Ripercorrere
le tappe di una disciplina come l’astronomia, e cercare di
capire come la sua evoluzione sia stata legata al contesto storico
nel quale è sorta, rappresenta un ponte tra il mondo della
scienza e il mondo della cultura, del quale la scienza dovrebbe
far parte, ma dal quale viene spesso tenuta in disparte, quando
non è addirittura la scienza stessa a volersene talvolta stare
fuori. L’astronomia è la più antica tra le discipline
scientifiche e si può forse dire che l’uomo abbia imparato a
osservare e leggere il cielo prima ancora di saper leggere e
scrivere. Le domande che l’uomo si è posto sull’origine
dell’Universo sono tra le più antiche della scienza e
rappresentano forse l’origine della scienza stessa. Dai primi
passi nello studio del cielo mossi dall’uomo già in era
paleolitica, si è giunti fino a concetti e a osservazioni sempre
più difficili, quali oggi conosciamo, possibili soltanto in
civiltà tecnologicamente progredite, presso le quali
l’astronomia ha assunto, con il tempo, sempre maggiore
importanza e la consistenza di una vera disciplina, sia nel campo
della scienza pura, che in quello della scienza applicata.
I
primordi dell’astronomia sono indissolubilmente legati
all’astrologia. Le stelle erano infatti un punto di riferimento
per tante civiltà che, sotto la guida di sacerdoti-astronomi,
cercavano nel cielo segnali provenienti da una volontà superiore.
Essendo una scienza che si occupava di oggetti e fatti che
avvenivano nella volta celeste l’astronomia era inizialmente
legata alla tradizione religiosa. Nel corso dei secoli, le due
discipline sono andate via via distinguendosi e separandosi fino
ai giorni nostri. Oggi, l’astronomia si propone di studiare i
corpi celesti da un punto di vista scientifico e sotto molteplici
aspetti: la posizione e i moti degli astri nel cielo, la loro
composizione chimica e l'evoluzione secondo le leggi della fisica.
L’astrologia
al contrario, occupa la sfera dell'occulto, della magia,
della credenza popolare, è priva di alcun fondamento e considera
i fenomeni celesti determinanti per scelte che gli uomini, invece,
fanno in base al loro libero arbitrio. Ciò non toglie che
l'apporto di religiosi sia stato in un primo tempo determinante
per il progresso dell'astronomia, quando questa ricopriva ancora
una funzione di carattere religioso, intenta a ricercare il
soprannaturale o predire il futuro. Molti templi sacri
dell'antichità erano allo stesso tempo osservatori astronomici e
alcune delle grandi costruzioni antiche sono legate
all'astronomia. Nelle società primitive il cielo
era, al contempo, una mappa, un calendario, un orologio. Imprimeva
ordine e significato alla vita quotidiana, guidando la gente
attraverso i cambiamenti delle stagioni, era parte integrante
della vita di tutti i giorni e testimonianza di un potere
soprannaturale. Alzando lo sguardo, gli antichi popoli non
potevano provare altro che ammirazione per gli astri. Ben presto,
però, l'incanto lasciò il posto alle necessità pratiche della
vita quotidiana. Così, gli uomini dell'epoca paleolitica,
cercando di determinare la durata delle stagioni e il periodo
delle lunazioni, compirono i primi passi nell'astronomia, che
cominciò ad acquisire una certa rilevanza per la sua funzione
calendariale. Lo scandire del tempo accompagnava il rituale
susseguirsi della vita dei popoli a qualsiasi latitudine e, ben
presto, il metodo più naturale e ovvio di misurarlo si fondò sui
movimenti della Luna e del Sole che, con la loro ricorrenza e
ripetitività, fornivano all'uomo una chiave per interpretarlo. A
quel tempo, i diversi popoli che abitavano le differenti regioni
della Terra non si erano ancora relazionati tra loro. Si assiste,
così, alla nascita di centri in cui si sviluppa l'interesse per
l'astronomia, tutti saldamente legati agli usi e ai costumi
locali.
Non ha senso, quindi, parlare di un'origine
dell'astronomia o tanto meno localizzarla in un determinato luogo.
Ovunque è, però, centrale il problema della suddivisione del
tempo.
Alle alte latitudini, oltre il Circolo Polare, dove il Sole
staziona sopra l'orizzonte per sei mesi all'anno, gli antichi
eschimesi facevano riferimento agli inverni per contare gli anni e
si servivano delle fasi lunari per stabilire una divisione del
tempo. Ne scaturiva una corretta interpretazione dell'anno solare,
cui si contrapponeva una concezione del periodo diurno non
corrispondente alla realtà. L'esatto contrario di ciò che si
riscontra presso i popoli che soggiornavano vicino
dell'equatore.
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Incisione
italiana del 1820 raffigurante il festival celtico di Stonehenge
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Ai Tropici la durata del giorno non varia apprezzabilmente in
funzione dei movimenti reciproci di Terra e Sole e, per stabilire
la durata del giorno, era senz'altro più facile servirsi della
culminazione del Sole, sempre a grande altezza sopra l'orizzonte.
Presentandosi, però, il Sole ogni giorno nella stessa posizione e
non essendoci grandi differenze tra le stagioni, risultava ben più
arduo poter definire l'anno, che finiva per essere un insieme
arbitrario di lunazioni complete. Ne derivò un calendario
imperfetto, a lungo adottato dai popoli del deserto e da quelli di
isole tropicali. I popoli
nativi delle Americhe avevano, a loro volta, escogitato un sistema
basato sulle lunazioni. Molti di loro adottarono, per esempio, un
mese di trenta giorni, simile a quello usato più tardi dagli
antichi egizi, a dimostrazione di aver conseguito avanzate
conoscenze astronomiche.
Un
altro problema di utilità pratica che i popoli antichi si
trovarono ad affrontare fu quello dell'orientamento. L'esigenza di
andare da un luogo a un altro portò alla definizione dei punti
cardinali, legati al moto apparente del Sole e delle stelle. Il
modo più pratico per poterle riconoscere si rivelò ben presto
quello di associare loro le figure che esse formavano nel cielo,
ovvero le costellazioni. Diverse popolazioni hanno però
individuato differenti figure stellari, ma poche di queste sono
state interpretate in maniera simile. Ogni popolo ha così
elaborato un cielo dissimile, riempito di eroi, mostri, animali e
dei. Man mano che le diverse popolazioni adottarono spontaneamente
il sistema delle lunazioni per il calcolo del tempo, crebbe
l'esigenza di istituire il calendario. Legare, cioè, il corso del
Sole a quello della Luna. Tra il mese lunare e l'anno solare non
vi è, a prima vista, alcuna relazione numerica naturale, tuttavia
lo sviluppo primordiale dell'astronomia era tutto intento a
trovare una regola efficace che connettesse i calcoli lunari e
quelli solari. Osservando la posizione delle stelle non appena
tramontato il Sole (tramonto eliaco) o appena prima che sorgesse
(levata eliaca), era possibile avere dei riferimenti precisi, per
stabilire il corso delle stagioni. Gli antichi egizi utilizzavano
la levata eliaca di Sirio, la stella più brillante del nostro
cielo, per far iniziare l'anno astronomico. L'apparizione della
stella Sirio, dopo essersene stata nascosta per tutto l'inverno
sotto l'orizzonte, era il segnale del solstizio estivo e delle
inondazioni del Nilo. Un altro metodo rudimentale per determinare
il periodo dell'anno era quello di posizionare degli indicatori
solari e lunari (pietre o bastoni in legno), posti in direzione
del sorgere del Sole
e della Luna in particolari periodi dell'anno. Le lunghezze delle
ombre proiettate da un bastone eretto permettevano di calcolare
l'altezza apparente del Sole sopra l'orizzonte. Era questo,
probabilmente, anche uno degli scopi del famoso complesso
megalitico di Stonehenge (dal celtico "steùn hendj",
ovvero pietre sospese), sorto inizialmente più di 5000 anni fa e
poi successivamente costruito in varie fasi.
Stonehenge
è un vero e proprio santuario astronomico dell'era neolitica,
situato nella piana di Salisbury a sud di Londra. Colonne di
pietra, alte quanto un palazzo a tre piani, si ergono in un
cerchio concentrico di svariate decine di metri di diametro,
sormontate da pietre orizzontali a formare veri e propri
architravi di roccia che, visti da lontano, sembrano pietre
sospese (da cui il nome del complesso). All'interno di questo
cerchio si trovano cinque grandi triliti, disposti a ferro di
cavallo. Il tutto è poi circondato da una serie di fossi
(chiamati Aubrey Holes, in onore di John Aubrey, che li scoprì
nel Seicento), disposti a loro volta circolarmente. Completano il
monumento archeologico un viale di accesso e altre grandi pietre
di riferimento, tra cui un grande masso (Heel Stone, la pietra del
tallone, perché posta alla base del complesso megalitico), posto
in direzione del solstizio estivo. Varie sono, a tutt'oggi, le
ipotesi scientifiche circa le funzioni di questo tempio dell'era
neolitica; una delle più plausibili è che avesse una finalità
astronomico-calendariale. I diversi allineamenti possibili tra
archi del monumento, fossi e pietre con gli oggetti celesti più
ricorrenti segnavano varie date nel corso dell'anno,
corrispondenti probabilmente ai più importanti appuntamenti
agricoli e religiosi dell'anno, oltre alla posizione del sorgere e
del tramonto del Sole e della Luna agli equinozi e ai solstizi.
Trattandosi di una costruzione eretta millenni fa, oggi gli
allineamenti non tengono più, perché, nel frattempo, la
precessione terrestre ha spostato le direzioni degli equinozi e
dei solstizi.
Chi si dovesse trovare a Stonehenge in occasione del
solstizio estivo, rimarrà forse deluso dal non poter assistere
allo spettacolo dell'allineamento tra le misteriose pietre inglesi
nel giorno più lungo dell'anno.
Non
è stato cosi per l'astronomo britannico Norman Lockyer,
autorevole scienziato di fine Ottocento che fu, tra
l'altro, fra i fondatori della rivista Nature. Basandosi
sul fatto che l'entrata principale al tempio megalitico di
Stonehenge dovesse essere allineata con la direzione del
solstizio d'estate e confrontando la discrepanza con la
direzione del solstizio estivo al tempo delle sue
misurazioni, egli riuscì a datare in maniera abbastanza
precisa la fase in cui venne costruito e destinato alla
funzione astronomica, stimandola intono al 2000 a.C. A causa della precessione dell'asse terrestre, le
pietre presentavano infatti un errore di poco più di un grado nel
loro allineamento e ciò gli permise di risalire al periodo della
costruzione. Successive verifiche per mezzo del decadimento del
carbonio confermarono la stima di Lockyer. Il complesso di
Stonehenge forniva, quindi, importanti punti di riferimento per il
calendario astronomico. Recentemente si è però dedotto che era
altresì possibile prevedere con estrema precisione le eclissi
solari. Le fosse denominate Aubrey Holes (56 in tutto), infatti,
potevano forse servire per individuare le posizioni del Sole e
della Luna.
Disegno
dell'architetto Inigo Jones, 1655
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Queste venivano fissate tramite un bastone di legno o
un apposito marcatore, mentre il loro moto veniva rappresentato
spostando il riferimento, in modo da far compiere alla Luna un
intero giro in 28 giorni (metà di 56), mentre al Sole in 364
giorni (multiplo di 56). Contemporaneamente, venivano poi
sistemati nelle fosse di Aubrey altri due paletti che servivano
per simboleggiare i punti di contatto dell'orbita lunare e solare
(i nodi, in prossimità dei quali si verifica l'eclissi), che
venivano a loro volta spostati per rappresentare il ciclo di Saros,
il periodo di 18 anni circa, al termine del quale si ripetono le
condizioni dell'eclissi. Quando i riferimenti di Luna, Sole e uno
dei nodi si trovavano allineati, i sacerdoti custodi dei misteri
di Stonehenge erano in grado di predire un'eclissi con sufficiente
approssimazione.
L'eclissi
di Sole è forse il fenomeno astronomico che meglio lega passato e
futuro. Così come noi vediamo l'eclissi oggi, allo stesso modo
succedeva per le popolazioni antiche. Diversa è, però, la forma
con cui il fenomeno viene vissuto. In passato gli uomini non erano
preparati all'evento, non tutti erano in grado di sapere, come
accade oggi, giorno, ora e luogo del manifestarsi del fenomeno.
Fuggivano terrorizzati o scendevano nelle piazze per fare chiasso
e spaventare il mostro che pensavano stesse mangiando il Sole.
Molti consideravano il fenomeno come un evento in cui l'ordine del
cielo e della Terra veniva sconvolto. Ancora oggi un'eclissi di
Sole fa rivivere, sia pure per un solo istante, il terrore
abissale del primitivo che vede scomparire il dio benefico che
riscalda la Terra, matura i frutti, mantiene ogni cosa in vita;
serve per far capire che, di fronte all'immensità dei corpi
celesti, non siamo che piccoli e fragili, che possiamo essere
annullati in un attimo, da un dito che passa sul Sole.
Stonehenge
non è unico nel suo genere, bensì il più conosciuto e forse il
più maestoso. Vi sono, infatti, molteplici complessi simili
sparsi per il mondo e appartenuti a diverse popolazioni, cui è
possibile attribuire una funzione astronomico-calendariale, legata
quindi all'astronomia. Tanto che si sta cercando di riunire lo
studio delle pratiche astronomiche dei nostri antenati e dei resti
di complessi preistorici in un'unica disciplina: l'archeoastronomia,
vera e propria scienza interdisciplinare che accomuna archeologia,
astronomia, arte, architettura, religione e si ritrova, perciò,
intrisa di aspetti misteriosi. Resti di costruzioni preistoriche
testimoniano di conoscenze molto avanzate sia nel campo
dell'architettura che nel campo della scienza e dell'astronomia.
Gli indiani Anasazi, una delle tribù degli indiani Navajo,
riuscirono, ad esempio, a costruire a Chaco Canyon nel New Mexico
un grande complesso che fungeva allo stesso tempo da centro
commerciale, amministrativo e cerimoniale. L'intera costruzione
era dominata da una torre spiraleggiante, orientata in modo che,
al solstizio estivo, il Sole penetrasse attraverso il centro della
spirale. Composta da
19 anelli,
la spirale serviva anche per contrassegnare il ciclo lunare
di 19 anni. Un altro famoso antico sito archeoastronomico è
quello del deserto di Nazca nel sud del Perù, dove si trovano
misteriosi disegni, incisi nel suolo da 1500 a 3000 anni fa, che
richiamano le diverse figure formate dalle stelle nel cielo. In
particolare, poi, alcune delle linee che compongono i disegni
indicano la direzione del Sole agli equinozi e ai solstizi,
rinforzando l'ipotesi di un'opera archeoastronomica. L'astronomia
si rivela, dunque, una scienza antichissima, dato che, già
parecchi millenni fa, i popoli preistorici erano in grado di
descrivere il moto della Luna e dei pianeti e di identificare le
stelle e le costellazioni. Dallo studio dell'astronomia antica e
delle tradizioni dei popoli indigeni sopravvissute, si possono,
dunque, trarre utili considerazioni, per capire il successivo
sviluppo della scienza e dell'astronomia e perché questa
disciplina è sempre stata così importante già presso le
popolazioni più antiche che hanno abitato la Terra.
Approfondimenti
Il
ciclo di Metone o ciclo lunare. In
Europa fu introdotto da Metone ateniese solo nel V secolo
a.C. che osservò come il periodo di 19 anni solari
comprendeva un numero intero di lunazioni (235), all'interno
del quale si ripetono gli stessi fenomeni solari e lunari,
con le fasi lunari che ricadono nello stesso giorno
dell'anno del ciclo precedente. All'interno di ogni ciclo di
Metone, ogni anno è poi identificato da un particolare
numero, il cosiddetto numero d'oro, che identifica il numero
dell'anno all'interno del ciclo lunare. Per ottenere il
numero d'oro associato a un qualsiasi anno, basta dividere
l'anno per 19 e il resto della divisione, aumentato di
un'unità, rappresenta il numero d'oro. Nel caso dell'anno
2004, il numero
d'oro è
quindi 10.
Il ciclo di Saros.
Un'eclissi di Sole si verifica ogniqualvolta, al novilunio, si ha un allineamento Sole-Luna-Terra, il che succede solo quando anche i piani dell'orbita lunare e dell'eclittica si intersecano, altrimenti si avrebbe un'eclissi al mese. Il piano dell'orbita lunare è infatti inclinato di 5° rispetto all'orbita terrestre, le eclissi
sono quindi possibili solo quando si ha una Luna Nuova in prossimità dei nodi, ovvero i punti di
intersezione tra le due orbite. Già gli astronomi antichi avevano scoperto che ogni 18 anni circa, Luna, Terra
e Sole ricoprono le stesse posizioni, originando la stessa serie di eclissi, che si ripetono seguendo la
medesima successione. Questo ciclo prende il nome di ciclo Saros, ogni ciclo caratterizza, quindi, la serie
di eclissi intervallate da 18 anni. In questo senso, l'ultima eclissi visibile dal cuore
dell'Europa, quella dell'11 agosto 1999, apparteneva al ciclo Saros 145, all'interno del quale l'eclisse
successiva sarà quella del 21 agosto 2017 e sarà visibile dagli Stati Uniti. |
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Scheda
autore
Vojko
Bratina. Laureato
in fisica, dal 1996 al 2000 ha lavorato presso
il laboratorio CARSO (Center for Advanced Research in
Space Optics) di Trieste
nell'ambito del progetto UVSTAR. Dal 1999 al
2000 si è dedicato a problemi connessi alla space radiation,
Diploma di Specializzazione in
Ottica, dal 2001 lavora presso l'Istituto
Nazionale di Ottica a Firenze.
Nel biennio 1998-1999 ha frequentato
il Master in Comunicazione della Scienza della SISSA di
Trieste. Collabora a diverse riviste e cura serie televisive
divulgative dedicate all'astronomia e allo spazio. Nel
biennio 2000-2001 ha
collaborato con l'ESA per la divulgazione delle tematiche
scientifiche inerenti la missione Cassini/Huygens. |
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Sommario |
Antichi
planetari |
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