Madonna, col Bambino a San Filippo
Neri. Nella base
delle colonne dell'alzato architettonico è scolpito lo stemma dei Cima
della Scala.
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L'Estasi
di Santa Teresa d'Avila, Carlo Cignali (foto di S.
Mosca) |
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Apparizione
della Madonna, Giacinto Calandrucci (foto di S. Mosca) |
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Il
secondo altare di sinistra, fatto
decorare dalla famiglia Silvestri (2), è intitolato a Santa Teresa d’Avila
con un dipinto attribuito a Carlo Cignali (1628–1719)
che ne raffigura l’Estasi. Lo stemma dei Silvestri è
appena visibile alla base della colonna sinistra dell’alzato
dell’altare.
All'interno
della chiesa sono custodite numerose opere realizzate da Paolo
Marini: Il
sacrificio di Aronne e David accompagna l'Arca Santa a
Gerusalemme rispettivamente nelle pareti destra e sinistra
del presbiterio, Cristo Crocefisso, la Vergine Maria, San
Giovanni Evangelista, Maria Maddalena, San Francesco di Sales
(altare del Santo Crocefisso, giuspatronato della nobile famiglia
Simonetti) e la SS. Trinità, Immacolata Concezione e l'Angelo
Custode (altare di Porzia Clavoni, passato poi alla
Congregazione Filippina).
Nell'altare di S. Caterina, giuspatronato della
famiglia Castiglioni, si trova invece un dipinto del XVII sec.
attribuito a Pier Simone Fanelli, le Nozze mistiche di Santa
Caterina d'Alessandria. Sulla destra di questo altare,
all'interno di una nicchia, vi è un affresco del XV secolo che
faceva parte dell'antica Pieve di S. Maria, Madonna col
Bambino di autore ignoto.
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Schema
della chiesa e collocazione delle opere (tratto da: Chiesa di San
Filippo, di G. Pecci, p. 4) |
Sotto la zona presbiteriale si
trova un ambiente a tre navate che costituiva la cripta della pieve di
S. Maria. Fu adibita a chiesa e dedicata a S. Rocco di
Montpellier nel XVI secolo.
Nel 1588 era aggregata all’Arciconfraternita
dei Santi Rocco e Martino dei muratori di Roma. Ai lati dell’altare,
sul quale era collocata l’urna con la statua di San Rocco, si
trovavano due cartelle murate in cui si leggevano le seguenti parole:
HANC TABULAM D.ROCCO
BONA VALLETUD
PROTECTORI INERBERUM
OMNIUM ABACTORI
COEMENTARI CISALPINI
D. A.D. MDXXXXVI
Ai lati di queste cartelle ci
sono due
croci e le insegne dei muratori.
S. Rocco infatti, oltre ad essere indicato come protettore contro le
pestilenze, veniva invocato, a Cingoli, anche come protettore dei muratori e degli
scalpellini. La chiesa aveva tre altari: l'altare maggiore intitolato a
S. Rocco, sulla destra l'altare intitolato a S. Ubaldo e sulla sinistra
l'altare dedicato al Santissimo Crocefisso, alla Beata Vergine Maria e a
S. Giuseppe. In questa chiesa esiste ancor oggi un pezzo di colonna che era destinata dai confratelli di S. Rocco come base per
sostenere il Crocefisso che esponevano in occasione delle processioni.
Secondo la tradizione, questa colonna ha proprietà terapeutiche
e sarebbe quindi indicata per curare il mal di schiena semplicemente sfregandovi la
parte dolorante.
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Chiesa di
S. Rocco allestita in occasione di una mostra di presepi
(foto del 19/12/2015) |
(1) G. Malazampa, La cattedrale di Cingoli, Tipografia Mazzini,
Cingoli 1939, p. 5
(2) La famiglia che riusciva a
decorare il primo altare a cornu evangelii (cioè sul lato
sinistro entrando) era da tutti riconosciuta come la più facoltosa e
influente della città, dopo quella che aveva decorato l’altare
maggiore. I marchesi Silvestri avendo decorato l’altare a cornu
evangelii, dimostrarono di essere secondi soltanto alla famiglia
Cima.
Fonte:
P. Appignanesi, Guida della
città e del territorio, in Cingoli.
Natura Arte Storia Costume, Cingoli 1994, pp. 102-103
G. Avarucci - A. Salvi, Le
iscrizioni medievali di Cingoli, Padova 1986, p. 54
F.
Mariano (a cura di),
Cingoli. Chiesa di S. Filippo, in Lo spazio del
sacro. Chiese barocche tra '600 e '700 nella provincia di Macerata,
Carima Arte srl, Macerata 2009, pp. 45-46
G.
Pecci, Chiesa di San Filippo, Cingoli 2013 (dispensa ad uso delle guide
turistiche della Pro Loco), pp. 4, 7-8, 12, 15-24, 26
A. Carradori, Antichi organi di Cingoli,
Cingoli 1985, p. 105