Che cos'è l'Archeoastronomia

di Adriano Gaspani

 

La scoperta in molte parti del mondo, ma soprattutto sul territorio europeo, di numerosi reperti costituiti da pietre allineate o disposte secondo forme geometriche ben definite, spessissimo secondo circoli od ovali, o addirittura strutture di complessità maggiore costruite in modo da essere orientate grosso modo verso zone dell'orizzonte in corrispondenza delle quali, in origine sorgevano o tramontavano oggetti celesti che rivestivano particolare importanza per la cultura che produsse i reperti, ha suscitato durante gli ultimi cinquanta anni un notevole interesse nell'ambiente degli archeologi.

Essi si resero ben presto conto che l'osservazione del cielo giocò invariabilmente un ruolo di primissimo piano nello sviluppo sociale e culturale delle varie civiltà antiche, partendo addirittura dal Paleolitico quando ancora il concetto di civiltà era difficile da applicarsi.

Tutto sommato questa situazione era facile da immaginare e dopo tutto non ci deve meravigliare più di tanto che il cielo con i suoi fenomeni abbia attirato lo sguardo curioso, ma nello stesso tempo timoroso, degli uomini che popolarono il mondo in quei remoti periodi. E' un fatto sostanziale invece che sia esistita accanto ad una certa abitudine ad occuparsi delle cose del cielo una tendenza a produrre dei reperti archeologici che sono sopravvissuti fino ai giorni nostri e che quindi possono essere accuratamente studiati.

Noi ci rendiamo conto di aver attualmente accesso a un bagaglio di informazioni congelate e codificate nei vari reperti archeologici di rilevanza astronomica di cui spesso non conosciamo nemmeno quale sia la chiave per decodificarle. Ovviamente i reperti che abbiamo a disposizione non si limitano solo ad allineamenti di monoliti o buche in cui in origine erano infissi dei pali, ma strutture molto più complesse quali monumenti, pozzi, templi e santuari mostrano che furono architettati, costruiti e utilizzati tenendo ben presente la direzione di sorgere e di tramontare della Luna, del Sole o delle stelle più luminose visibili ad occhio nudo in taluni periodi stagionali. E' chiaro che proprio i periodi stagionali, con tutte le loro implicazioni dal punto di vista sociale ed economico, furono presto messi in relazione con gli eventi celesti i quali succedendosi regolarmente con precisa periodicità servirono da sicuri e affidabili strumenti predittivi ai fini della pianificazione delle scadenze agricole e pastorali.

Approfondendo le ricerche ci si accorge ben presto che la sopravvivenza stessa di una comunità durante il Neolitico, l'Eneolitico e l'età del Bronzo poteva essere strettamente legata al grado di conoscenza che taluni esponenti, usualmente appartenenti alla classe sacerdotale, avevano acquisito del cielo e dei fenomeni ciclici ad esso connessi. Ecco quindi che sorse l'esigenza di identificare permanentemente punti rilevanti sull'orizzonte in corrispondenza dei quali era possibile osservare il sorgere o il tramontare di taluni corpi celesti nei periodi stagionali. Se la levata eliaca di una stella poteva essere associata ad un periodo in cui una determinata pratica agricola doveva essere eseguita, per esempio la semina, ecco che il fenomeno astronomico diveniva un indicatore temporale preziosissimo che avrebbe in futuro permesso di seminare nei tempi e nei modi ottimali ai fini di un buon raccolto, evitando quindi potenziali carestie che avrebbero messo a repentaglio la sopravvivenza dell'intera comunità.

Vediamo quindi che l'osservazione astronomica diffusa tra le antiche culture e di cui oggi troviamo abbondante traccia nei reperti archeologici, rappresentò la naturale conseguenza di una precisa e fondamentale esigenza: quella di sopravvivere. Questo fatto giustifica l'universale diffusione che l'Astronomia ha avuto, sotto differenti aspetti, presso tutte le antiche culture che si svilupparono sul pianeta.

Attualmente gli studiosi chiamano Archeoastronomia (taluni preferiscono Astroarcheologia o Paleoastronomia) la scienza che studia i reperti  archeologici che ci tramandano il ricordo dell'attività di osservazione e studio dei corpi celesti portata avanti da individui appartenenti alle culture antiche. Dare una definizione rigorosa di Archeoastronomia è oltremodo difficile in quanto la casistica di fenomeni che possono essere di competenza di questa branca interdisciplinare posta un po' in mezzo tra Astronomia e Archeologia è vastissima. L'interdisciplinarietà di questa scienza è la sua forza ed è tale per cui essa deve per forza di cose raggruppare e fondere insieme competenze che derivano da entrambe queste due meravigliose scienze.

Uno degli aspetti fondamentali dell'Archeoastronomia è che essa deve essere praticata di pari passo con l'Etnoastronomia la quale si occupa degli usi, dei costumi, delle tradizioni, delle concezioni astronomiche diffuse all'interno delle antiche società e di cui troviamo traccia nelle tradizioni popolari tramandate fino ai giorni nostri, che hanno contribuito in modo fondamentale a creare la motivazione necessaria per produrre i numerosissimi reperti che oggi possiamo studiare.

Un esempio emblematico di questo fatto sono le rappresentazioni degli oggetti celesti sulle monete celtiche coniate in Gallia durante la tarda età del Ferro, soprattutto nel primo secolo avanti Cristo. Vi appaiono moltissime rappresentazioni di comete o di stelle eseguite quale diretta conseguenza dell'importanza rituale che l'apparizione di una nuova cometa nel cielo o l'esplosione di una nova, rivestirono entro il substrato culturale celtico durante l'età del Ferro. La moneta in questo caso è un simbolo e una testimonianza oggettiva del notevole interesse che i Celti ebbero per l'Astronomia. Per questo fatto è molto difficile fare della buona Archeoastronomia in quanto l'astronomo può essere indotto, come conseguenza della sua formazione prettamente scientifica, a privilegiare soprattutto aspetti matematicamente inquadrabili e ad aspettarsi risultati di precisione molto elevata. Sa calcolare e ricreare con precisione il cielo visibile durante una determinata epoca remota, ricostruire esattamente le circostanze di una eclisse avvenuta nell'antichità, ma questo non è sufficiente per fare della buona Archeoastronomia.

Dall'altra parte, gli archeologi in virtù della loro formazione umanistica tendono ad affrontare lo studio dei reperti tenendo ben presente il margine d'errore e il grado di incertezza che è inevitabilmente connesso con l'interpretazione di un reperto di cui spesso è difficilissimo ottenere una collocazione temporale ragionevolmente accurata. Nello stesso tempo però trascurano completamente il lato prettamente astronomico mancando quindi la possibilità di accorgersi che taluni reperti divengono immediatamente e naturalmente interpretabili se considerati nell'ottica astronomica.

Ma non è ancora sufficiente in quanto esiste un terzo ingrediente indispensabile per realizzare una buona miscela: un matematico fornito di solida esperienza sulle tecniche matematiche e statistiche più potenti per estrarre l'informazione da dati e reperti che portano con loro un elevato margine di incertezza inerente o meglio, parafrasando il famoso matematico americano Lofti Zadeh, padre della Logica Fuzzy, di "fuzzyness".

L'incertezza è contenuta direttamente nell'informazione codificata nel reperto e non nel fatto che esso sia antico, frammentario o mal conservato. L'archeoastronomo deve saper fondere in una sintesi ben bilanciata questi tre elementi che a prima vista sembrerebbero opposti e in contraddizione tra di loro, ma che a ben vedere sono invece complementari. Un'appropriata e sapiente sintesi metodologica di questi tre differenti atteggiamenti di ricerca può portare ad ottenere risultati di grande valore scientifico e culturale.

Per Archeoastronomia possiamo quindi intendere la scienza che si occupa dello studio e della comprensione delle conoscenze astronomiche diffuse presso i popoli antichi in tutte le loro forme e aspetti e del loro rapporto con la vita sociale, religiosa e rituale all'interno di queste antiche culture.

L' Archeastronomia è una disciplina giovane in quanto solo intorno al XVI e XVII secolo alcuni studiosi incominciarono ad intravedere l' esistenza di possibili collegamenti astronomici nei monumenti quali quelli megalitici sparsi per tutta l'Europa piuttosto che nelle piramidi egizie o in altre costruzioni antiche. Uno dei maggiori studiosi fu Sir Norman Lockyer, che intorno alla metà del XIX secolo, portò a termine delle ricerche sulle piramidi egiziane e sui monumenti megalitici europei proponendone la loro orientazione astronomica e pubblicando nel 1898 il suo libro dal titolo "The Dawn of Astronomy". Sir Norman Lockyer fu praticamente il primo studioso che affrontò il problema mediante strumenti matematici e non solamente utilizzando mezzi puramente filologici. Le ricerche e i risultati ottenuti dall'illustre fisico britannico, a cui tra l'altro dobbiamo la scoperta dell'Elio nello spettro solare, non furono presi in grande considerazione anche per il fatto che egli propose l'Astronomia come metodo indipendente di datazione di reperti, cosa questa che sappiamo essere possibile solamente in un ristrettissimo insieme di casi particolari. La datazione dei reperti archeologici sulla base del riconoscimento della presenza di correlazioni con gli eventi astronomici avvenuti durante l'antichità è caratterizzata generalmente da un margine d'errore talmente elevato da rendere questo metodo quasi completamente privo di utilità.  

Questi studi conobbero un nuovo sviluppo negli anni intorno al 1960 durante i quali personaggi quali gli inglesi Michael Hoskin e Alexander Thom e l'americano Gerald Hawkins e altri diedero nuova vita a questa disciplina con il supporto di nuove scoperte archeologiche e di nuovi metodi di indagine. Questo portò al riconoscimento ufficiale dell'Archeoastronomia e alla legittimazione delle teorie sull'esistenza di una cultura astronomica presso le civiltà fin dall'epoca neolitica ed eneolitica. In questo periodo le metodologie di rilevazione e di analisi si arricchirono di un nuovo strumento di lavoro: il computer. Esso permise di generare facilmente cataloghi di stelle le cui coordinate potevano essere trasposte in blocco molto indietro nel tempo in relazione alla datazione dei siti di interesse archeoastronomico ottenuta mediante nuove tecnologie quali ad esempio il metodo del C14.  

Come sempre accade quando una nuova scienza muove i primi timidi passi, furono commessi degli errori che si concretizzarono soprattutto nell'attribuire agli uomini antichi, soprattutto nel Neolitico, nelle età del Rame e del Bronzo, capacità astronomiche talmente evolute che non solo essi non si erano mai sognati di possedere, ma che erano in evidente conflitto con lo stile di vita e le tradizioni culturali proprie di queste comunità tutto sommato ancora sotto certi aspetti, primitive. Questi errori produssero la convinzione diffusa per un certo periodo che i monumenti megalitici sparsi per le Isole Britanniche e nella Bretagna realizzassero allineamenti verso i punti dell'orizzonte locale in cui avveniva il sorgere o il tramontare del Sole, della Luna o delle stelle con accuratezze dell'ordine del primo d'arco. Idee queste, che maturarono senza alcun supporto etnografico di controllo e che rappresentarono solamente la trasposizione alla preistoria delle conoscenze astronomiche tipiche del nostro secolo.

Attualmente è stata fatta chiarezza e il modo di procedere all'analisi dei reperti è diventato chiaro e realistico e gli studiosi sono ora in grado di ottenere risultati di tutto rispetto e di grande rilievo. L'Archeostronomia può a volte fornire utilissime indicazioni utili alla soluzione di problemi ancora aperti come il valore del rallentamento della rotazione della Terra, la distribuzione statistica dei passaggi delle comete o delle esplosioni delle supernovae, su periodi di tempo dell'ordine di grandezza delle decine di secoli.  

 

Le Fonti

Lo studio dell'Archeoastronomia deve obbligatoriamente basarsi su fonti che devono essere il più possibile oggettive. Infatti non si deve correre il rischio di vedere tracce di Astronomia in qualsiasi reperto archeologico disponibile. Esistono sostanzialmente tre tipi di fonti a cui gli archeoastronomi possono fare riferimento; esse sono:

1) Reperti Oggettivi,

2) Reperti Scritti (in senso generale)

3) Reperti Etnografici.

Definiamo "Reperti Oggettivi" tutti quei reperti i quali sono fisicamente accessibili ed in quanto tali possono essere oggettivamente ispezionati, rilevati e misurati. Tra questi abbiamo ad esempio:

a) I Monumenti Megalitici che abbondano nelle Isole Britanniche e in Bretagna, ma che sono presenti in praticamente tutta l'Europa Occidentale. La loro collocazione cronologica è variabile dal 3200 a.C. fino a circa il 1000 a.C. Questi reperti il cui stato attuale di conservazione è vario permettono di eseguire oggettivamente misure relativamente ai monoliti ancora posizionati nelle loro disposizioni originali e di ricostruire agevolmente la posizione occupata da quelli abbattuti o rimossi. Attualmente è patrimonio culturale comune tra gli studiosi il fatto che la disposizione spaziale dei monoliti che compongono i monumenti megalitici sia connessa con l'Astronomia.

b) I santuari risalenti all'Età del Ferro, quindi grosso modo dal 1000 a.C. fino all'anno zero. Questi reperti si differenziano moltissimo dai monumenti megalitici soprattutto per l'abbandono delle grosse pietre in favore dell'impiego di menhir di dimensione relativamente ridotta e di strutture lignee disposte generalmente all'interno di un fossato o di un terrapieno di forma circolare o rettangolare. Questi santuari denominati "Nemeton" sono di origine prevalentemente celtica essendo stati costruiti per ragioni rituali da quasi tutte le popolazioni celtiche stanziate sul territorio europeo grosso modo dal 600 a.C. in giù. La stragrande maggioranza dei Nemeton furono progettati e costruiti secondo criteri astronomici e matematici che gli studiosi possono facilmente mettere in evidenza qualora l'analisi dei siti sia condotta mediante l'applicazione di tecniche adeguate.

c) Le necropoli di cui abbiamo numerosissimi esempi sparsi in tutta Europa. Le necropoli furono prodotte da varie culture sin dal Neolitico e  lo studio della disposizione spaziale delle tombe che le compongono rivela tutta una serie di interessanti indicazioni relativamente  alle cognizioni astronomiche e alle credenze rituali ad esse connesse correntemente diffuse all'interno delle culture che produssero le necropoli.

Esistono poi i "Reperti Scritti" che comprendono tutto ciò che è stato direttamente registrato mediante la scrittura o quantomeno le arti figurative.

Tra i Reperti Scritti (considerati in senso generale) troviamo:

a) I testi antichi redatti mediante scrittura vera e propria, quali ad esempio i papiri egizi o i manoscritti greci. In questo caso l'informazione è direttamente accessibile conoscendo la lingua e la scrittura mediante le quali i reperti sono stati prodotti. Se mai rimane da verificare l'aderenza alla realtà di quanto si trova scritto, ma nella fattispecie, l'Astronomia e la Matematica ad essa connessa ci assicurano praticamente sempre l'aderenza alla realtà osservativa di quel tempo.

b) I petroglifi e incisioni rupestri che abbondano praticamente in tutti i luoghi del pianeta che furono abitati dall'uomo. L'arte rupestre va intesa come una forma di registrazione soggettiva di fatti ed eventi realmente accaduti, di idee, credenze, emozioni che gli esponenti delle società primitive, spesso illetterate, ci hanno lasciato. L'Astronomia è spesso presente nell'arte rupestre sia come rappresentazione di eventi effettivamente accaduti ed osservati sia come rappresentazione grafica codificata delle idee e delle concezioni cosmologiche diffuse all'interno della cultura che produsse i petroglifi.

c) I calendari, redatti in forma oggettiva, che praticamente tutte le culture antiche produssero come efficace risposta alla stringente esigenza di ottenere una efficiente pianificazione agricola. I calendari oggettivi sono generalmente documenti scritti o incisi sui più svariati supporti, dalla pietra al bronzo, ai papiri e rappresentano documenti astronomici per eccellenza in quanto essi altro non sono che la trasposizione codificata e algoritmica del bagaglio culturale delle varie culture relativamente ai movimenti del Sole e della Luna. La sola presenza di un calendario presso una antica cultura implica automaticamente che alcuni esponenti di essa furono in grado di compiere sistematiche osservazioni astronomiche e il grado di perfezione e di efficienza raggiunta da un determinato calendario ci testimonia direttamente il grado di conoscenza che la cultura che lo produsse aveva acquisito nel campo astronomico. I calendari antichi sono quindi documenti di fondamentale importanza e la comprensione della loro struttura è fondamentale ai fini dello studio delle culture che li produssero.

Rimangono poi da considerare i cosiddetti "Reperti Etnografici" i quali comprendono tutto il bagaglio di conoscenze e tradizioni popolari tramandate spesso solo oralmente di generazione in generazione e giunti in questo modo fino ai giorni nostri.

In questo caso l'informazione contenuta è andata via via modificandosi ogni qualvolta sia avvenuto il processo di trasmissione orale da una generazione alla successiva. Questo fatto ha purtroppo contribuito talvolta a corrompere parzialmente il contenuto originale di informazione. L'interpretazione dei reperti etnografici è per questo motivo molto più difficile e facilmente fonte di cattive interpretazioni. I reperti etnografici comprendono quindi, tra l'altro, le usanze e le tradizioni, tramandate spesso oralmente, che ancora troviamo frequentemente diffuse tra gli esponenti più anziani di una comunità. A loro volta essi le appresero dai loro padri e dai loro nonni e le fecero proprie nel tentativo di trasmetterle ai loro figli. La tecnologia e il tipo di società attuale spesso tendono a corrompere e ad opporsi alla trasmissione di questo genere di conoscenza e rischiano di seppellire un importantissimo bagaglio culturale assieme a coloro che ne sono gli ultimi detentori, rendendone spesso pressoché impossibile il recupero e la valorizzazione. Il bagaglio culturale di tipo astronomico presente in queste tradizioni è spesso molto consistente in quanto l'Astronomia e l'agricoltura furono sempre strettamente connesse tra di loro.

Tra le tradizioni si trovano spesso ingegnosi metodi pratici di misura del tempo messi a punto in epoche in cui non esistevano orologi, fusi orari istituzionalizzati e cose simili. Ciascuna comunità si arrangiava a sviluppare i propri metodi che in taluni casi erano dei veri e propri algoritmi di calcolo astronomico, semplici, ma estremamente efficienti. Prova ne è l'usanza di prevedere l'età della Luna, praticamente la sua fase, per un giorno qualsiasi dell'anno mediante semplici calcoli aritmetici fondati sulle cosiddette "epatte". Un siffatto algoritmo è attualmente diffuso tra gli anziani delle comunità agricole e pastorali ancora presenti nelle vallate delle Alpi Bergamasche. Una parte molto importante dell'etnografia di un popolo è costituita da tutto ciò che ha a che vedere con le festività agricole e rituali la cui celebrazione prevedeva il rispetto di tutta una serie di vincoli di natura astronomica e calendariale in quanto legate al ciclo stagionale effettivo del luogo dove la popolazione conduceva la propria esistenza quotidiana. L'analisi dei reperti oggettivi deve quindi essere accompagnata da una contemporanea e adeguata conoscenza dei corrispondenti aspetti etnografici propri della cultura che ha prodotto il reperto. Solamente questo approccio interdisciplinare può essere potenzialmente utile per giungere ad un adeguato livello di conoscenza delle culture che hanno prodotto i reperti che stiamo studiando.

 

Tratto da: Archeoastromia, sito web di A. Gaspani          

 


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