Lunedì, 25 ottobre 1954 h. 17,00 circa

Testimoni: G. M. e T. P.

 

Colcerasa (Macerata)

Questo episodio ebbe, all'epoca, scarso rilievo da parte della stampa, ed è solo grazie ad un'inchiesta effettuata nel dicembre 1975 dal Gruppo "Bilancia" di Ancona che è stato possibile ricostruirlo nei particolari, sulla base del racconto degli stessi testimoni oculari. Il che è risultato tanto più importante in quanto si tratta di uno dei pochi casi dell'ondata italiana del '54 concernente un atterraggio con avvistamenti di "umanoidi".

Il fatto si svolse nei pressi del paese di Colcerasa, situato nel comune di Cingoli (Macerata), a una ventina di chilometri in linea d'aria da Macerata. Ne furono protagonisti due pastorelli allora dodicenni: M. G. e P. T. Nel dicembre del 1975 gli inquirenti dei Gruppo “Bilancia” riuscirono a rintracciare sia il primo (...) sia il secondo (...). Entrambi accettarono gentilmente di essere intervistati. Riportiamo qui di seguito il testo integrale dei loro racconti, così come risulta documentato dalla relazione dattiloscritta inviata alla SUF del "Bilancia".

Testimonianza di M.G.

Come al solito, a quel tempo, io e T. eravamo a pascolare le pecore. Non avevamo mai un posto fisso e quel giorno, il 25 ottobre 1954, avevamo portato il gregge su per il Monte Sgaggia, nei pressi di Colcerasa. Ad una certa ora, sentendo voglia di mangiare, come sempre accadeva, decidemmo di fare una scappata a casa per mettere qualcosa sotto i denti. Prima di andare, abbiamo alimentato i due focherelli che servivano per scaldarci, con il proposito di vedere quale dei due sarebbe durato di più. I! fatto avvenne verso le 17, al nostro ritorno. Io ero avanti e T. mi seguiva. Giunti in prossimità del luogo dove avevamo acceso i fuochi, a circa sette o otto metri, cercai di vedere quale dei due era rimasto acceso, ma un cespuglio non mi lasciava vedere bene. Notammo che le pecore si erano un po' allontanate e che il cane abbaiava insistentemente, ma pensammo che lo facesse per tenere unite le pecore. Avvicinatomi alla siepe di un altro metro, notai fra questa e i fuochi un movimento e scorsi tre esseri come...tre animali un po’ scuri, vicini ad un oggetto simile ad un “barilotto”. Stupito e spaventato, gridai al T. di guardare anche lui quelle stranezze e quel “coso” che non capivo cosa fosse.  Ma non avevo finito di dirglielo che quei tre sparirono dietro quel “recipiente” e questo, mentre noi cominciavamo a sentirci in preda ad un folle terrore, si staccò dal suolo rapidamente, emettendo un sibilo. La nostra paura aumentò quando quel “coso”, giunto a una ventina di metri di altezza, lasciò nell’aria come una grossa palla di fuoco che prima di arrivare in terra esplose violentemente, mentre noi ci sentimmo investiti da una forte ventata. L'oggetto intanto andava velocemente scomparendo di là dal monte La Cesa. Anche noi, all’esplosione, ce l’eravamo data a gambe giù per il pendio e, giunti a casa trafelati, raccontammo l’accaduto.

Chiesi al T. se aveva fatto in tempo a vedere quegli “omini”, ma lui rispose di no, mentre aveva veduto l'oggetto che partiva, e aveva udito esplodere la palla di fuoco. Da parte mia posso dire che quegli “omini” non superavano l'altezza di trentacinque centimetri e che la testa, in proporzione del corpo era assai grande e inoltre invece di essere tonda era mollo appiattita. Forse ricordava un po' la forma stessa dell’oggetto, che era come un barilotto del diametro di sessanta o settanta centimetri e lungo non più di un metro e mezzo e forse meno, con le basi schiacciate. Non mi è stato possibile notare i particolari del volto perché, forse avendo anche loro paura di noi, erano voltati si spalle per rientrare nell’oggetto, ma notai chiaramente, malgrado la paura, che indossavano una specie di tuta aderente di colore metallico un po' scuro e lucido, come di plastica. Tuttavia non posso dire con certezza se quelle che ho visto fossero teste oppure caschi.

A proposito dell’oggetto, il G. precisò agli inquirenti del gruppo “Bilancia” che una delle basi, quella rivelatasi poi come l’anteriore, era munita di “antenne o alette” che “vibrarono al momento del decollo".

Testimonianza di P.T.

Ero nella posizione più bassa, e potei vedere soltanto quel “coso” scuro dalla forma più vicina al tondo che al lungo; esso all’improvviso partiva in direzione di levante, lanciando un sibilo. Poco dopo udii un’esplosione, ma non ebbi occasione di vedere che cosa era esploso, perché la paura era tanta che io me l’ero già data a gambe giù per il monte. Tornati a casa, raccontammo tutto ai nostri genitori, che però non ci credettero, anche se poi lo raccontarono in giro, richiamando l'attenzione di tutti tanto da far venire le autorità e un sacco di giornalisti.

In effetti, il padre del T. ebbe occasione, la sera stessa del fatto di raccontare ad un gruppo di amici quel che era capitato al figlio. Tra gli ascoltatori c’erano il dr Crescenzi, allora consigliere comunale, il dr Monti, veterinario. Il giorno dopo costoro, insieme con il maresciallo dei Carabinieri e con il giornalista Squadroni, iniziarono le indagini interrogando i ragazzi. Sembra anche che il parroco, oggi deceduto, abbia fatto giurare sul Vangelo ai due testimoni che quanto raccontavano era la verità. Successivamente intervennero i Carabinieri di Cingoli e di San Severino Marche e perfino la polizia scientifica di Napoli. Emerse un’altra testimonianza: un’anziana contadina, M. R., che aveva la casa sulle pendici del Monte Sgaggia, affermò di aver visto l’oggetto passare sulla sua testa, presumibilmente dopo il decollo.

L’avvistamento di Colcerasa fu riportato da alcuni giornali locali, tra cui “L’Appennino Camerte”, “Il Resto del Carlino”, “Il Giornale Illustrato”, il “Gazzettino Sera”. Tuttavia, come abbiamo già detto, il fatto non ebbe il risultato che avrebbe meritato. Per di più, sia la località sia i nomi dei due testimoni furono riferiti dalla stampa in modo inesatto, il che ha creato non poche difficoltà agli inquirenti del Gruppo “Bilancia” nel corso della loro recente inchiesta. Jacques Vallée, nell'elenco “Un secolo di Atterraggi UFO”, riportato in appendice al suo libro “Passport to Magonia”, cita l’episodio con il numero progressivo 343. La fonte a cui egli attinge, la rivista "Oltre il Cielo, Missili e Razzi", non fa eccezione alla regola della inesattezza: dà "Colcerosa" invece di Colcerasa, trasforma in cognome il nome di battesimo (M.) del G., altera il cognome dell'altro testimone, T. in "S.". E' veramente sconsolante che la rara casistica italiana conosciuta all'estero abbia dovuto essere finora ricavata esclusivamente da resoconti giornalistici, e che quindi risulti così approssimativa e distorta.

 

A sinistra: disegno dell'oggetto atterrato a Colcerasa così come Andrea Quintini del Gruppo "Bilancia" di Ancona lo eseguì su indicazione del testimone M.G.

A destra: schizzo fatto direttamente da M.G. per indicare la forma della testa e dei caschi dei tre umanoidi

 

Cartina della zona di Colcerasa con il punto dell'atterraggio

 

(...Segue commento prettamente ufologico del caso)

 

 


Tratto da: AA.VV., UFO in Italia - vol. II - L'ondata 1954, Corrado Tedeschi Editore, Firenze 1980, p. 209

 

NOTE

- Nell'articolo originale i nomi dei testimoni sono espressamente citati. Qui, per motivi di privacy, si è scelto di indicare solamente le iniziali.

- Le fonti del caso, classificato come "Caso n. 133 U", sono state: rapporto del Gruppo “Bilancia” di Ancona (dicembre 1975), “Gazzettino Sera” del 26/10/1954, “Giornale dei Misteri” aprile 1976 pp. 6-9

- Anche la rivista "UFO. Rivista di informazione ufologica" ricorda il caso di Colcerasa. "Un episodio invece abbastanza ben documentato, malgrado l’indagine condotta negli Anni 70 non sia del tutto soddisfacente è quella che vide protagonisti due pastorelli di Colcerasa di Cingoli, in provincia di Macerata nelle Marche. In questo caso va detto che grazie al reperimento delle fonti primarie sappiamo adesso che la data in precedenza indicata per il fatto (il 25 ottobre) era del tutto errata. L’episodio infatti accade nel pomeriggio del 23 novembre. Quel giorno, i due ragazzini videro fra i campi due “omini” alti non più di trentacinque centimetri correre fra la vegetazione sino ad un punto da cui poi sarebbe emersa una specie di piccola "botte volante" che sarebbe volata via" ("UFO. Rivista di informazione ufologica", periodico a cura del Centro Italiano Studi Ufologici, n. 33, maggio 2006, pp. 10-11)

 

 


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