Nel 1535 il governatore della Marca ordinò alla magistratura comunale
cingolana di indossare abiti proprij, cioè longhi per decoro delia
Città. Il gonfaloniere, l'anziano e i tre priori del tempo
scelsero il robone nero, lunga veste signorile che i cavalieri e i
gentiluomini usavano nelle cerimonie solenni, rimasta oggi
caratteristica di qualche ordine cavalieresco. Tale indumento rimase in
uso fino al 1860.
Due roboni, quattro livree di foggia settecentesca per
i salariati comunali e una tunica da mazziere sono scampati per miracolo all'indifferenza e alla negligenza
profuse negli anni passati verso le memorie del governo Pontificio. Superarono anche, nel 1911, l'offerta di acquisto presentata al consiglio comunale dal sig. Vincenzo Novelli di
Jesi, il quale morì pochi giorni prima che la sua proposta fosse presa
in considerazione.
La tenace affezione di questi antichi abiti per la nostra città fu
premiata nel 1973 da C. E. Bernardi, che li ripropose all'attenzione dei
cingolani illustrandoli in bozzetti che donò al Museo
civico, ove figurano tuttora esposti.
Abiti da cerimonia
della "magistratura" e livrea dei salariati comunali (disegni di
C. E. Bernardi)
L'interesse storico e culturale di detti cimeli del
passato e la circostanza che nel 1985, per iniziativa di Alessandro
(Sandro) Mosca, si
era costituito il Gruppo Cingolano Amatori Gioco del Pallone a
Bracciale, suggerì agli scriventi la possibilità di ideare ed
organizzare una partita di pallone ambientata in anni posteriori al
1823, al momento cioè in cui fu adottata per i salariati la livrea
illustrata.
Stemma del
Gruppo Cingolano Amatori Gioco del Pallone a Bracciale
All'Amministrazione
comunale, che qui si coglie l'occasione di ringraziare pubblicamente,
spetta il merito di aver accolto con favore la proposta e di avere
assunto il patrocinio della manifestazione, unitamente al menzionato
Gruppo Amatori.
Essendo
la prima metà del secolo scorso l'arco di tempo in cui il nostro gioco
raggiunse la più vasta popolarità e fu costruita la maggior parte
degli sferisteri regionali e nazionali, la selezione dei periodi nei
quali ambientare la partita non poté non essere influenzata da tali
considerazioni e, alla fine, la scelta cadde sul 1848, anno memorabile,
passato in proverbio, durante il quale il vecchio Stato Pontificio
virtualmente muore dopo aver mostrato la propria insufficienza.
La
preferenza accordata a detto anno ha consentito anche l'introduzione,
tra le comparse del corteo, di alcuni militi della guardia civica
pontificia, corpo di volontari istituito da Pio IX nel 1847 con funzioni
strettamente locali, soprattutto per l'ordine pubblico, e la cui
uniforme è ben nota attraverso alcuni esemplari originali conservati in
vari musei civici e perché
dettagliatamente descritta ed illustrata nel coevo regolamento per il
vestiario.
Al
corteo, formato dalle comparse istituzionali, dai giocatori di pallone e
scortato dalla guardia civica, si accodano anche cittadini appiedati, a
cavallo o in carrozza, indossanti abiti in voga nella prima metà
dell'Ottocento. Le squadre che si affrontano difendono ciascuna i colori
di uno dei terzieri nei quali furono divisi, a partire dal secolo XIV,
Cingoli e il suo territorio; terzieri che presero i nomi dai santi
titolari delle principali chiese cittadine comprese nel loro ambito:
Santa Maria, San Nicolo e San Giovanni Battista. Non essendo stato
possibile reperire gli emblemi di dette circoscrizioni territoriali, il
cui carattere era in verità prettamente amministrativo, sono state
ideate, nel rispetto dei dettami dell'araldica e sulla base dei più
noti simboli attribuiti alla Vergine e ai due Santi, le seguenti
insegne:
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Santa
Maria |
D’azzurro alla rosa sormontata
dal monogramma mariano, entrambi d’oro, attraversato
quest’ultimo da un cartiglio dello stesso mostrante la
scritta plantatio
rosae di rosso. |
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S.
Nicolò |
Di rosso al pastorale d’oro in
palio e attraversato da un libro aperto dello stesso
mostrante le parole diligite
iustitiam qui iudicatis terram di nero, a tre
sfere d’oro poste due negli angoli del capo e la terza
in punta, sovrapposta al pastorale.
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S.
Giovanni |
Di nero alla croce di canna
d’oro con la bandierina dello stesso mostrante la
scritta ecce agnus dei di rosso; la croce, posta in banda, è
attraversata da una ciottola d’oro, inclinata verso
destra e ornata sulla parete di dieci croci di rosso (cinue
visibili), dalla quale si versa acqua d’oro.
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La manifestazione inizia nel primo pomeriggio, dopo che le squadre,
ciascuna preceduta da un tamburo, da un trombetto e da un portastendardo,
hanno raggiunto piazza Vittorio Emanuele II. Qui, schierate, attendono
l'uscita della magistratura comunale, la quale, dopo che ciascun
capitano ha presentato i componenti della propria squadra, sorteggia
l'ordine secondo cui si effettueranno gli scontri.
Dalla piazza il corteo muove lentamente, lungo corso Garibaldi,
via Roma, via Balcone delle Marche, seguito dal pubblico, fino allo
sferisterio, dove il gonfaloniere dà inizio alla partita.
Abbiamo
ricordato che il 1848 fu un anno eccezionalmente turbolento, non
sorprenda pertanto il fatto che, onde evitare che agitatori del luogo o
provenienti dalle città vicine profittino della manifestazione per i
loro scopi politici, la principale porta della città, Porta Pia, sia in
quel giorno chiusa e presidiata da due militi della guardia civica
pronti a far fronte ad ogni possibile
emergenza.
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Uniforme
estiva e invernale della guardia civica pontificia
(Disegno
tratto dall'acquerello incluso nel Regolamento per le vestimenta ed armamento
della Guardia Civica nello Stato Pontificio. Roma, 1847)
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Costruita
su disegno dell'arch. Ireneo Aleandri nel 1845, in onore di Pio VIII, il
cingolano Francesco Saverio Castiglioni, la monumentale porta si
prende in
questa circostanza,
per un solo giorno, una meritata
rivincita sul tempo e sul progresso schiudendo i battenti, come una
volta, soltanto a pedoni, cavalieri e carrozze.
Ci piace concludere
queste brevi notizie con la descrizione di una partita giocata nel 1945.
L'autrice, J. Bianchi Radicioni, la chiude con una considerazione che
sottoscriviamo pienamente.
"Cinquanta
i Turchini, quaranta i Rossi. Sei giochi. Vincono i Turchini. Passa.
Partita
movimentata dunque. I Rossi si sono battuti bene e se non fosse stato
quell'ultimo colpo a striscio sul muro avrebbero vinto. Intorno al
campo, da tre lati, la folla si entusiasma ed applaude. Sull'alto
muraglione a destra la gente fa capolino come da un balcone. Il tempo ha
tutti i capricci di una giornata temporalesca in estate: in cielo si
alternano, su campi sereni, cirri bianchi a nuvoloni color piombo; a
tratti la pioggia scroscia improvvisa ed impetuosa. Ma gli spettatori
non cedono al maltempo. Corrono a ripararsi sotto le acacie come sotto
grandissimi ombrelli, e appena spiove, tornano al loro posto seguendo
con simpatia lo svolgersi della partita mentre la palla di pergamena
rimbalza con rumore secco e i giocatori si rincalzano ad ogni lancio le
bende che proteggono il polso dal duro
e irto bracciale.
Penso che un paese che ancora si appassiona a questo antico gioco
italiano di agilità, di slancio e di forza, è paese di tradizione e di
cortesia".
Tratto da:
Paolo Appignanesi - Sandro Mosca, Sport
e spettacolo a Cingoli fra storia e tradizione: il gioco del pallone a
bracciale ambientato nella prima metà del secolo XIX, Cingoli 1988
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