La frazione di S. Vittore di Cingoli, situata su un terrazzo dell'alta valle del fiume Musone, si trova al centro di un comprensorio ricco di presenze archeologiche. Posta infatti tra i centri romani di Cupra Montana (Cupramontana, il cui poleonimo attesta la particolare venerazione che la dea picena Cupra ebbe in quest'area) di Aesis (Jesi), di Auximum (Osimo) e di Cingulum (Cingoli) si trovava lungo un itinerario che da Numana (posta nei pressi della foce del Musone), e passando nei pressi delle colline di S. Filippo di Osimo e di S. Paolina di Filottrano (dove nel IV sec. a.C. si insediarono alcuni gruppi di Galli Senoni) portava sino a Staffolo ed Apiro (zone di ritrovamento di luoghi di culto preromani) non molto distanti dalle sorgenti del fiume stesso (1).

Sulla base della documentazione epigrafica a disposizione, che ricorda una serie di monumenti, una basilica e un complesso termale-santuariale (2), è stata ipotizzata (3) la presenza a S. Vittore di un municipium, identificato con Planina

Particolarmente interessante risulta essere questo complesso termale-santuariale collegato ad una sorgente di acqua con proprietà medicamentose. Questa sorgente, comunemente denominata "Fonte di S. Giovanni" o anche "Fonte del Bagno", è ben nota alla popolazione del luogo per una serie di leggende e tradizioni ad essa riferita (4).

Gli scavi eseguiti a S. Vittore tra il 1845 e il 1846 (5) portarono alla scoperta di una serie di vani, alcuni pavimentati con mosaici (tra cui uno con scene di animali acquatici) altri in cotto, e vasche rivestite in opus signinum collegate da una rete di canalizzazioni, riferibili ad ambienti termali (6). La destinazione del luogo al culto delle acque salutari viene confermata, oltre che dalla lex sacra (vedi nota 2), anche dal ritrovamento di una serie di ex voto anatomici. Questo complesso termale-santuariale di epoca romana è senz'altro da accostare ad un precedente luogo di culto.

L'attestazione di reperti del V-IV sec. a.C. suggerisce che le frequentazioni di epoca preromana a S. Vittore siano da mettere in relazione con la presenza della sorgente attorno alla quale si sviluppò un luogo di culto a carattere fontile (7). Particolarmente significativa è una lekythos attica a figure nere miniaturizzata (8). La presenza di questa ceramica tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C., quando l’importazione tramite l’Adriatico era appena agli inizi, in una località interna e non situata lungo le principali rotte commerciali, dimostra il potere di attrazione di questo luogo di culto, un luogo frequentato da genti diverse (Piceni, Umbri, Senoni, Siracusani di Ancona e coloni romani) per un lungo arco di tempo, attraversando almeno tre differenti fasi (9).

Ad una prima fase di tipo italico (V-IV sec. a.C.), con aperture ad ambienti magnogreci da collegare forse alla presenza dei Siracusani di Ancona e dei Senoni, seguono una seconda fase di III-II sec. a.C. di tipo etrusco-laziale-campano, connessa alla romanizzazione del Piceno, e una terza e ultima fase romana. 

Fra i materiali più significativi del V-IV sec. a.C. si ricordano protomi fittili di una divinità femminile con polos (10), la porzione di un cratere a campana di ceramica attica a figure rosse, un cratere miniaturistico a calice e pesi da telaio in argilla (11).

A partire dal IV sec. a.C. la qualità e la quantità dei rinvenimenti dimostrano l’accresciuta importanza del luogo che oramai è entrato pienamente nell’ambito dei circuiti commerciali più importanti della regione. Insieme a ceramica di produzione locale, sono attestate la ceramica a vernice nera, la ceramica alto-adriatica e la ceramica tornita grigio cenere.

Appartengono ai materiali votivi di IV-III sec. a.C. una statuetta femminile panneggiata (12), un cratere a calice, riferibile ad ambiente etrusco-laziale, e gli ex-voto in forma di busto femminile di terracotta. A modelli ellenistici fa invece riferimento il bronzetto votivo di offerente (13) con iscrizione umbra, detto a torto "di Osimo" o "di Staffolo", conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze.

"Le fonti epigrafiche e archeologiche dimostrano che il centro santuariale ha continuato a svolgere un ruolo di aggregazione, sicuramente urbana ma probabilmente anche politica nella tarda età repubblicana, quando il centro urbano, che rappresentava in questo momento una delle più vivaci realtà del territorio, è stato capoluogo di uno dei distretti prefettizi del territorio cingolano" (14)

 


(1) M. Landolfi - G. Baldelli, San Vittore di Cingoli, in Acque, grotte e dei. 3000 anni di culti preromani in Romagna, Marche e Abruzzo, Fusignano 1997, p. 180

(2) In riferimento alla lex sacra : G. Paci, Due novità epigrafiche dal Maceratese, in "Picus", III, 1983, pp. 224-226; G. Paci, S. Vittore di Cingoli, in Supplementa Italica, 8 (1991), Roma 1991, pp. 77-78

(3) Ch. Delplace, Reliefs de la région de “Cingulum”, in “Picus”, VII, 1987, p. 8; G. Paci, Un municipio romano a S. Vittore di Cingoli, in "Picus", VIII, 1988, pp. 51-69; G. Paci, Schede per l’identificazione di antichi predii in area picena, in P. Janni – E. Lanzillotta (a cura di), Geografia, Atti del Secondo Convegno Maceratese su Geografia e Cartografia Antica (Macerata 16-17 aprile 1985), Roma 1988, p. 67 

(4) In riferimento alle leggende popolari sulla Fonte di S. Giovanni si vedano i seguenti contributi: Sulla fondazione leggendaria di Cingoli - Acque miracolose

(5) S. Servanzi-Collio, Scavi in San Vittore Rapporto del commendatore Severino Servanzi-Collio allo Istituto Archeologico in Roma, Macerata 1863, pp. 3-12 - leggi articolo

(6) N. Frapiccini, San Vittore da centro piceno a municipio romano: l’abitato e le necropoli, in E. Percossi (a cura di), Il Museo Archeologico Statale di Cingoli, Recanati 1998, p. 53  

(7) D. Lollini, Testimonianze della civiltà picena nel territorio di Cingoli, in AA.VV., Cingoli dalle origini al sec. XVI. Contributi e ricerche, "Studi Maceratesi", 19, 1986, p. 6; M. Landolfi, Cingoli, "Studi Etruschi", LIV, 1986 (1988), p. 395; M. Landolfi - G. Baldelli, San Vittore di Cingoli, cit., p. 181

(8) G. Baldelli, S. Vittore di Cingoli (MC), in La ceramica attica figurata nelle Marche. Mostra didattica 1982, Ancona - Palazzo Ferretti, Museo Archeologico Nazionale delle Marche, Castelferretti 1991, p. 124  

(9) M. Landolfi - G. Baldelli, San Vittore di Cingoli, cit., p. 181 - Sulla suddivisione in fasi cfr. E. Percossi, San Vittore: il santuario delle acque, in E. Percossi (a cura di), Il Museo Archeologico Statale di Cingoli, Recanati 1998, pp. 51-52 

(10) M. Landolfi - G. Baldelli, San Vittore di Cingoli, cit., scheda 1, p. 182

(11) M. Landolfi - G. Baldelli, San Vittore di Cingoli, cit., scheda 3-5, p. 183

(12) M. Landolfi - G. Baldelli, San Vittore di Cingoli, cit., scheda 2, p. 182

(13) La statuina, alta 17 cm, mutila alle braccia e alla gamba sinistra, rappresenta un offerente stante, con corona radiata di foglie sulla testa; indossa un mantello che scende dalla spalla sinistra, gira intorno ai fianchi e viene sorretto dall'avambraccio sinistro. Apposta verticalmente sulla toga in corrispondenza della gamba sinistra vi è l'iscrizione in lingua e alfabeto umbro: cais paiz variens / juve zal seture, M. Landolfi - G. Baldelli, San Vittore di Cingoli, cit., scheda 6, p. 183

(14) E. Percossi, San Vittore: il santuario delle acque, cit., p. 52

 

 


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